La notizia del terremoto occupa l’intera prima pagina dell’edizione di lunedì 20 maggio 1895 del giornale fiorentino “Fieramosca”

[…] a un tratto un rombo cupo, poderoso, qualche cosa di rassomigliabile alla scarica di moschetteria di un mezzo reggimento, si fece sentire, e una scossa violenta, improvvisa, formidabile fece balzare uomini e cose, scosse oggetti e persone […] I più uscirono dai pubblici locali, caffè e trattorie […], dalle case […] dai teatri […] e in un momento Firenze fu piena di folla che si riversava per le vie

Con queste parole, nella prima pagina dell’edizione di lunedì 20 maggio 1895, il giornale fiorentino “Fieramosca” descriveva quello che era accaduto a Firenze e dintorni la sera di due giorni prima.

Alle 20:55 del 18 maggio 1895 una forte scossa di terremoto aveva colpito quasi tutta la provincia di Firenze, causando danni diffusi, in alcune zone anche gravi. Era un sabato sera e la cittadinanza fu sorpresa dalla scossa mentre si trovava nei caffè, nelle taverne e osterie, nei teatri, o mentre era a casa ancora seduta a tavola per la cena. L’impressione fu enorme: i fiorentini a memoria d’uomo non ricordavano un terremoto così forte.

La scossa, accompagnata da un fortissimo boato simile a un’esplosione, in città causò la caduta generale di oggetti e suppellettili nelle case, fece suonare le campane di alcune chiese e provocò il crollo di camini e porzioni di tetti, la caduta di tegole e calcinacci nelle vie, tanto che si alzò una densa nuvola di polvere. Ecco cosa riferiva un testimone oculare dell’evento in una lettera inviata a Padre Giovanni Giovannozzi, all’epoca direttore dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze:

Al momento della scossa io mi trovavo nel Viale Petrarca […] presso la Porta Romana. A me il rombo fece l’effetto di una salva di battaglione […]. Volendo traversare la strada correndo mi fece lo stesso effetto che d’esser su una nave […]. In Piazza della porta Romana era un fittissimo polverìo con caduta di calcinacci, mentre le campane della chiesa della Calza battevano fitti colpi [da Cioppi, 1995, pp. 26-27]

In occasione della ricorrenza del centenario sono stati compiuti e pubblicati alcuni studi approfonditi sull’evento. Sulla base di un ampio patrimonio documentario disponibile questi studi ricostruiscono nel dettaglio il quadro degli effetti causati dal terremoto sia in città che nell’area circostante.

A Firenze i danni furono molto estesi, ma nel complesso non gravissimi. Non ci furono grandi distruzioni, ma rimasero più o meno danneggiati quasi tutti i monumenti, le chiese e i palazzi storici, e anche molte opere d’arte in essi conservate: piccoli crolli interessarono Palazzo Pitti e la Galleria degli Uffizi, lesioni rilevanti si aprirono nel Palazzo Medici Riccardi, nel Palazzo Strozzi, nelle volte dei porticati di Piazza SS. Annunziata e di Piazza Cavour (oggi Piazza della Libertà). Nel Museo Nazionale del Bargello ci furono gravi danni alla collezione di maioliche dei Della Robbia. Danneggiatissimo il Museo di San Marco, nell’omonima chiesa e convento, con cadute di cornicioni e lesioni alle volte e agli archi, soprattutto nel refettorio grande e nella biblioteca.

Nel complesso gli effetti a Firenze furono pari al grado 7 della scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg).

In Piazza della Signoria Palazzo Vecchio durante la scossa fu visto oscillare “come un pendolo”, ma rimase illeso. Nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, il celebre duomo di Firenze, si aprirono numerose crepe nelle volte e una catena che univa gli archi laterali della navata centrale si spezzò; dalla Cupola del Brunelleschi caddero intonaci e stuccature e la croce posta sulla cuspide della lanterna si piegò verso nord. Il celebre campanile di Giotto e il vicino Battistero subirono alcune lesioni ma non riportarono danni strutturali. Fra le chiese maggiormente danneggiate ci furono quella della Badia Fiorentina, San Gervasio, San Lorenzo, San Leonardo in Arcetri e altre ancora, fra cui quella di Santa Maria del Carmine; gli affreschi del Masaccio nella Cappella Brancacci, invece, non furono danneggiati. Il complesso di Santa Croce fu danneggiato soprattutto nell’area dell’ex-convento, mentre la chiesa riportò danni lievi. Danni prevalentemente leggeri subirono anche le chiese di Santa Maria Novella, San Miniato al Monte e Santo Spirito. Numerosi danni interessarono l’edilizia residenziale e privata della città, con lesioni diffuse e cadute di soffitti. Uno stabile crollò in Via Pier Capponi. Complessivamente circa 100 edifici risultarono inagibili. A Firenze non vi furono vittime e si contarono solo 6 feriti non gravi.

I crolli nel Chiostro Grande della Certosa del Galluzzo

Molto peggio andò invece a diverse località nella zona posta immediatamente a sud di Firenze: i danni più gravi, infatti, furono registrati nell’area collinare estesa tra Sant’Andrea in Percussina, l’Impruneta, Grassina e Bagno a Ripoli, a ridosso dei rilievi del Chianti. Nella Certosa del Galluzzo crollò l’intero lato nord-occidentale del Chiostro Grande, distruggendo sedici preziose opere Robbiane che ornavano gli archi del porticato. Nell’abitato del Galluzzo, inoltre, crollarono alcuni edifici e diverse persone rimasero senza casa. Crolli e gravi danni si ebbero anche a Tavarnuzze, Impruneta, Sant’Andrea in Percussina, Croce a Varliano, Osteria Nuova, Pozzolatico e ai Falciani.

Gravi danni alla Chiesa di S. Martino a Strada

La zona dove si concentrarono i danni maggiori fu quella di Grassina, popolosa frazione del comune di Bagno a Ripoli. In località Lappeggi, sede di una Villa Medicea (anch’essa gravemente danneggiata), una ventina di case coloniche subirono crolli e danni talmente gravi da risultare inagibili; tre di queste crollarono completamente e fra le loro macerie morirono tre persone. Un’altra fattoria crollò nei pressi di San Martino a Strada, uccidendo una donna che vi abitava. Molto danneggiate furono le chiese e le ville storiche. Ci furono danni ingenti alle Ville Medicee di Lappeggi e dell’Ugolino e alla villa Demidoff di San Casciano Val di Pesa. Fra le chiese più colpite quelle di San Martino a Strada, Sant’Andrea in Percussina, Sant’Andrea a Morgiano, il Santuario dell’Impruneta e la chiesa dei SS. Stefano e Caterina a Pozzolatico, il cui campanile dovette essere demolito perché pericolante (fu poi ricostruito nella sua forma medievale). Ancora oggi all’interno della chiesa di Pozzolatico è visibile una lapide in ricordo del terremoto del 1895, posta sotto l’altare della cappella votiva dedicata alla Madonna di Loreto. Crolli e dissesti non risparmiarono neppure il versante opposto delle colline fiorentine, a nord della città. Lesioni e danni interessarono chiese e ville storiche di tutta la collina fiesolana, da Settignano alla villa-castello di Poggio Gherardo (in cui crollò parzialmente la torre) a San Domenico fino alla Badia Fiesolana, seriamente danneggiata. Fiesole e le ville circostanti invece ebbero solo danni lievi.

Danni diffusi interessarono diversi comuni e centri del circondario fiorentino, tra cui Lastra a Signa, Signa, San Casciano in Val di Pesa, Bagno a Ripoli e Scandicci. Danni leggeri si ebbero in un’area piuttosto ampia, estesa dal Valdarno Superiore (Figline Valdarno, San Giovanni Valdarno, Reggello) a Prato e ai centri della Valle del Bisenzio (Vaiano), da Greve in Chianti e Tavarnelle Val di Pesa fino a Vaglia, da Pontassieve a Vinci.

La forte scossa del 18 maggio non risulta preceduta da scosse minori come annotato da Padre Giovanni Giovannozzi (all’epoca direttore dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze): “La grande scossa giunse affatto improvvisa, né fu preceduta da altre minori e da un qualche periodo di agitazione dei più delicati sismometri […]” (da Giovannozzi et al., 1895).

Questo terremoto dette inizio a un periodo sismico che si protrasse per circa 13 mesi, fino al giugno del 1896, e fu caratterizzato da una cinquantina di repliche. La più forte fu quella che avvenne nella notte del 6 giugno 1895 (alle ore 1:35), che spaventò i fiorentini, ma non causò nuovi danni.

Il tracciato strumentale del terremoto del 18 maggio 1895 ottenuto da un pendolo sismografico situato all’Osservatorio fiorentino della Specola

La seconda metà del XIX secolo fu un periodo di grande fermento scientifico in tutta Europa. La scienza che studia i terremoti, la Sismologia, all’epoca era agli albori e nei suoi riguardi vi era un forte e crescente interesse. Il terremoto fiorentino del maggio 1895 avvenne proprio nell’anno di fondazione della Società Sismologica Italiana, che da quell’anno (e fino al 1948, quando fu sciolta) pubblicherà annualmente il “Bollettino della Società Sismologica Italiana” con l’elenco di tutti i terremoti avvenuti in Italia nell’anno corrispondente. Circa vent’anni prima del terremoto del 1895, proprio a Firenze Padre Filippo Cecchi inventò lo strumento capostipite di tutti i moderni apparecchi sismografici: il “sismografo bipendolare”. Negli anni seguenti vennero ideati molti altri prototipi di strumenti via via più sofisticati e sensibili. Fu soprattutto dopo i catastrofici terremoti del 1883 a Casamicciola (Ischia) e del 1887 nella Liguria occidentale, che in tutta Italia nacquero numerosi osservatori sismologici e la ricerca strumentale conobbe un notevole sviluppo. Nel 1895 a Firenze erano attivi 4 osservatori, compreso lo Ximeniano, mentre in tutto il territorio nazionale quelli in attività erano almeno una cinquantina. Tutti gli osservatori fiorentini e diversi fra quelli italiani registrarono la scossa del 18 maggio.

La stragrande maggioranza dei fiorentini di oggi non è a conoscenza del terremoto del 1895, la cui memoria si è persa nel corso del tempo. L’evento ha però lasciato diverse tracce in iscrizioni commemorative riportate su lapidi e oggetti vari, conservati in città e nel circondario. Infatti, passate la grande paura e la fase dell’emergenza, i cittadini e le autorità fiorentine realizzarono che la città non aveva subito estese distruzioni e, come spesso accadeva in casi del genere, sentirono il dovere di esprimere gratitudine, soprattutto alla Madonna e alla Divina Provvidenza, per lo scampato pericolo. Oltre alla lapide presente nella chiesa di Pozzolatico, già menzionata sopra, per le vie della città e in alcune chiese della zona ancora oggi vi sono tabernacoli e lampade votive in ricordo del “grande terremoto”.

Il tabernacolo, con l’effigie della Madonna del Carmelo e una piccola epigrafe in ricordo del terremoto, posto in via De’ Canacci, all’angolo con via della Scala, nel centro storico di Firenze. Il tabernacolo è stato recentemente restaurato.

Gabriella Bazzani

 

18 Maggio 1895, Il “Grande Terremoto” di Firenze.
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