La storia di Firenze è legata a doppio filo a quella delle tante ricche e potenti famiglie che in essa vissero ed operarono. Oltre alle famiglie più famose, come i Medici che governarono la città per circa tre secoli, gli Strozzi o gli Albizzi, ce ne sono molte altre meno note ma importanti, alcune delle quali hanno nomi – e stemmi – curiosi.
Un esempio è quello della famiglia Cicciaporci (o Ciucciaporci), nome divertente che si riflette nell’altrettanto divertente stemma “parlante”. Uno stemma si definisce parlante quando contiene un oggetto o animale che cita o ricorda il nome della famiglia: ad esempio i sette ricci in campo azzurro presenti nel blasone della famiglia Ricci, o le sette pere dorate dello stemma dei Peruzzi, o ancora la torre che campeggia al centro dell’arma dei Torrigiani. Lo stemma dei Cicciaporci mostra una simpatica ghirlanda di maialini di cinta senese: è “D’oro, al grifone di nero, con la bordura di rosso caricata di sei porci passanti di nero, cinghiati d’argento, posti nel senso della pezza”, come descritto nella raccolta del rinomato araldista conte Enrico Ceramelli Papiani (Col

Stemma della famiglia Cicciaporci nel chiostro di S. Spirito

le Val d’Elsa, 1896 – Firenze, 1976). Un bell’esempio di questo stemma lo troviamo nel chiostro di S. Spirito, con annessa lapide: la cosa non stupisce dal momento che la famiglia possedeva alcune case nella prospiciente piazza, all’angolo con via delle Caldaie, case che furono poi vendute nel 1471 da Giuliano di Pazzino Cicciaporci, illustratore fiorentino, alla famiglia Dati che vi edificò il proprio palazzo, tuttora esistente. Giuseppe Maria Mecatti nel suo “Storia genealogica della nobiltà, e cittadinanza di Firenze” (1754) in una breve nota sulla famiglia ci informa inoltre che “Ne è la Casa di Gio:Filippo in via de’Pizzicotti”, curioso nome dato all’epoca all’attuale via de’ Coverelli detta anche, altrettanto curiosamente “Chiasso perduto”. E’ uno stretta e buia strada proprio alle spalle dell’abside della chiesa di S. Spirito e probabilmente il nome derivava appunto dal suo essere assai buia (ancor più in antico per via degli sporti), il che favoriva la simpatica attività di “pizzicottare” il fondoschiena!

Questa famiglia dal nome divertente vanta diversi membri illustri che ricoprirono ruoli di prestigio nel governo cittadino: il già citato Mecatti riporta che la famiglia tra il 1408 ed il 1485 ebbe ben dodici priori. Sul finire del ‘600 un membro della famiglia, Luca Antonio, fu cavaliere a Malta mentre nel secolo successivo un altro membro fece parte dell’ordine di S. Stefano (“Provarono il Quarto a Malta e San Stefano”, Mecatti, op. cit).

Oltre alle cariche civili i Cicciaporci ebbero anche un autorevole frate domenicano in S. Maria Novella, Buoninsegna de’ Cicciaporci, che fu ritratto alcuni secoli dopo la morte da Bernardino Barbatelli detto “il Poccetti” (per via di una sua certa inclinazione ad alzare il gomito e “pocciare” dal fiasco del vino). L’affresco si trova tra la quarta e la quinta campata del lato Ovest del cosiddetto chiostro grande di S. Maria Novella, recentemente riaperto al pubblico dopo aver fatto parte per anni della scuola marescialli dei Carabinieri, e ritrae il santo con la palma del martirio nella mano sinistra.

Bernardino Poccetti: Ritratto del Beato Boninsegna de’ Cicciaporci nel chiostro grande di S. Maria Novella

Benché non sia firmato, trovandosi tra due lunette di mano del Poccetti è probabile che ne sia egli stesso l’autore, o quantomeno la sua bottega. Nel cartiglio sotto il ritratto si legge:

B. F. BONINSEGNA. FLOREN.
MARTYR. INVICTUS
PRO. CHTO.
ANTIOCHIE. SECTUS
AN MCCLX

Giuseppe Maria Brocchi nel secondo volume della sua opera “Vite De’ Santi E Beati Fiorentini (Albizzini, 1752)” dedica al Domenicano Buoninsegna un dettagliato capitolo, definendolo “DOMENICANO, PATRIARCA D’ANTIOCHIA, E MARTIRE”. Da esso apprendiamo che, secondo i documenti conservati nell’archivio di S. Maria Novella, nacque intorno al 1200 e ricevette i voti direttamente dal Beato Giovanni da Salerno, il discepolo di S. Domenico Guzman che nel 1212 giunse a Firenze con altri 12 confratelli e vi fondò la chiesa ed il convento di S. Maria Novella. Si impegnò a fondo negli studi, divenendo Lettore in Teologia e nel 1233 ebbe un importante ruolo di mediazione nella difficile pace fra fiorentini e pisani. Si imbarcò quindi su una nave alla volta dell’Egitto “inspirato da Dio a procurare la conversione degl’infedeli” e raggiunse Antiochia, dove “ridusse alla vera fede la maggior parte di quegli abitanti” e per questo fu nominato dal Papa “Patriarca Antiocheno”. Ma nel giugno 1270 tutti i frati Domenicani di Antiochia furono condannati a morte e giustiziati. A Buoninsegna Cicciaporci, essendo il Patriarca, fu riservato il supplizio più atroce di tutti: “…essendo stato ordinato che il medesimo (Buoninsegna, n.d.r.) fosse segato vivo pel mezzo del capo nella pubblica piazza, il che fu barbaramente eseguito il dì 8. di Giugno dell’anno MCCLXX”. Per questo motivo nell’affresco del Poccetti viene ritratto con la palma del martirio nella mano sinistra e nel cartiglio viene definito “sectus” (diviso, segato) e si fa riferimento alla sua carica di Patriarca.
Ancora nel XV° secolo S. Antonino Pierozzi, amatissimo arcivescovo domenicano di Firenze, raccontava nei suoi scritti di questo atroce martirio e poneva Buoninsegna tra i più autorevoli ed illustri santi dell’ordine Domenicano.
Membri della famiglia vissero ed operarono anche in altre città, come ci testimonia il bellissimo palazzo Alberini a Roma, progettato da Raffaello (o da Giulio Romano, secondo Vasari). Il palazzo fu edificato nel primo quarto del secolo XVI “nella Wall Street della città papalina, via del Banco di Santo Spirito, terra dei banchieri fiorentini” per citare la definizione di Carlo Alberto Bucci in un articolo su Repubblica (10/12/2008), e dopo essere stato affittato ai banchieri fiorentini Bernardo da Verrazzano e Bonacorso Rucellai, fu poi acquistato dai Cicciaporci nel corso del ‘600. Il palazzo, come ci riporta appunto il Bucci nel suo articolo, è stato recentemente restaurato riportandolo minuziosamente alle sue forme rinascimentali ed è divenuto il quartier generale romano della Maison Gucci.

il Palazzo Alberini Cicciaporci (© Comune di Roma)
Enrico Bartocci
Enrico Bartocci
Cicciaporci.

2 pensieri su “Cicciaporci.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduttore