La Congiura: Parte 1 Introduzione
La Congiura: Parte 2 Sforza, Riario e Medici
La Congiura: Parte 3 Stefano Porcari e la terza poco conosciuta congiura
La Congiura: Parte 4 I Medici e i Pazzi
L’ascesa e le difficoltà di Lorenzo de Medici nell’intricata situazione politica del suo tempo
Nel novembre del 1469 Piero, il padre di Lorenzo, era in fin di vita. Una figura emerge per aiutare il giovane Lorenzo ventunenne ad affermarsi per prendere il posto del padre.
I primi di dicembre Piero muore, le esequie si tengono nella chiesa di Sant’Antonio, dove Pier Tommaso Soderini, la nuova figura che affiancherà Lorenzo, tiene un discorso per omaggiare il defunto insieme a quello altre figure importanti filo medicee.
Lorenzo durante la malattia del padre si era mosso per tempo, tenendosi in contatto con il Duca di Milano Galeazzo Maria Sforza attraverso l’ambasciatore milanese di Firenze. Si era così assicurato l’appoggio delle truppe milanesi in caso di necessità. Il Duca aveva già provveduto ad avvertire i Priori fiorentini di sostenere il suo protetto. Tutto si svolse senza spargimento di sangue, grazie anche all’intelligente politica di Soderini.
La famiglia Soderini risiedeva dalla parte opposta dell’Arno, vicino alle dimore dei Pitti e dei Manetti. Era una delle famiglie di uomini politici tra le più rispettate ed influenti di Firenze, addirittura più prestigiosa degli stessi Medici. Tommaso fu molto fedele ai Medici, sposò poi Dianora Tornabuoni, la sorella di Lucrezia, quella che in seguito sposerà l’altro Piero de’ Medici, figlio del grande banchiere.
Tommaso e il fratello Niccolò arrivarono a diventare importanti esponenti dell’oligarchia medicea. Più avanti però Niccolò si staccò dal gruppo mediceo, non essendo d’accordo con le manipolazioni del sistema elettorale che i Medici avevano istaurato. Tommaso invece, che ormai era diventato uno dei capi più prestigiosi della cerchia, scelse una linea più prudente. Così i due si divisero definitivamente, Niccolò sconfitto fu in seguito bandito dalla città, gli fu confiscato tutto il patrimonio e morì in esilio, Tommaso invece rimarrà legato ai Medici.
Negli anni che seguirono, Tommaso fu spesso in contrasto con Lorenzo, tanto da fare sembrare i due rivali, ma l’uomo rimase comunque sempre fedele e molto apprezzato per la sua sincerità dal potente Lorenzo. Il binomio ricchezza e politica era indivisibile a Firenze, così Tommaso che non era particolarmente ricco, per mantenere la sua posizione politica doveva accettare spesso e volentieri delle tangenti, soprattutto da ambasciatori stranieri o da stati esteri disposti ad ingraziarselo per poter fare affari con Firenze. Lo stesso Lorenzo fu costretto a “ungerlo” per garantirsi il suo appoggio nella politica estera.
La congiura dei Pazzi contro il potere mediceo fu il risultato delle tensioni tra le principali famiglie politiche fiorentine, tensioni che non si esaurirono dopo il fallimento e che portarono ad altri tentativi per porre fine alla vita di Lorenzo. L’attentato del 1478 non fu il primo, perché già nel 1470, a quattro mesi dalla morte del padre, Bernardo Nardi si fece promotore di un insurrezione. Fallita, l’uomo fu impiccato. Sembra che il complotto fosse ordito da fiorentini esiliati sparsi in varie città italiane.
Ma com’era Lorenzo de’ Medici? Viene descritto come più alto della media, con spalle larghe, molto robusto e muscoloso; agile, con il colorito olivastro della pelle, miope e con un naso schiacciato, una voce non gradevole e il viso non particolarmente attraente. Nonostante tutto riusciva a suscitare una grande dignità e fascino.
Nel 1454 all’età di cinque anni, fu mandato a congratularsi con il principe francese Giovanni d’Angiò per essere stato insignito del Cavalierato dai Priori; all’età di dieci anni insieme al fratello Giuliano, recitò dei versi dedicati al Principe Galeazzo Maria Sforza, a seguito Lorenzo su un cavallo bianco seguì una parata formata da trenta musicisti e dodici giovani tra le famiglie più importanti di Firenze. Davanti a loro portavano uno stendardo che mostrava un grande falcone che perdeva le sue piume dopo essere stato catturato da una rete. Lorenzo era infatti un grande appassionato di falconeria.
Fu ben educato in casa da precettori privati, tanto che ad undici anni già scriveva lettere di raccomandazione per distribuire favori e a dodici era in grado di scrivere dispacci formali. Si specializzò nel combinare matrimoni divenendo una figura chiave in questo campo e per questo interpellato da famiglie importanti. A sedici anni farà il suo ingresso nella vita pubblica con il ruolo di emissario presso una Corte principesca.
Alla morte di Francesco Sforza ebbe il gravoso impegno di garantirsi il potere nella Repubblica fiorentina ingraziandosi il Duca e appoggiando la causa di Galeazzo Maria Sforza.
Quando nel 1466 Lorenzo tornerà a Firenze, si renderà conto che la politica nei suoi confronti stava cambiando, molti dei suoi sostenitori si stavano trasformando in riformatori pronti a spodestare il potere dei Medici per condividerlo con la nascente classe politica a lui contrapposta. Lorenzo poté contare però su tremila mercenari ed entrare in città esiliando i riformatori. Aveva appena diciassette anni.
In tutto questo confuso momento politico, cominciava a concretizzarsi la rivalità tra Lorenzo e i Pazzi, anche se il Magnifico era imparentato con questa famiglia particolarmente ricca che vantava ottimi contatti all’estero. Uno dei Pazzi, Guglielmo, era suo cognato perché aveva sposato sua sorella Bianca. Quando andò a caccia per le campagne toscane e a visitare alcune città italiane, Guglielmo era sempre con lui. Si incaricò poi di portare a Firenze la promessa sposa Clarice Orsini, con cui Lorenzo si era già sposato per procura.
I Pazzi avevano da tempo raggiunto un’ottima posizione nella città grazie proprio all’aiuto dei Medici, ricoprendo per altro particolari ed importanti cariche. Di contro i Medici, almeno fino a questo momento, potevano contare sull’appoggio dei Pazzi. In seguito Lorenzo capì che le ambizioni politiche dei Pazzi potevano rappresentare una minaccia per lui e quindi lavorò nell’ombra per bloccarne l’accesso alle magistrature e un ulteriore ascesa.

Quando i Pazzi ricevettero la richiesta da Sisto IV di avere in prestito 40.000 ducati per comprare la città di Imola da donare a suo nipote Girolamo Riario, Lorenzo si oppose, ma i Pazzi dettero comunque il denaro al Papa che piccato, venne a sapere dell’opposizione di Lorenzo che voleva ostacolare la sua politica di espansione.
Quello del prestito è un elemento determinante che metterà in moto la congiura, perché anche Lorenzo aveva mire espansionistiche, sempre pronto ad inglobare territori per avere nuove entrate fiscali e accrescere il suo potere e quello di Firenze. Con questa mossa i Pazzi avevano sfidato i Medici, che si difesero dicendo che il prestito avrebbe maturato degli ottimi interessi. Lorenzo rispose che avrebbero dovuto pensare alla sicurezza della loro città e agli obblighi verso di lui, visto che erano diventati influenti e potenti grazie al suo intervento. Lorenzo intanto cercava con i suoi sotterfugi di tenerli sempre più lontani da cariche importanti, così che il loro risentimento cresceva verso il giovane Medici.
In seguito ci furono nuovi attriti con Sisto IV, che nominò Francesco Salviati arcivescovo di Pisa (il prelato era imparentato con i Pazzi) e controllare i conti dei Medici. Lorenzo si ritenne offeso, perché per cento anni la sua famiglia era stata al servizio dei Papi e questa richiesta lo indisponeva, ma non poteva opporsi a una richiesta papale, ma si rifiutò a che l’arcivescovo Salviati entrasse nei territori fiorentini.
Molte sono le lettere che Lorenzo inviò al duca di Milano per perorare la sua causa, da questa si evince come Lorenzo fosse molto attento alla sua figura pubblica e come quasi ne fosse ossessionato. D’altronde non era un Principe, né un Signore, né un Funzionario pubblico, quindi doveva cercare di apparire sempre forte e capace per evitare ripercussioni sul suo grande potere.
Il tira a molla con Salviati andò avanti ancora per un anno, mentre i Pazzi sembravano sempre prendere più posizione schierandosi al fianco di Federico da Montefeltro e al Re di Napoli, che aveva anche donato uno dei suoi territori di caccia ai Pazzi.
L’importanza della famiglia dei Pazzi cresceva sempre di più e Lorenzo dovette arrivare ad un accordo con il Papa: accettava dunque la figura del Salviati, mentre il Papa in cambio concedeva a Lorenzo di tassare il Clero fiorentino. Davanti a questo accordo strappato, tutti salvavano la faccia, ma conservarono la loro acredine per l’ umiliazione per i fatti subiti.
Sisto IV, Salviati, Riario, i Pazzi e Lorenzo… il gioco delle parti andò avanti fino al giorno della congiura.
