Ero sfinito, avevo solo il desiderio di sedermi e trovandomi nei pressi del Mercato Nuovo approfittai dei gradini di pietra serena per riposarmi. Li vicino il profumo del lampredotto mi stuzzicava il naso, stavo per cedere e alzarmi per farmi fare un panino bello succulento. In quel momento però una voce in lontananza mi bloccò.

” Via donne, e ce l’ho co l’olio…“.

Fu un lampo, alzai lo sguardo e da dove ero seduto vedevo perfettamente la targa, era li, ma insieme ad essa udivo anche la voce.

” Via donne, e ce l’ho co l’olio…“.

Non poteva essere lui, la voce irriverente di Firenze, il principe dei venditori di quello che oggi è chiamato street food, in italiano cibo di strada.

Rimasi con le orecchie tese qualche secondo e di nuovo la voce mi raggiunse.

… e ce l’ho col’olio, venite a sentire il profumo!”

Mi alzai di scatto e aguzzai la vista fra turisti e barrocci per vedere la provenienza della voce. Alla fine lo vidi, rotondetto, con un grembiule bianco immacolato, incedere con un sorriso felice, sostenere il banchetto con la mercanzia, era lui, non poteva essere che lui.

Stava venendo verso di me, attesi che si avvicinasse e gli feci cenno.

Lachera: Eccomi qua. Vuole della sdiacciata?

Jacopo: Si grazie, un pezzo. Lei è Giuseppe Lacheri detto il Lachera?

Lachera: Sie, son’io.

Jacopo: Incredibile, lei è quello lassù, ricordato in quella targa.

Lachera: Targa? Guarda te, o chi mi ci ha messo lassù?

Jacopo: Una targa ricordo per Lei, per la sua irriverenza, la sua sagacia.

Lachera: Bada lie, per qualche bociata per la strada.

Jacopo: Eppure le sue bociate son rimaste famose, quella più famosa l’è proprio “cel’ho co l’olio!” o anche “Bambini piangete che la mamma ve lo compra!”.

Lachera: Budellina incatramata e lo potean scrive più piccino e ci si legge nulla. Icchè c’è scritto?

Jacopo: C’è scritto: “IN QUESTA ANTICA PIAZZA DIVENNE POPOLARE GIUSEPPE LACHERI (1811-1864) DETTO IL LACHERA FACETO VENDITORE AMBULANTE
NOTO PER IL SUO VERACE BRIO SARCASTICO FIORENTINO RAMMENTATO ANCHE DAL COLLODI. A RICORDO “GIULLARI”, 28 MAGGIO 2005″.

Lachera: Come 1864, che so’ morto io?

Jacopo: Beh… via diciamo che non è proprio in salute.

Lachera: Ecco, tu devi esse di Firenze anche te! Collodi? Quello che ha scritto pinocchio? Lo conosco ma non l’ho mai letto.

Jacopo: Per forza sei morto prima!

Lachera. eeehhhh, ma te tu ti diverti a ricordarmelo che son andato a cercar tartufi!

Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, granduca di Toscana

Sai quanti pinocchi ho conosciuto anche io! Fra politici l’eran più Pinocchi che fatine! Uno poi m’è sempre stato sullo stomaco. Il Leopoldo II di Asburgo, ma se stava a casa sua un’era meglio! Lo ricordo ancora l’ero proprio li accanto al Porcellino quando tornò come un topo in città, l’era il 1849 e avevan restaurato il porcellino e io giù a gridare “…. e l’hanno ripulito, ma gli è sempre un porco.“. Io e te s’è capito di chi parlavo vero?

Jacopo: L’hanno capito tutti!

Bona ‘sta sdiacciata. La mi tolga una curiosità, ma codesto grembiule, l’è pulito più di un camice da chirurgo, che se lo cambia tutti i giorni?

Lachera: L’è merito dell’olio bono, oggi la sdiacciata un la sa fare più nessuno, vu mangiate il cartone salato! Il mi grembiule, l’è una divisa diobonino. L’è la mia divisa questa, camicia pulita e stirata, grembiule intonso e cappello calzato, ti pare che la mi moglie la mi mandi a giro sudicio!

Jacopo: Certo che il Granduca Leopoldo II non le stava proprio simpatico. Cosa gridava nel 1859 quando terminò il suo regno?

Lachera: L’era giorno di pattona, lo sai no, la pattona la si vende calda a bollore.

Jacopo: Veramente non la vende più nessuno!

Lachera: Come nessuno!? Siete diventati tutti ricchi eehh! Comunque la pattona l’era bella fumante sul tavolaccio e io gridavo “Gente, come la bolle… Gente, questa volta bolle davvero…“. S’era tolto dalle scatole quel canchero.

Jacopo: La mi tolga una curiosità.

Lachera: Dammi del tu diobonino siam popolani noi, mica de’ signori.

Jacopo: Volentieri. Sceglieva cosa vendere in base a quello che aveva da dire per la strada o il contrario?

Lachera: Ma no, vendevo quello che era di stagione in quel momento, i castagnaccio quando arrivava la farina nova, le pere cotte l’inverno, specie quando trovavo il raveggiolo buono, ci stava d’incanto. I pan di ramerino nel periodo pasquale, la sdiacciata con l’uva per la vendemmia, frittelle per San Giuseppe e cenci per carnevale. Insomma secondo il momento, l’estate anche il cocomero! però la sdiacciata all’olio l’è bona in tutti i momenti.

Jacopo: Da leccarsi i baffi. Dopo i Granduca l’è arrivata l’Italia con il tricolore, anche quella non andava bene?

Lachera: ahahahah me lo ricordo, con tutte le bandiere alle finestre e io che vendevo i cenci! Giù a gridare “Donne, e c’è i cenci…” e indicavo le finestre. Come se una nazione si facesse solo con le bandiere.

Senti un poco, ma oggi come vu state?

Jacopo: Beh, ci prendono in giro alla stessa maniera, invece che la bandiera d’Italia sventolano quella dell’Unione Europea.

Lachera: Di ‘osa?

Jacopo: Vogliano unire tutti i paesi europei ma hanno fatto un gran canaio. Invece di fissare regole sociali hanno fissato regole economiche che favoriscano multinazionali e banche.

Lachera: Allora non è cambiato niente, sempre al popolaccio mazzate! Mi ricordo che gridavo per il nuovo Regno d’Italia “”e s’avea a notar nell’oro, e s’avea… …e invece gli è tutto rame… Lo dicean figliacci di puttane… ma per loro”.

Jacopo: Esatto, uno da noi diceva che si sarebbe lavorato un giorno di meno e guadagnato come se si fosse lavorato un giorno di più. Sapessi quante attività son chiuse dopo decenni di onesto lavoro.

Lachera: Non c’è nulla da fare la lotta è sempre fra schiavizzatori e i popolaccio e per tenerlo diviso i popolaccio si inventano discussioni politiche e scelte morali. Sempre la stessa storia.

Jacopo: Senti un pochetto, ma le ricette di queste leccornie che vendi me le daresti?

Lachera: bellino lui, che mi vuoi rubare il mestiere?

Jacopo: Che te rubo, sei morto! L’è per rifarle a casa in famiglia.

Lachera: Eeeehhh ma allora ti diverti a darmi del defunto! Senti ti dico la ricetta del castagnaccio, ma tienila segreta però!

Jacopo: Certo, ti pare, la linko solo sulla Rivista Fiorentina in rete.

Lachera? I che tu fai? La linki?

Jacopo: Si, non ti preoccupare, niente di particolare…

Lachera: Allora, questa è la ricetta. Castagnaccio.

Jacopo: Niente pinoli, uvetta, noci?

Lachera: L’è un dolce povero, farina di castagne, olio bono e ramerino! Non è mica il panettone lombardo, quelli son ricchi e ci mettano roba costosa.

Toglimi una curiosità, che Firenze l’è questa? C’è tutti ‘sti ragazzetti mezzi gnudi e con le brache alle ginocchia e anche mezze strappate! Icchè l’hanno aperto i manicomi?

Jacopo: Bhe si l’hanno aperti i manicomi, ma questi un so mi’a matti, son alla moda!

Lachera: Alla moda? Sembrano dei cenciaioli! Se li vedesse la mi moglie stranirebbe! Guarda quella con tutto il pancino di fuori. Ecco se invece della schiacciata vendevo i’ castagnaccio oggi so io che avrei gridato!

Jacopo: Che cosa?

Lachera: Gridavo “La venga sposa, la prenda questo coso caldo in bocca, se la non si spiccia non gliene tocca“.

Jacopo: Accidenti, pesante ehh?!

Lachera: Cosa vuoi che sia, una battutaccia fiorentina; inoltre, ormai che son sul muro ricordato, posso dire quello che voglio, son come autorizzato! Tie t’ho fatto un’altra rima!

Via, e vo’ che ho da vendere ‘sta sdiacciata, se tu vieni domani credo di avere le ciambelle fritte, ti garbano di sicuro, guarda che panza tu ci’hai.

Jacopo: ahahahah bene, allora spero di fare un salto domani e gustarmene una.

Lachera: ” … e ce l’ho col’olio, venite a sentire il profumo!

Jacopo Cioni
Jacopo Cioni

 

Le interviste impossibili: il Lachera.
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3 pensieri su “Le interviste impossibili: il Lachera.

  • 12 Febbraio 2019 alle 6:24
    Permalink

    Bella intervista Arguta e piacevole. Se veramente i morti possono vedere chissa’ come sara’ rimasto contento. Ovvia da vecchio fiorentino voglio dere la mia (un se n’abbia a male) io avrei detto “migliaccio” io bonino. Sempre lieto li leggere le sue belle esposizioni su Firenze.

    Rispondi
    • 12 Febbraio 2019 alle 9:51
      Permalink

      Salve
      Questa del migliaccio è una diatriba lontana. Castagnaccio, pattona, migliaccio roventino. Dovrebbe essere, ma magari sbaglio, Castagnaccio: farina castagne olio e rosmarino. Pattona: Farina di castagne. Migliaccio Farina di castagne, sangue di maiale e condimenti vari. Roventino Sangue di maiale e condimenti vari.
      Jak

      Rispondi
  • 11 Febbraio 2019 alle 19:56
    Permalink

    Bella scenetta raccontata con arguzia. Bravissimo. Un piccolissimo appunto, avrei detto “Migliaccio”. Non me ne voglia son fiorentino.

    Rispondi

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