Alla fine del XV secolo, l’igiene era un concetto molto vago: non esistevano reti fognarie e per le strade si accumulavano rifiuti ed escrementi. In quel periodo comincia ad attecchire il concetto della paura dell’acqua, che veniva vista come principale veicolo di infezioni e malattie. Piuttosto che lavarsi, si preferiva affidare la pulizia del corpo ai vestiti, che avevano la funzione di assorbire la sporcizia e le impurità della pelle; per beneficiare di tale effetto nei galatei del Cinque-Seicento si invitava a cambiarsi la camicia una volta al mese.

Anche l’igiene orale era trascurata, tanto che le dame dell’epoca avevano l’abitudine di riparare la bocca con un ventaglio per risparmiare all’interlocutore cattivi odori e la vista di una bocca deturpata dalla carie. I profumi non sono ad appannaggio di tutte le tasche, per cui la pulizia diventa un concetto elitario, riservato a coloro che hanno mezzi per procurarsi i profumi.

Dalle abitazioni vengono bandite le vasche da bagno e vengono chiusi i bagni pubblici, considerati luoghi di promiscuità e di perdizione. In effetti erano molto spesso ritrovi di prostitute in cerca di clienti, per cui i bagni pubblici erano diventati un luogo di piacere, più che di pulizia in senso stretto.

Dobbiamo dire anche che in questi anni le pestilenze e le infezioni, in special modo la sifilide, crescevano enormemente; la medicina riteneva che i bagni ed i vapori caldi dilatassero i pori della pelle, attraverso i quali, a quel punto, i germi trovassero un facile accesso per inoculare malattie nel corpo, era quindi importante fare il possibile per occludere i pori. A tale scopo i neonati non dovevano essere lavati ma unti con oli di rosa, di mirtillo ed essenze varie; nel tentativo di ostruire i pori i bambini venivano ricoperti di cera e poi fasciati.

Si credeva addirittura che le donne che si bagnavano in acqua in cui avevano preso il bagno degli uomini potessero rimanere fecondate da qualche spermatozoo vagante, tanto che si cominciò a parlare di “gravidanze da bagno”.

Nelle rare occasioni in cui il popolo aveva l’opportunità di lavarsi, i membri della famiglia utilizzavano spesso la stessa acqua. L’onore del primo bagno spettava al capo famiglia, poi era il turno degli altri figli e uomini, poi delle donne e dei bambini, e infine dei neonati. A quel punto l’acqua era talmente lercia che se il piccolo finiva sott’acqua diventava un’impresa capire dove immergere le mani per recuperarlo; da qui il detto “Non gettare il bambino assieme all’acqua sporca”.

Quando si faceva un bagno, di solito una o massimo due volte l’anno, era poi consigliato almeno un giorno di riposo a letto per recuperare il presunto indebolimento del corpo e dare tempo ai pori di richiudersi. Il bagno “annuale” veniva fatto prevalentemente nel mese di maggio e, considerato che la maggior parte dei matrimoni si svolgeva a giugno, divenne abitudine che le spose, per contrastare il proprio ed altrui “aroma”, si dotassero di un bouquet di fiori, tradizione che vive tuttora anche se ormai nessuno ne conosce l’origine.

Ovviamente i parassiti pullulavano, ma erano sopportati con buona grazia, nel galateo si consigliava ai figli dei nobili di accettarli come cosa naturale ma “di non grattarsi la testa a tavola, prendere dal collo e dalla schiena pidocchi, pulci o altri parassiti ed ammazzarli in presenza di altra gente”.

Gabriella Bazzani Madonna delle Cerimonie

L’igiene personale nel medioevo e nel rinascimento
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Un pensiero su “L’igiene personale nel medioevo e nel rinascimento

  • 7 Ottobre 2025 alle 14:21
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    Ho appena riletto un mio commento del 2020 inerente questo problema sempre scritto da lei e lo ripropongo tale e quale. Inoltre aggiungo che soltanto nell’antichità la gente si lavava, dopo eravamo troppo “intelligenti” per farlo.
    Grazie Gabriella.

    P.S. – Questa del bouquet di fiori della sposa mi ha colto di sorpresa, lo rivenderò senz’altro se ne ho l’occasione.

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