La più antica pubblicazione periodica nacque in Toscana nel 1636, il Granduca Ferdinando II concesse a Lorenzo Landi e Amatore Massi il privilegio di stampare una gazzetta a Firenze. Seguirono Milano l’anno seguente e Genova nel 1639
Nacquero così i primi periodici distribuiti a cadenze regolari. Si trattava di pubblicazioni per lo più di piccolo formato, a due o quattro pagine, che uscivano una o due volte al mese.
Diverso tempo dopo a Firenze troviamo un succedersi di pubblicazioni tra cui:
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- Le Novelle letterarie pubblicate in Firenze (1740-1792), settimanale fondato da Giovanni Lami La pubblicazione copriva argomenti che spaziano dalla storia alla teologia, dalla scienza al diritto.
- Giornale de’ Letterati (aprile 1742-1753);
- Magazzino italiano d’istruzione e piacere (1752);
- Magazzino toscano d’istruzione e piacere (1754);
- Gazzetta toscana (1766-1811), settimanale creato dal Governo toscano, Anton Giuseppe Pagani stampatore;
- Gazzetta di Firenze (23 agosto – 15 ottobre 1768), dal 18 ottobre ridenominata Notizie del Mondo (ottobre 1768 – 31 dicembre 1791), conteneva notizie dall’estero. Nel 1792 fu assorbita dalla Gazzetta Universale di Vincenzo Piombi (dal 1775 fino all’aprile 1798). Riprese dal 1799 fino al 29 gennaio 1811.
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La Gazzetta di Firenze è la continuazione di quelle due diverse pubblicazioni fondate entrambe nel 1768 (Gazzetta patria e Notizie del mondo), divenute nel 1811 Giornale del dipartimento dell’Arno, poi nel febbraio del 1814 per i soli numeri 16-17 Giornale politico di Firenze, e infine dal n. 18 (10 febbraio 1814) fino al n. 274 (4 novembre 1848) Gazzetta di Firenze. Cambierà nuovamente nome con il numero del 6 novembre di quell’anno, uscendo come Monitore toscano.
La Gazzetta di Firenze giornale trisettimanale stampato a Firenze dal 1814 al 1848. Fu il giornale ufficiale del Granducato di Toscana. Usciva nelle giornate di martedì, giovedì e sabato. Nel 1848 fu sostituito dal Monitore Toscano continuerà le pubblicazioni fino al 1880.
Nella storia dell’editoria fiorentina nel 1846 entra il ventottenne Giovanni Carnesecchi (1818-1877), gazzettiere, tipografo nel Monitore Toscano nel periodo 1854 1857.
Come detto, La Gazzetta di Firenze nel 1848 fu sostituita dal Monitore Toscano ma la pubblicazione col nome di “La Gazzetta di Firenze” fu ripresa dal sacerdote Giulio Cesare Casali il primo gennaio 1863: “Avviso il Monitore Toscano riprende fin da ora l’antica sua denominazione di “Gazzetta di Firenze” più conforme al presente ordinamento del Regno“. Due anni più tardi il sacerdote Casali cedette il giornale al suo tipografo Carnesecchi Amministratore della Gazzetta divenne il figlio di Giovanni: Tito ( 1847-1880 ), La tipografia assunse il nome Tipografia G. Carnesecchi e figli.
Verso il 1867, frequentando la tipografia il celebre caricaturista Mata (Matarelli) per la stampa del giornale satirico “Il Lampione”, fu ideata la pubblicazione delle poesie di Giuseppe Giusti. La veste tipografica vinse la medaglia di bronzo al congresso tipografico di Bologna.
A questo punto un altro fiorentino Giulio Cesare Sansoni (1837-1885 ) inizia l’attività editoriale, in strettissima collaborazione con l’amico tipografo Giovanni Carnesecchi.
La città di Firenze si stava sviluppando sotto la guida delle classi dirigenti riformatrici moderate, quale capitale culturale della nazione. Venne fondato l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento, centro del positivismo e luogo di formazione delle élite del nuovo Stato unitario. L’editoria fiorentina, cresciuta attraverso la diffusione delle opere risorgimentali, si trasformò in strumento di promozione della lingua e della cultura in ambito scolastico con gli editori Barbera, Le Monnier e Paggi-Bemporad, che diedero inizio alle loro famose collane per la scuola. Lo spostamento della capitale a Firenze (1865-71) permise agli editori di instaurare significative relazioni con il mondo politico al fine di promuovere l’adozione dei propri libri di testo.
È in questo clima culturale che Giulio Cesare Sansoni, ormai inserito nei circoli letterari, decise di pubblicare nel 1873 Guardare e pensare. Studi dal vero, libro di lettura di Guido Falorsi, allievo di Niccolò Tommaseo. A questo seguì, pochi mesi dopo, una raccolta di commedie edificanti per le scuole femminili, Dialoghi e commedine (1874), scritte dallo zio Giuseppe Calenzoli.
Le prime due edizioni uscirono con la responsabilità «A spese di alcuni amici», avendo ricevuto il sostegno del tipografo Giovanni Carnesecchi, che aveva realizzato una florida tipografia dedita alla stampa di periodici popolari. I riscontri delle vendite, nonostante la semplicità delle realizzazioni, furono positivi e Sansoni si convinse di iniziare una impresa editoriale a suo nome, G.C. Sansoni, con la pubblicazione, nell’aprile del 1874, di un’opera di Cesare Guasti, linguista e accademico della Crusca, Belle Arti. Opuscoli descrittivi e biografici.
Il marchio editoriale “G.C. Sansoni Editore” compare solo nel 1874. Sin dall’inizio le sorti della nuova casa editrice sono fortemente legate alla tipografia “G. Carnesecchi e figli” diretta da Giovanni Carnesecchi e dal figlio Tito tanto che le due ditte hanno in comune sede e magazzini tra piazza d’Arno 1 (ora piazza Mentana) e il magazzino di via dei Saponai 14.
Nel 1876 il Sansoni concepì l’idea di pubblicare “Le vite” di Giorgio Vasari, in un’edizione curata dall’archivista Gaetano Milanesi, per la cui realizzazione il tipografo Carnesecchi aveva acquistato una modernissima macchina da stampa Koenig & Bauer: fu il primo grande successo editoriale. Grazie all’imprenditorialità del Sansoni e del Carnesecchi alle loro conoscenze nel mondo culturale ed accademico la “G. C. Sansoni editore” si afferma rapidamente a livello nazionale.
L’inizio è un breve lampo di circa 12 anni: in cui si consumeranno le vite di tutti gli iniziatori dell’impresa. Giovanni Carnesecchi muore nel 1877 , suo figlio Tito immaturamente nel 1880, Giulio Cesare Sansoni nel 1885.
Scrive Marcello Aquilani : “…nel 1885 moriva pure il sig. Giulio Sansoni, che alla casa editrice aveva dato tutto il suo ingegno e tutta la sua attività. Cosi mentre la Tipografia e la Casa Sansoni andavano crescendo di fama e d’importanza scomparivano coloro che avevano dato ad esse l’intelligenza e l’energia per poterle portare all’altezza che, amanti dell’arte e della cultura, avevano sempre sognato.“
La vedova di Giulio Cesare Sansoni (Albertina Piroli) confermò l’impegno nell’azienda cercando aiuto nel cognato Guido Biagi, cui affidò la direzione editoriale. La stampa e la sede rimasero alla tipografia Carnesecchi, che nel frattempo era stata ereditata da Giulia Bellini, vedova di Tito, risposatasi con l’orafo Cesare Casalini, che assunse la guida dell’attività tipografica . Biagi diede impulso alla casa editrice, aprì nuove collane di testi greci e latini e, con grande successo, la Biblioteca scolastica di classici italiani secondo i programmi ufficiali diretta da Carducci.
La “Sansoni” divenne una prestigiosa casa editrice a livello nazionale e terminò il suo percorso solo negli anni 70 del XX secolo.
Condotto da Piero Casalini lo stabilimento tipografico “G. Carnesecchi e figli in Firenze” proseguirà invece autonomamente le pubblicazioni fino agli anni 50. Morta l’antica azienda Carnesecchi. Il nome Casalini nell’editoria compare da solo e precisamente con Mario (1926-1998) figlio di Piero, che fonda autonomamente una sua impresa editoriale “Casalini Libri”.
Ancora oggi l’attività editoriale Casalini è proseguita dai figli.
Pierluigi Carnesecchi