Vorrei dedicare questo articolo alla memoria di mio padre, recentemente scomparso. Grande studioso e conoscitore di storia risorgimentale, esperto di armi antiche ed uniformologia, collezionista, autore di articoli, saggi e libri, mi ha trasmesso la passione per la ricerca e la scrittura. Oggi avrebbe compiuto 92 anni.

Il cimitero delle Porte Sante di San Miniato è senza dubbio uno dei più belli – se non il più bello – tra i cimiteri monumentali fiorentini. All’ombra dell’antica basilica sono sepolti molti personaggi illustri della storia di Firenze.

Nella parte sul retro della basilica, più o meno di fronte all’abside, c’è una grande lapide sul muretto che separa le tombe dal vialetto in ghiaia. Il testo recita:

L’ABBIAM DEPOSTA, LA GARIBALDINA

ALL’OMBRA DELLA TORRE DI SAN MINIATO

COLLA FACCIA RIVOLTA A LA MARINA

PERCHÉ PENSI A VENEZIA E AL LIDO AMATO.

ERA BELLA, ERA BIONDA, ERA PICCINA,

MA AVEA CUOR DA LEONE E DA SOLDATO!

E SE NON FOSSE CH’ERA NATA DONNA,

PORTERIA LE SPALLINE E NON LA GONNA,

E POSEREBBE SUL FUNEREO LETTO

COLLA MEDAGLIA DEL VALOR SUL PETTO.

MA CHE FA LA MEDAGLIA E TUTTO IL RESTO?

PUGNÒ CON GARIBALDI E BASTI QUESTO!

F. DALL’ONGARO

ANTONIA MASANELLO

CERVARESE 1833 – FIRENZE 1862

24.9.2011 IL COMUNE DI FIRENZE POSE

 

Una rarissima immagine fotografica di Antonia Masanello (fonte: “La vecchia Padova”)

Come si può leggere nell’ultima riga la lapide è stata recentemente posta a cura del Comune di Firenze per onorare la memoria di Antonia Masanello. I versi dell’epigrafe sono di Francesco dall’Ongaro, patriota e letterato veneto poi trasferitosi a Firenze, al pari di diversi suoi conterranei, nel periodo risorgimentale. Se ripercorriamo la storia della vita di Antonia Masanello certamente i versi del poeta veneto ci risulteranno ben più chiari: si tratta infatti di un personaggio leggendario anche se poco noto ai più. Patriota veneta, esule a Firenze come il dall’Ongaro, ma soprattutto l’unica donna garibaldina che prese parte attivamente, cioè sul campo di battaglia, alle battaglie dell’Eroe dei due mondi con la spedizione dei mille. Molti altri personaggi femminili sostennero la causa Garibaldina, chi con finanziamenti, che prestando servizio come infermiera, chi documentando le gesta di Garibaldi e dei suoi patrioti (una su tutte, Jessie White Mario), ma la Masanello risulta essere l’unica ad aver combattuto sul campo, armi alla mano, per tutta la durata della campagna.

Antonia nacque nel 1833 a Montemerlo, frazione del comune rurale di Cervarese Santa Croce, nella campagna Padovana. Di modesta famiglia contadina, si distinse fin da giovanissima per le idee anticonformiste e rivoluzionarie, iniziando a cospirare contro gli austriaci ed aiutando i patrioti in pericolo ad espatriare nel Regno di Sardegna. Era aiutata in questa attività da Bartolomeo Marinello, l’uomo di cui si era innamorata e che avrebbe sposato, ed al quale darà quattro figli, di cui purtroppo solo una sopravviverà. Ben presto queste attività clandestine valsero ai due innamorati le attenzioni della polizia Asburgica, che li mise sotto sorveglianza sospettandoli di simpatie mazziniane e di attività sovversive. Pertanto nei primi mesi del 1860 la coppia si trasferì a Modena, che pochi mesi prima era stata annessa al Regno di Sardegna. Nella città Emiliana i due si arrangiavano come potevano per provvedere a sé stessi ed alla figlioletta: Antonia esercitava la professione di “brentajo”, ovvero fabbricava le brente, i tini schiacciati utilizzati per il trasporto a spalle dell’uva (che in toscana si chiamano “bigonce”). Ma la passione politica e le idee rivoluzionarie non erano certo sopite, anzi! Giunta la notizia che Giuseppe Garibaldi stava preparando la spedizione dei Mille, i due decisero di lasciare la figlioletta ad una amico ed unirsi alle camicie rosse in procinto di salpare per la Sicilia. Non partì solo il Marinello, lasciando la moglie a casa a badare la bimba come la logica del tempo avrebbe voluto, bensì entrambi. Giunsero però in ritardo a Genova: Garibaldi coi suoi Mille era già salpato dal porto di Quarto, ma riuscirono comunque nell’intento imbarcandosi in un piroscafo che trasportava a Messina i volontari della brigata di Gaetano Sacchi, armati di tutto punto. Per unirsi ai volontari, Antonia fu costretta ad usare uno stratagemma: si vestì da soldato, spacciandosi per uomo, e si presentò col nome del cognato, Antonio Marinello. I due quindi si finsero una coppia di fratelli patrioti. Sotto questa falsa identità Antonia sbarcò a Palermo ed a Messina, subito dopo la famosa battaglia di Milazzo, fu inquadrata nel terzo reggimento della brigata Sacchi. Tonina, come veniva affettuosamente chiamata, indossò la divisa e nascose i lunghi capelli biondi sotto il képi di panno rosso, spacciandosi per un giovane volontario. A quanto pare, almeno inizialmente, solo Garibaldi, il Maggiore Bossi, il Colonnello Ferracini e forse anche l’ufficiale bergamasco Francesco Nullo erano a conoscenza del segreto della bella Antonia, oltre ovviamente a suo marito. Pare che il generale vide, durante un furioso scontro, il berretto di Antonia volar via lasciando sciolti al vento i lunghi capelli biondi, e si rese così conto che si trattava di una ragazza! Con l’avanzare della spedizione la cosa divenne però sempre più nota, tanto che nei “ruoli matricolari dell’esercito meridionale”, conservati all’Archivio di stato di Torino, si legge nel suo profilo la seguente nota: «Trattasi in realtà di una donna, Antonia Masanello, conosciuta anche come Tonina Marinello».

La pagina del quotidiano “Lo Zenzero” del 24 maggio 1862 con l’articolo sulla morte di Antonia Masanello

Con la brigata Sacchi, “Masenela” prese parte a tutte le azioni e battaglie della campagna in Italia Meridionale: Palermo, Milazzo, l’ingresso trionfale a Napoli, Volturno. Mentre il Marinello fu più volte ferito in battaglia Antonia, nonostante combattessero fianco a fianco come se fossero, appunto, due fratelli, rimase sempre illesa. In occasione della sua morte uscirà su “Lo Zenzero”, giornale politico popolare che «si pubblica tutte le mattine, quando s’alza l’operajo”, un breve articolo in cui si raccontava che «… col suo fucile in spalla fece tutto quello che fecero quei generosi giovani – essa quando li toccava o gli veniva ordinato, montava le sue guardie, faceva le sue ore di sentinella a’ posti avanzati, il suo servizio di caserma. Insomma, faceva tutto con tal disinvoltura e coraggio, che per molto tempo i suoi compagni non si erano avveduti che essa era una femmina». Come già detto la Masanello non fu l’unica donna ad aggregarsi alla spedizione Garibaldina: quando i Mille sbarcarono a Marsala c’era anche Rose “Rosalia” Montmasson, la moglie, poi ripudiata, di Francesco Crispi, e in seguito si aggiunse la contessa piemontese Maria Martini Giovio della Torre che, tenendo fede al suo stile di vita ribelle ed anticonformista, innamoratasi perdutamente di Garibaldi si unì alla sua armata. Ma la prima si occupò prevalentemente della cura dei feriti, seppur talvolta imbracciando il fucile, mentre della seconda, personaggio chiacchieratissimo, si narra che durante la battaglia di Milazzo, costrinse sciabola in pugno i volontari garibaldini demoralizzati dal cannoneggiamento della flotta borbonica a riprendere le loro posizioni, arrivando a puntare un cannone contro il nemico; tuttavia anch’essa si occupò prevalentemente dei feriti sulle ambulanze militari. A quanto pare quindi Tonina fu l’unica a combattere, inquadrata come militare al pari di un uomo, per tutta la durata della campagna. O forse no… Garibaldi nel suo libro “I Mille”, resoconto della spedizione scritto di suo pugno, dedica il capitolo VII a “Lina e Marzia”. La prima altri non è che la nostra Antonia (“Lina” è il nome di battaglia con cui la chiamava il Generale) mentre della romana Marzia non si ha nessun’altra notizia oltre alle poche righe dedicategli da Garibaldi.

Ritratto di Antonia Masanello tratto dal frontespizio dello stornello di dall’Ongaro

L’11 novembre 1860, pochi giorni dopo il famoso incontro di Teano, quando Cavour sciolse con un decreto l’Esercito Meridionale, ad Antonia in virtù del suo comportamento valoroso fu riconosciuto il grado di Caporale e fu congedata “con onore”, sempre sotto il falso nome del cognato Antonio Marinello. Ma fu una gloria effimera che durò ben poco: Tonina ed il marito rientrarono a Modena per recuperare la figlia Teresa, ma non poterono rimpatriare in Veneto, che restava ancora sotto il dominio Asburgico (lo sarà fino al 1866). Dopo la tragica morte dell’ultima figlia, deceduta ad appena 17 giorni di vita, a cui avevano dato il significativo nome di Vittoria, nel 1861 si trasferirono a Firenze. Nella città toscana i due si stabilirono nella zona del mercato vecchio, l’attuale P.za della Repubblica, presso il ghetto, in una modesta casetta nella Piazza Brunelleschi, detta comunemente “Piazza dè Marroni” (oggi non più esistente a seguito del “risanamento” del 1895). Qui, sostentandosi coi modesti proventi del lavoro di fornaio del Marinello che aveva ripreso il suo antico mestiere, condussero una vita povera e disagiata, finché neanche un anno dopo Antonia, forse a causa delle fatiche e dei patimenti sopportati durante la campagna garibaldina, si ammalò di tisi: la giovane 28enne che tante battaglie aveva vinto con le armate Garibaldine perse purtroppo l’ultima e più importante, quella con la malattia, e spirò tra le braccia del marito il 20 maggio 1862. Due giorni dopo il funerale, il 24 maggio, uscì su “Lo Zenzero” il già citato pezzo in memoria dell’eroina Garibaldina. L’anonimo redattore scrisse:

«Popolani miei carissimi vedeste jeri l’altro sera quella Bara che portava un cadavere all’ultima dimora? – Sì – Vedeste quanta gente, con lumi e senza che l’accompagnava? – sì – chi era la persona morta lo sapete?… dissero Garibaldina!… Non sapete altro?… Dunque ascoltate.

Quel cadavere era di Antonia Marinello Savarese che appena attaccata la guerra nell’Italia Meridionale assieme a suo marito corse colà e combattè nelle file del Generale Garibaldi….»

Il suo corpo fu sepolto nel cimitero delle porte sante, all’ombra del campanile di S. Miniato, dove oggi è affissa la lapide che la ricorda.

Francesco dall’Ongaro scrisse i versi citati in apertura, che di lì a poco furono anche musicati da Carlo Castoldi e divennero uno popolare stornello, sul cui frontespizio compare uno dei rarissimi ritratti della soldatessa. Lo spartito è stato rintracciato in anni recenti nel fondo musicale della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Per un breve periodo la sua storia godette di una certa popolarità che giunse fino oltreoceano, dove il quotidiano di New Orleans «The Daily True Delta», il 10 agosto 1862 rievocò le vicende della sua vita definendola «an italian heroin», un’eroina italiana. Ma ben presto su questa donna coraggiosa e sulla sua storia cadde l’oblio e fu dimenticata, tranne che nelle campagne venete in cui era nata, dove si cantavano stornelli dialettali come quello composto da Giovanni Perin:

«Fra i tanti eroi della nostra storia

registrar dovemo la Masenela

par conservar viva la memoria

de ‘sta gueriera dona, forte e bela;

sui campi de bataglia tanta gloria

e tanto onor ra vudo, e come stela

la sluse in alto, su nel firmamento

questa eroina del Risorgimento.» 

Antonia Masanello rappresentata nel fumetto “Cattive Ragazze” di Petricelli e Riccardi (2014)

Nel 1958 a causa di uno smottamento del terreno le spoglie della garibaldina furono traslate nel cimitero fiorentino di Trespiano, sotto un alto pennone su cui sventola il tricolore, e di lei nessuno si ricordò più; finché grazie ad un paziente e preciso lavoro di ricerca Alberto Espen, storico e bibliotecario suo conterraneo, dopo anni di ricerche d’archivio e studi ne ha ricostruito le vicende nel volume «Da Montemerlo al Volturno. Storia di Antonia Masanello, la “guerriera” di Garibaldi» ed in altri scritti, dai quali ho attinto molte delle informazioni riportate in questo articolo. Il rinnovato interesse per la storia della “garibaldina” è culminato con l’inserimento nel 2014 della storia di Antonia tra le protagoniste della “graphic novel” – o fumetto se preferite – «Cattive ragazze, 15 storie di donne audaci e creative» di Assia Petricelli e Sergio Riccardi, vincitore del Premio Andersen 2014, categoria miglior libro a fumetti.

Nell’ambito delle iniziative per i 150 anni dell’unità d’Italia, il 24 settembre 2011 fu organizzata una doppia cerimonia a cura del del Comitato fiorentino per il Risorgimento: al cimitero delle Porte Sante la lapide commemorativa fu scoperta dall’allora presidente del Consiglio comunale Eugenio Giani, che commemorò la garibaldina accompagnato dal Gonfalone della città assieme ad una delegazione di 200 cittadini del Comune di Cervarese Santa Croce, guidati dal sindaco Claudio Chiarello, ed all’associazione veterani e reduci garibaldini.

La cerimonia in onore di Antonia Masanello presso il cimitero di Trespiano (fonte: Il Carabiniere news”)

Dopo l’inaugurazione della lapide coi versi del dall’Ongaro la delegazione si spostò a Trespiano, dove fu deposta una corona di fiori sulla sua tomba. Era presente anche il noto cantore popolare fiorentino Riccardo Marasco, che cantò per l’occasione i versi dello stornello con la musica del Castoldi, e il già citato storico Espen, nonché i diretti discendenti di Tonina: Paolo e Anna Maria Marinello, residenti a Vinci, pronipoti della Garibaldina, furono rintracciati proprio dall’Espen e raccontarono di come in famiglia si conservava la memoria dei quell’ava così particolare: «Zia Tonina… per noi è come una vecchia zia, di cui abbiamo sempre sentito parlare e ogni anno andavamo con nonno Umberto e babbo Giovanni a portare un fiore sulla sua tomba».

Nell’occasione fu espressa la volontà che la salma della garibaldina fosse riportata nel cimitero delle Porte Sante, luogo della sua prima sepoltura. Non ci risulta però che ad oggi ciò sia avvenuto, la bella e coraggiosa Antonia riposa ancora a Trespiano assieme ad altri garibaldini.

Enrico Bartocci
Enrico Bartocci
Una garibaldina a Firenze

9 pensieri su “Una garibaldina a Firenze

  • 29 Maggio 2020 alle 20:15
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    Articolo bello e completo come sempre gli articoli di Enrico Bartocci, uomo poliedrico e pieno di interessi come il suo compianto padre di cui ho sempre vivo il ricordo.

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  • 27 Maggio 2020 alle 22:06
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    Bellissimo “pezzo”, meticoloso, esauriente. Con un puntuale corredo di immagini (rara, la prima). Alle cerimonie del 2011 ero presente: una grande emozione (ero in rappresentanza dell’ Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini). E Marasco interpretò il canto per la Masenela, in modo davvero ispirato e commovente.
    Tornare a conoscere la propria storia è come far rifluire una linfa vitale nelle vene di un popolo.
    Grazie!
    Rossella

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    • 29 Maggio 2020 alle 19:39
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      Molte grazie Rossella, i tuoi apprezzamenti fanno ancor più piacere visto che sei parte dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini!

      Un saluto

      Rispondi
  • 29 Aprile 2020 alle 0:30
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    Grazie per aver letto l’articolo? Ma vuole scherzare? Un articolo così interessante e scritto bene non si può non leggerlo! Se può interessarle sono anch’io un’appassionata della storia risorgimentale. Ovviamente mi sono dimenticata molte cose anche perchè il Risorgimento non viene mai menzionato nè fatto più studiare a scuola. E’ un periodo storico che mi ha sempre interessato moltissimo. Possiedo diversi libri su Giuseppe Garibaldi oltre alla sua biografia. Ma ho approfondito anche la figura di Camillo Benso Conte di Cavour, Vittorio Emanuele II, Silvio Pellico…..
    Lucia

    Rispondi
  • 26 Aprile 2020 alle 1:05
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    Si, ero al corrente dell’argomento, proprio per averlo letto sul libro di memorie scritto da Garibaldi stesso ed anche su vari altri libri su Garibaldi scritti da altre persone. Non sapevo però così bene la sua storia, nè tantomeno che le sue spoglie erano a Firenze. Grazie per aver approfondito l’argomento.
    Lucia

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    • 28 Aprile 2020 alle 23:40
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      Intanto colgo l occasione per farti gli auguri di Buon compleanno un bellissimo articolo che fa onore alla memoria di tuo papà, l’inconsueto alle porte sante di San Miniato una lapide a Firenze di un personaggio che come donna mi affascina la Garibaldina, l’eroina del Risorgimento una narrazione ricca e complessa ma raccontata in modo fluido e scorrevole che arricchisce le mie conoscenze storiche e attuali una lettura che non si scorda e che ti accompagna con curiosità a visitare i luoghi di questa donna leggendaria qui a Firenze grazie Enrico !!!!

      Rispondi
      • 29 Maggio 2020 alle 19:40
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        Ciao Gloria grazie per aver letto e commentato positivamente l’articolo!

        Un saluto

        Rispondi

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