Foto di Emanuele Picciallo.

Una leggenda narra che Firenze, venne fondata dai Legionari di Gaio Giulio Cesare, con il nome augurale di Florentia, verso la metà del primo secolo a.c. La terra sulla quale sarebbe sorta, fu divisa come tradizione romana dal Decumano e dal Cardo maximo, il quale arrivava fino al fiume Arno dove oggi c’è l’attuale piazza del pesce. Le due sponde furono unite da una passerella di legno poggiante su due piloni in muratura, sistemata obliquamente alla corrente, per resistere meglio alle piene del fiume.

Nell’anno 123 quando era Imperatore Adriano venne consolidata e allargata con una struttura in muratura. Durante le scorrerie dei barbari secoli VI-VII d.c. venne distrutto, si dice che al suo posto, Carlo Magno, tempo dopo ne fece costruire un altro. Fin quando nell’anno 1177 venne eretto un ponte, resistendo alle piene del fiume fino alla grande alluvione del 1333, quando cadde definitivamente, portandosi via la presunta statua del Dio Marte, che li si trovava da quando l’avevano spostata dal battistero.

Negli anni seguenti precisamente nel 1345, la Signoria lo fece ricostruire ad opera di Taddeo Gaddi o da Neri di Fioravante a tre archi ribassati con ai quattro angoli delle torri per controllare l’accesso. Oggi di queste torri, ne è rimasta solo una dalla parte di Oltrarno. La torre della famiglia dei Mannelli, chiamati anche Pontigiani, per il lavoro svolto di sorveglianza.

La Signoria in seguito alle proteste dei cittadini, per il decoro, l’igiene, e l’incolumità delle persone, trasferì le botteghe dei Beccai da Mercato Vecchio al ponte. Con l’obbligo, quando macellavano di gettare direttamente nel fiume gli avanzi della lavorazione ed il sangue delle bestie. Mentre quando erano in Mercato, i Beccai, macellavano sulla strada, gettando gli scarti direttamente in terra. Con rischio di ferire i passanti o gli acquirenti. In estate, il fetore era insopportabile, e alto era il rischio di scatenare epidemie mortali.

Quando Cosimo I° de’ Medici, divenne Granduca di Toscana, acquistò da Bonaccorso Pitti (che non se la passava bene) il suo palazzo in Oltrarno, ritenendo quella zona più salubre del centro cittadino. Per non passare per le strade e raggiungere la sua nuova abitazione, incaricò l’architetto di corte Giorgio Vasari, di fare un corridoio sopraelevato da Palazzo Vecchio a Pitti, passando sopra ponte Vecchio. Nacque così il “Corridoio Vasariano” costruito in soli cinque mesi. Una leggenda legata alla sua costruzione racconta che, quando i lavori giunsero al termine del ponte, si trovarono davanti l’antica torre dei Mannelli. Il Vasari, chiese al proprietario di passarci attraverso, ma questi lo negò. Così per continuare la costruzione, dovette aggirarla poggiandosi su dei beccatelli tutti all’intorno.

Inoltre al tempo di Ferdinando I°, furono tolti dal ponte i Beccai per un fatto di igiene, ingiungendo loro di lasciare le loro botteghe e di tornare in Mercato Vecchio. Al loro posto si installarono i laboratori degli orafi.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il ponte rischiò di scomparire insieme agli altri ponti della città, minati dai tedeschi in ritirata per rallentare la marcia delle truppe alleate. L’allora Cardinale Elia dalla Costa, cercò di salvare Firenze dalla rovina, facendo accordi con il console Wolf per usufruire del titolo di città aperta. Ma i genieri tedeschi continuarono il loro lavoro minando il ponte e i suoi dintorni. Quando ormai sembrava tutto perduto, sembra sia intervenuto lo stesso Hitler, a fermare l’accensione delle cariche. Il Fuhrer era stato a Firenze nel 1938, e come un turista qualsiasi lo aveva visitato, pertanto aveva deciso di sospendere la sua distruzione.

Molti anni dopo, il salvataggio del ponte, si è arricchito di una voce che parla di un cittadino un certo Burgasso, il quale per la sua disabilità fisica, era considerato dai tedeschi incapace di capire ed intendere. Invece data la libertà di cui godeva, aveva seguito i lavori dei paracadutisti, e tenuto a mente dove erano state piazzate le cariche. La notte prima della liberazione della città, strappò i fili dai detonatori, salvandolo dalla distruzione.

Negli anni cinquanta del secolo scorso durante le ricostruzioni dei palazzi e dei ponti distrutti, alla metà del ponte venne eretto un busto di bronzo di Benvenuto Cellini dai commercianti che hanno li le loro botteghe, anche lui come loro grande orafo. Il busto e circondato da una cancellata per proteggerlo da eventuali danni. Da molti anni si è creata l’usanza di attaccare alla cancellata dei lucchetti, messi dai fidanzati, dopo gettano nel fiume la chiave significando che il loro amore durerà per sempre.

Il ponte è stato protagonista negli anni novanta di un evento. E’ stata stipulata simbolicamente la pace fra i Beccai (macellari) e gli Orafi, con la consegna da parte dei primi di una chiave con la quale di notte un tempo veniva chiusa una porta al calare del sole.

Ogni anno inoltre, il ventitre maggio, a ricordo dello spargimento in Arno delle ceneri del Savonarola e dei suoi confratelli, il Comune rinnova il lancio di petali di rosa a ricordo del martirio dei tre frati. Vi partecipa il Sindaco con il Gonfalone, i frati del convento di San Marco e il Corteo della Repubblica Fiorentina.

Con tutti gli anni che si porta addosso, il nostro ponte è stato chiuso al traffico veicolare, divenendo pedonale. L’ultima grande alluvione quella del 1966, a messo a dura prova la sua resistenza. Le ondate della piena lo hanno sommerso scavalcandolo, passando attraverso le botteche degli orafi, ma non è crollato anche se ha sofferto violenti urti dai tronchi e le masserizie che l’acqua si portava con se. Sono passati molti anni, il ponte più amato dai turisti e dai fiorentini, è stato restaurato e rinforzato. Gli orafi hanno rimesso a nuovo le loro caratteristiche botteghe che lo reso unico al mondo e dal quale si gode un panorama indimenticabile.

Alberto Chiarugi

Ponte Vecchio, dall’inizio di Fiorenza.
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