ZINGARATE ALLA AMICI MIEI

Le burle ai malcapitati e ai contadini: 1° parte Pievano Arlotto Mainardi
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 2° parte Bruno e Buffalmacco
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 3° parte lo scherzo dell’orsa
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 4° parte Filippo Brunelleschi Lapi

Un altro personaggio realmente esistito, è stato il pittore Giovannozzo di Pierino, nato a Firenze in un giorno e un anno del XIV secolo imprecisato. Il soprannome “Calandrino” glielo da Giovanni Boccaccio, facendolo diventare il protagonista del suo Decameron, la raccolta di novelle scritte da lui durante la peste del 1348. Il soprannome che gli dà, è il diminuitivo del nome di un uccello il “Calandro” dell’ordine dell’allodole, uccello considerato dal popolo balordo. Ecco che nasce il popolano sciocco e credulone, e cattivo, che si ritiene molto furbo, ma viene immancabilmente la sbeffeggiata vittima degli scherzi architettati a suo danno dai suoi amici Bruno e Buonamico di Martino detto “Buffalmacco” ambedue pittori.

Nella novella dell’”Elitropia”, entra in scena un altro personaggio: Maso del Saggio. Grande affabulatore, racconta tante bugie, tra le quali svela al credulone l’esistenza di una pietra magica l’“Elitropia”, la cui proprietà principale è quella di far diventare il suo possessore invisibile. Calandrino credendo a queste parole, comincia a fantasticare di arricchirsi a spese dei “cambiatori” rubando loro le monete dal banco. Al massimo della eccitazione, propone ai suoi amici Bruno e Buffalmacco di aiutarlo nella ricerca della mirabolante pietra dalle magiche proprietà. Pertanto si uniscono a lui gustandosi la possibilità di beffarlo e farsi due risate alle sue spalle.

Maso del Saggio, non gli ha dato notizie certe sulla mirabolante pietra, pertanto tutti e tre si recano sul greto del Mugnone per iniziale la ricerca. Dopo avergli fatto riempire le tasche di pietre, i due amiconi con la scusa di non vederlo più, gli tirano addosso delle pietre senza colpirlo essendo diventato invisibile ai loro occhi. Tutto felice si avviò verso casa. Arrivato venne violentemente redarguito dalla moglie, perché era arrivato tardi per il desinare. Il credulone vistosi scoperto, la picchia violentemente per avergli rotto l’incantesimo. Poi va in giro a cercare i suoi amici, e quando li trova li racconta quanto è accaduto. I due gli spiegano della facoltà delle donne di rovinare tutto quello che fanno i maschi. Lo consolano e gli fanno promettere di non battere più la povera donna.

Un’altra novella in cui è protagonista Calandrino, è quella del furto del porco. Il nostro possiede un piccolo podere non lontano da Firenze, dal quale ogni anno fra le altre cose riesce a tirare su un porco. Così ogni anno nel mese di dicembre, vi si recava con la moglie ad ammazzare e salare il porco. Bruno e Buffalmacco vengono a sapere della malattia della moglie, costretta a letto e a non poter seguire il marito al podere. Giunti nelle vicinanze del podere, si recano da un prete loro amico lo mettono al corrente di quello che vogliono fare, tirandoselo dalla loro parte e attendono il momento per poter raggirare il loro sciocco amico.

Quando andarono a trovarlo, aveva già ucciso e salato il maiale. Tutto contento fece vedere ai tre visitatori quanto era stato bravo e quanto era bella la bestia macellata. I tre gli consigliarono di vendere il maiale e di godersi tutti insieme il ricavato dalla vendita. Calandrino non ascolta il suggerimento temendo l’ira della moglie, e la paura di essere cacciato di casa. Bruno e Buffalmacco lo invitano ad andare a cena con loro, con la promessa di far pagare tutto al prete. Dopo una lauta mangiata e le molte libagioni, Calandrino si congeda dalla compagnia dicendo di andare a dormire. Arrivato a casa ed essendo molto ubriaco va a letto dimenticandosi di chiudere la porta. Durante la notte i tre burloni, entrano in casa prendono il maiale e lo nascondono nella casa del prete.

La mattina passata la sbornia quando si svegliò, si accorse che il maiale non c’era più. Uscì di casa piangendo e urlando e domandando a chi incontrava se sapevano chi era stato a rubargli il maiale. Bruno e Buffalmacco sentendo le grida di dolore di Calandrino, gli si fanno incontro e si fanno raccontare quanto era accaduto. Poi gli consigliano di urlare più forte per far sapere a tutti del furto. Il meschino in lacrime, andava dicendo che il suino era stato realmente rubato.

Ad un certo punto Buffalmacco disse che se veramente il suo animale era stato rubato, sapeva come fare a scoprire il ladro. Il malandrino non era venuto da lontano ma, era stato uno dei suoi vicini. E se lui riusciva a radunarli, li avrebbe fatto l’incantesimo del pane e del cacio. Bruno obiettò dicendo che i suoi vicini, sapendo del furto poteva essere stato fatto da uno di loro e conoscendo l’incantesimo non si sarebbero presentati.

Disse che si sarebbe recato a Firenze nella bottega di uno speziale suo conoscente, per farsi preparare delle gallette di zenzero e acquistare un fiasco della migliore Vernaccia, e con quelle un incantesimo uguale a quello del pane de del cacio. Poi si fece dare tutto quello che Calandrino aveva nella saccoccia: 40 Soldi, e si incamminò verso Firenze. Arrivato alla bottega del suo amico speziale, si fece preparare di libbre di zenzero di cane, mescolate con aloe fresco e zuccherate. Per non confonderle con le altre ci fece fare sopra un segnetto, poi acquistò una libbra di galle normali e un fiasco di Vernaccia del tipo migliore e ritornò alla campagna.

Tornato in campagna alla casa di Calandrino, lo pregò di radunare per l’indomani mattina tutti i contadini, sicuro che sarebbero venuti tutti essendo giorno di festa. Poi gli promise che insieme a Buffalmacco, quella notte stessa avrebbe fatto l’incantesimo, e dicendoli quello che avrebbe detto e fatto. La mattina seguente si radunarono intorno all’olmo davanti alla chiesa, dei giovani fiorentini lì in vacanza e i contadini. Poco dopo giunsero Bruno e Buffalmacco con le gallette e la Vernaccia, spiegando quello che avrebbero detto e fatto.

Bruno spiegò ai presenti quello che andava a fare. Era stato rubato un porco a Calandrino, e non sapendo chi fosse stato, sospetta sia stato uno dei presenti. Vi saranno date ad ognuno delle “galle” (fatte con il Gengiovo – lo Zenzero) e da bere dell’ottima Vernaccia. Dovete sapere che l’autore del furto non riuscirà ad inghiottire questa pillola. Gli sembrerà più amara del veleno. Il colpevole prima di iniziare questa prova, si sentirà scoperto e dovrà confessare il suo peccato al parroco della chiesa anche per evitare di fare una figuraccia davanti a tutti.

Tutti i presenti dissero che avrebbero preso volentieri la pillola. Bruno li mise tutti in fila, inserendoci anche Calandrino, e iniziò la distribuzione. Quando gli arrivò davanti, gli mise in mano una galletta di cane. Subito se la mise in bocca e iniziò a masticare, ma sentendola amara, la sputò. Gli altri si guardavano l’un l’altro per vedere la faccia di quello che l’avrebbe sputata. Bruno intanto, aveva visto Calandrino sputare la galla, e per sicurezza gliene diede un’altra. Il poveretto la mise in bocca, ma la sentì più amara di quella avuta in precedenza. Iniziò a masticarla un poco iniziando a piangere.

Tutti i presenti intanto avevano iniziato a bere il vino. Come videro quello che faceva il meschino, dissero a voce alta che il maiale se lo era rubato, e lo sgridarono aspramente. I tre amici rimasero soli. Bruno e Buffalmacco dissero che Calandrino aveva rubato il maiale, e con i soldi ricavati dalla vendita, non gli aveva neanche offerto da bere, benché ne avesse ripagato almeno sei fiorini. Il poveretto si disperava, e diceva di non essere lui il ladro. I due compari lo redarguirono e gli dissero di essere molto stanchi l’incantesimo, e gli dissero di non dire niente di quanto accaduto a Monna Tessa. Il poveretto intuendo di non essere creduto, diede ai due furbacchioni una coppia di capponi, oltre al maiale rubato in precedenza.

Il duo una ne pensava una ne faceva, sempre in danno del loro credulone amico. Cosicché quando Calandrino ricevette alla morte di una zia la somma di lire 200, subito lanciarono la proposta di spendere quella cifra facendo bisboccia. Ma l’altro diceva di impiegare quei denari per acquistare un podere. Andava a trattare con i sensali come se avesse avuto una grossa somma da spendere. Così quando gli comunicavano il prezzo, molto superiore alle sue possibilità, si ritirava dalla trattativa con una scusa.

Bruno e Buffalmacco a conoscenza di questa manfrina, gli rinnovavano la proposta di godersi quei denari insieme a loro. Ma l’altro non demordeva dalla sua idea. Finché un giorno i due compari parlando con un loro amico a nome Nello, gli raccontarono di quello che andava facendo Calandrino e lamentandosi con l’amico di non aver avuto offerta neanche una bevuta. Si trovarono d’accordo nel trovare un sistema per carpirgli quei denari e farsi una bella mangiata, e organizzarono una beffa ai danni del meschino.

La mattina seguente, mentre Calandrino usciva di casa, incontrò Nello che, senza tanti preamboli gli chiese se durante la notte avesse avuto qualche disturbo, perché aveva una cera che non gli piaceva. Calandrino cominciò a preoccuparsi, mentre ripensava alla notte appena trascorsa. Strada facendo incontrò Buffalmacco, anche lui gli domandò cosa aveva, perché aveva un aspetto che non gli piaceva. Calandrino rispose che poco prima aveva incontrato Nello, anche lui gli aveva fatto la stessa domanda, ma gli aveva risposto di non aver niente e di sentirsi bene. Ma questo insistette dicendo che aveva un aspetto da mezzo morto. Preoccupato iniziò a sentirsi la febbre. In quel mentre arrivò Bruno, che prima di tutto gli disse che aveva un brutto aspetto. A queste parole il malcapitato, si convinse di essere ammalato, e chiese agli amici di accompagnarlo a letto, e li pregò di chiamare Mastro Simone il medico.

Tutti insieme si avviarono verso la casa di Calandrino. Quando arrivò disse a sua moglie di preparargli il letto, non si sentiva bene e voleva coricarsi, poi di coprirlo perché aveva molto freddo. Poi chiamò la servetta e la mandò da Mastro Simone. Quando il medico avvisato del piano da Bruno, se tutto andava bene si sarebbero fatti con i soldi del malcapitato una ricca mangiata, ricevette la servetta le disse di tornare al capezzale di Calandrino, dicendoli di mettersi a letto coprendosi bene. Poi lui sarebbe passato a visitarlo.

Poco tempo dopo il medico giunse alla casa dell’ammalato, si avvicinò al letto gli prese il polso in mano, lo scrutò attentamente in volto, e con voce grave spiegò agli amici e alla moglie di non avere lui nessun malanno, ma era solamente gravido. Udite queste parole il poveretto si rivolse alla moglie dicendole: Tessa hai visto cosa hai combinato con la tua smania di voler stare sopra di me quando facciamo l’amore. La poveretta sentito quello che aveva detto il marito, era diventata tutta rossa in volto e aveva chinato il volto per la vergogna. Intanto Calandrino si lamentava dicendo: come partorirò questo figlio? E da dove uscirà? Ti darei tante mazzate per averti fatto giacere sopra di me. I tre amici si trattenevano a stento dal ridere, mentre mastro Simone rideva a crepapelle. Poi il medico disse al paziente, di non sgomentarsi perché per fortuna si era accorto subito della gravidanza ancora all’inizio, e con la sua scienza avrebbe potuto rimettere a posto il suo corpo. Però per acquistare la medicina avrebbe dovuto spendere molto.

Il malcapitato terrorizzato si rivolse a Mastro Simone con queste parole: Possiedo la somma di 200 lire ricevute in eredità, volevo acquistare un podere. Prendetele e se occorre spendetele tutte. So che le donne quando partoriscono, sentono molto dolore e urlano a pieni polmoni. Io non resisterei e certamente morirò! Il medico parlò con voce tranquilla e suadente: Dai a ciascuno di loro, indicando i due amici, 5 lire per comprare tre paia di capponi e altre cose, occorrenti per preparare la bevanda che io ti darò. Dovrai bere un bel bicchierone tutte le mattine, se seguirai scrupolosamente le mie indicazioni guarirai, e di quanto accaduto non ne avrai né conseguenze né ricordo.

Dette queste parole se ne andò, preparò una innocua bevanda, e per tre mattine di seguito gli mandò a casa da bere. L’ammalato bevve senza sospettare niente. Intanto i tre furboni, con i tre capponi e altre cose acquistate, fecero un buon pranzo, grazie ai soldi sottratti con astuzia a Calandrino. Allo scadere dei tre giorni di cura, Mastro Simone accompagnato dai suoi amici tornò da Calandrino per visitarlo. Gli prese il polso in mano, fece finta di controllate le pulsazioni, gli scrutò il volto con attenzione e con voce solenne annunciò: Sei guarito! Hai seguito alla lettera quello che ti avevo ordinato di fare. Adesso puoi alzarti dal letto, uscire e fare quello che vuoi. Udite queste parole l’ammalato, si alzò dal letto, si vestì, uscì di casa tutto felice, e raccontò a tutti quelli che incontrava quanto era bravo Mastro Simone, in soli tre giorni lo aveva guarito dalla sua malattia.

Alberto Chiarugi
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 2° parte Bruno e Buffalmacco

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