““Non smettere mai di prestare attenzione a ciò che ti circonda, non dare mai nulla per scontato e non aggrapparti a delle convinzioni.” E’ la frase che mi ha seguito fin da subito, detta e ripetuta da coloro che nel passato sono stati i tutori della mia formazione professionale. Poi, ho scoperto e fatta mia una frase di Albert Einstein che ho eletto a premessa di quello che leggo, scrivo, faccio.

“Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.”

(Biblioteca Nazionale Centrale – Firenze)

Ho scelto consapevolmente questa immagine come premessa ad un articolo che prevede un elenco, nemmeno tanto lungo, di parole e modi di dire che spesso, io per primo, utilizziamo senza conoscerne la storia generalmente curiosa. Secondo calcoli approssimativi, le variabili posso essere diverse, gli esperti hanno evidenziato che il numero totale delle parole della lingua italiana dovrebbe essere compreso da un minimo di 210mila per arrivare a circa 260mila, mentre è stato calcolato che sono 47mila parole per il lessico comune, di cui 6.500 sono quelle considerate appartenenti al lessico di base, quelle che tutti dovrebbero conoscere.

Non dovete preoccuparvi! La mia curiosità si è, almeno per ora, fermata a qualche decina, quelle che per chissà quale ragione, mi sono sembrate le più curiose.

PAROLE OBSOLETE? BUONO A SAPERSI!

Bacchetta magica Credo che ciascuno di noi si sia espresso, in maniera spesso risentita, a chi ci chiedeva di risolvere velocemente un problema di non facile soluzione. La bacchetta magica o fatata era rappresentativa della verga che maghi e fate utilizzavano per compiere i prodigi più diversi. La bacchetta per avere questi poteri doveva essere tagliata da un albero di “avellano”, il Nocciolo, il cui legno è molto flessibile, elastico e leggero, all’alba di un giorno di giugno, utilizzando una lama che non fosse mai stata usata, recitando formule speciali. La parte tagliata doveva essere pulita con la stessa lama ed immersa in un ruscello dove scorreva acqua limpida, sempre recitando formule magiche. Perché non provare!

Bagonghi Nel passato questo pseudonimo veniva utilizzato per indicare i nani che lavoravano nei circhi. Nel linguaggio comune può essere scherzosamente usato nei confronti di una persona di bassa statura che tende a rendersi ridicola, pavoneggiandosi per meriti che non ha o affrontando argomenti di cui sa poco o nulla. Nella cultura dialettale livornese, la espressione “Pari Bagonghi” indica una persona che indossa abiti troppo larghi, con maniche troppo lunghe tanto da renderlo goffo, con riferimento ai costumi di scena dei pagliacci del circo.

Boccon del prete Il culo della gallina, a tavola, era la parte riservata ai ghiottoni, categoria che nel passato si attribuiva ai preti. La storia (?) ne dà una versione diversa. La gallina è nota per essere sempre pronta a beccare e ad espellere quanto assorbito. La parte del corpo in questione sembra essere in continua attività. La credenza popolare vuole che chi mangia questa parte sviluppi una particola facilità di parola e, per questo, veniva riservata al prete, che per predicare, doveva avere una “fluente” parlantina.

Buffa E’ il cappuccio della nera veste con cui i volontari della Misericordia facevano anticamente servizio. Ha solo due fori all’altezza degli occhi. E’ indicativa dell’anonimato imposto alle Opere di Misericordia e serviva per coprire il volto in modo che chi riceveva l’aiuto non sapesse chi lo prestava. Sull’’origine del nome esistono diverse opinioni tra queste quella che sembra avvicinarsi alla realtà (?) si riferisce al nome della visiera mobile dell’elmo che copriva il volto dei cavalieri impegnati nei tornei od in battaglia. Oggi l’intera veste è utilizzata solo in occasioni di eventi speciali.

Càntera Piccolo mobiletto del passato posto in un canto (angolo) della camera da letto, dove veniva riposto il “vaso da notte” in modo che si potesse usare in caso di impellenti necessità notturne, soprattutto nei mesi più freddi. Da ricordare che nelle case di città mancava il riscaldamento mentre nelle case di campagna la latrina (gabinetto) era posta all’esterno.

Cerchio delle streghe Disposizione in cerchio di una specie di funghi prataioli (Psalliota campestris) nei prati. La credenza popolare narra che questi funghi nascano dove i passi delle streghe hanno calpestato il terreno, danzando, in cerchio, nella notte. Per questo in molti luoghi sono non sono considerati mangerecci.

Curiosità Una definizione particolarmente significativa di uno scrittore spagnolo, Carlos Ruiz Zafon. “La gente mette il becco dappertutto. L’uomo non discende dalla scimmia bensì dalla gallina.”

Filiferi Antiche compagnie di bevitori che a Firenze ed in altri paesi della Toscana, nel passato, per evitare di pagare la tassa sull’alcol o le requisizioni dei gendarmi, sotterravano le bottiglie dopo aver legato il collo di ciascuna con il fil di ferro. Passata la paura, chi le aveva nascoste, le riportava alla luce, tirando il capo del filo di ferro che affiorava dal terreno.

Monachine Erano le piccole scintille che si staccavano dal fuoco e salivano lungo la cappa dei vecchi camini. Se rimanevano sfavillanti per poco tempo, era imminente la pioggia mentre indicavano neve e gelo se questo sfavillio si protraeva per più tempo.

Sputi delle streghe Il fileno spumario è un insetto presente nei prati, le cui larve dopo aver succhiato la linfa delle piante erbacee, si circondano per proteggersi di una schiuma bianca, sgradevole alla vista. La credenza popolare pensando fosse saliva, ha indicato nelle streghe l’essere misterioso che passando aveva lasciato solo questa traccia.

Trabiccolo Mentre il prete popolarmente più conosciuto aveva una struttura affusolata alle estremità il trabiccolo toscano aveva una intelaiatura di legno a forma di cupola e, al centro veniva il veggio, scaldino di coccio dove sopra un letto di cenere mischiate alla brace “incendiata” non fumante. Generalmente utilizzato per scaldare il letto o piccola biancheria.

Ventarola E’ sinonimo regionale di banderuola, oggetto di varia forma che posto su gli edifici, gira al soffiare del vento. Indica anche alcuni tipi di ventagli mentre in araldica è preferito, nella descrizione degli stemmi con torri e/o edifici, al termine banderuola.

Verme del dente. Nel medioevo si tendeva a credere che la carie di un dente si sviluppasse per colpa di un verme roditore. La strada più sicura per “guarire” era considerata quella di un miracolo mentre Plinio il Vecchio storico e studioso vissuto ai tempi dell’eruzione del Vesuvio raccomandava curarsi con un bruco di cavolo o con un tarlo del legno che «posto nella cavità di un dente ammalato lo fa cadere». Nei secoli, non si contano gli scrittori, i medici e le persone colte che dessero credibilità alla teoria del verme tanto che, nonostante la chiarezza scientifica, la medicina popolare ha continuato a “combattere” il verme dei denti fin quasi ai giorni nostri.

Zana Una cesta fatta di sottili stecche d’ontano o d’altro legno intrecciate veniva utilizzata sai soccorritori della Misericordia per trasportare fin dal 13mo secolo morti e malati. Oppure, era una culla, sostenuta da due supporti di legno convessi, per poter esser fatta dondolare anche con un piede. Generalmente usata dalle contadine che, così potevano fare altri lavori domestici. “… Senti: una zana, dondola pian piano” (Giovanni Pascoli).

Zinganetta Una forma teatrale tipologicamente assimilabile alla farsa campestre che si canta e si recita all’aperto in Toscana, dialogata in rima e/o in prosa in parte musicata con accompagnamento di fisarmonica. Nel passato era una forma di spettacolo itinerante finalizzato ad “elemosinare” offerte, soprattutto in cibo. Veniva rappresentata nelle grandi cucine coloniche, nelle aie o nei grandi spazi delle fattorie durante il periodo del carnevale.

Alessandro Nelli

Parole obsolete, curiosità
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Un pensiero su “Parole obsolete, curiosità

  • 26 Aprile 2021 alle 0:23
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    Mi sembra troppo poco solo 260.000 le parole totali della lingua italiana. C’è da dire infatti che delle volte una situazione, un oggetto o altro si possono dire usando sinonimi o modi di dire. La nostra lingua italiana è ricchissima di vocaboli, di aggettivi, di verbi, non so se è la più ricca di tutte le lingue o seconda allo spagnolo. Per dire questo hai consultato l’Accademia della Crusca? (Ho paura di si, comunque quello che ho scritto lo penso veramente.)
    Per quanto riguarda le parole “obsolete” che hai preso in considerazione su 14 parole ne conosco solamente 7, la metà. Più esattamente bacchetta magica, boccon del prete, buffa (purtroppo per me – ci sarebbe una storia da raccontare a questo proposito), càntera, cerchio delle streghe, trabiccolo e prete, zana (per via del Pascoli). Per l’ultima parola Zinganetta che mi piacerebbe moltissimo ascoltare, c’è differenza con la “maggiolata” di cui appunto i “maggiaioli” erano gli autori? In questo momento mentre chiudo questo mio commento mi sono resa conto che esistono molte parole per dire probabilmente la stessa cosa come scrivevo sopra. Saluti.

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