Sembra che il capostipite di questa famiglia, sia un Lottario o Lottaringo, sceso in Italia nell’anno 998 al seguito dell’Imperatore Ottone III di Sassonia, re dei Franchi Orientali. I Lotteringhi nel 1200 abitavano nei pressi di una “stufa” (antiche terme romane di Firenze). L’appellativo “stufa” venne aggiunto in seguito al cognome; Lotteringhi della Stufa.
Furono iscritti nell’Arte dei lanaioli “del Garbo” l’Arte della Lana dal XIII secolo e in seguito dei setaioli. Un appartenente alla famiglia: Cambio della Stufa fu combattente a Montaperti, nella sfortunata battaglia che si svolse sulle rive del fiume Arbia, nelle file dei Guelfi fiorentini contro i Ghibellini Senesi. Da suo figlio Lotteringo, nacque Ugo Giureconsulto. Un altro Ugo figlio di Lotto assalì i palazzi dei magnati nel 1343 al tempo della cacciata del tiranno Gualtieri di Brienne, riuscendo in seguito con il loro aiuto a cacciarli dalla città.
Giovenco di Ugo giurisperito (esperto di diritto, giurista, giureconsulto), difese la Signoria dall’assalto dei Ciompi. Ricevette come ricompensa per il suo intervento il “Cingolo di cavaliere” (cintura di cuoio o di stoffa annodata o chiusa con una fibbia sul davanti), nel 1381. Contribuì alla conclusione della pace fra le città di Pistoia e Lucca. Suo fratello Andrea partecipò nel 1384 alla compra della città di Arezzo da Carlo di Durazzo. Prese parte alle trattative con la Repubblica di Venezia a difesa dei Carraresi, alla guerra contro Gian Galeazzo Visconti del 1398. Nell’anno 1406 prese parte all’organizzazione del dominio di Firenze su Pisa. Ugo figlio di Giovenco fu molto amico dei pisani, che lo vollero come loro Podestà. Nel 1409 si recò da Ferdinando di Napoli e ne divenne un ascoltato consigliere, morì nel 1480. Angelo di Lorenzo fu persona molto influente nel XV secolo, ricevette incarichi delicati dalla Repubblica Fiorentina: ambasceria presso il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, dal quale venne insignito del titolo di cavaliere “spron d’oro”.
Suo figlio Luigi fu intimo della famiglia medici, legato a loro da vincoli di parentela matrimoniale. Dopo la congiura dei Pazzi con l’uccisione di Giuliano, fece parte del gruppo di cittadini, impegnati nella protezione di Lorenzo. Si iscrisse giovanissimo all’Arte della Lana, iniziando nel contempo la carriera politica, emergendo nell’attività diplomatica. Nell’anno 1486, il Magnifico Lorenzo mandò in Egitto Paolo da Colle, per avviare relazioni economiche fra le due città. Alla morte di Paolo da Colle, il Sultano Mamelucco d’Egitto Qa’it Bey (nome completo arabo Saif Al-Din Qaytbay Al-Mahmud Al-Asharafi Al-Zamiri), volle continuare le trattative, inviando a Firenze un suo ambasciatore, per sottoporre alla Signoria una bozza di accordo commerciale. Con l’accettazione dei capitoli dell’accordo commerciale, il Della Stufa venne inviato in Egitto, per informare al suo ritorno i Consoli sull’accordo, portare al Sultano i regali di Lorenzo e della Signoria, ringraziandolo per aver inviato in regalo al Medici un leone e una giraffa.
Un altro appartenente alla famiglia Prinzivalle fu un accanito sostenitore dei Medici, congiurò nel 1510 contro il Gonfaloniere a vita Pier Soderini supposto tiranno. Il complotto fallì per una soffiata ricevuta dalle autorità repubblicane, che attribuirono l’idea della cospirazione al Cardinale Giovanni de Medici. Il piano prevedeva che dopo la morte del Soderini per mano del Della Stufa, Marcantonio colonna al comando di un gruppo di armati, doveva entrare in città per preparare il ritorno di Giovanni. Pandolfo venne protetto in Francia dalla regina Caterina de Medici. Ricevette cariche onorifiche dalla corte francese, ma venne cacciato quando rivelò a Cosimo I° i piani per la guerra di Fiandra. Nella battaglia di Montalcino contro i senesi, ricevette dal duca il comando delle truppe fiorentine.
Il figlio di lui Pandolfo intraprese la carriera ecclesiastica divenendo cappellano maggiore del Granduca Ferdinando II de Medici. Dal quale ricevette nel 1632 il marchesato. La line primogenita si estinse nel 1667, quando Domenico Andrea passò il “fidecommesso” (disposizione testamentaria, per la quale l’erede designato, è obbligato a conservare l’eredità, e passarla tutta o in parte, ad un altro componente della famiglia) a Ugo di Gismondo del ramo di Gismondo di Agnolo.