ZINGARATE ALLA AMICI MIEI
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 1° parte Pievano Arlotto Mainardi
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 2° parte Bruno e Buffalmacco
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 3° parte lo scherzo dell’orsa
Le burle ai malcapitati e ai contadini: 4° parte Filippo Brunelleschi Lapi
Firenze nel corso dei secoli, è stata conosciuta nel mondo, durante il Rinascimento, come la “piccola Atene” d’Italia per il concentramento di artisti a lavorare per edificare, abbellire palazzi e chiese per i loro committenti. Ma anche per i prodotti del suo artigianato conosciuti in ogni dove.
C’è anche una caratteristica che contraddistingue i suoi cittadini dagli altri abitanti d’Italia. La lingua e lo spirito ameno e scanzonato, sempre pronti a farla saettare e colpire il malcapitato con scherzi atroci. La maggior parte fatti al popolo, ma anche a personaggi insospettabili e molto importanti, addirittura preposti alla guida politica della città. E talvolta a preti, cavalieri, Re, Imperatori e Papi.
Un personaggio molto famoso per la sua vita vissuta sopra le righe, non è immaginabile che questi scherzi e motteggi fossero fatti da un sacerdote, conosciuto con il nome di “Pievano” Arlotto Mainardi (aveva la sua plebania a San Cresci a Macioli vicino a Pratolino). Un episodio racconta che, l’Arcivescovo Antonio Pierozzi, venuto a conoscenza della sua vita sregolata, e della passione per la buona tavola per il vino, e la frequentazione di compagnie non adatte ad un prete. Volle invitarlo a pranzo alla sua mensa, con lo scopo di riportarlo a mangiare un pasto frugale più adatto ad un sacerdote. Purtroppo il “Pievano” aveva l’abitudine di ospitare alla sua tavola molti suoi amici. Cosicché l’Arcivescovo lo liberò dall’invito e alla compagnia dei suoi compari.
Si racconta anche di una burla fatta e ben riuscita dal Pievano ai frequentatori di una osteria situata nel paese della Consuma. Tutto ebbe inizio in una notte, di ritorno dal Casentino. Una burrasca di pioggia e neve lo aveva investito per strada, ed ora bagnato, infreddolito e affamato, cercava un riparo dove passare la notte, dormire, riscaldarsi ed eventualmente mettere nello stomaco qualcosa di caldo. Trovata una osteria vi entrò per mettersi al riparo, ma il locale era strapieno di viandanti che come lui cercavano un riparo per salvarsi dalla tempesta.
Notata l’impossibilita di avvicinarsi al camino per scaldarsi al fuoco, e sedersi per mangiare, non ci stette a pensare tanto. Si avvicinò all’oste e parlando con tono amichevole al suo orecchio, gli disse di aver perso nella tempesta una borsa contenente 14 lire e 19 fiorini, somma ricevuta in elemosina per i suoi parrocchiani. I presenti continuarono a scaldarsi, facendo finta di non aver prestato orecchio a quello che veniva detto, poi un poco alla volta uscirono alla ricerca della borsa. Così finalmente Arlotto poté sedersi accanto al fuoco per scaldarsi e mangiare. L’oste colpito dalle parole del prete, non gli fece pagare niente e gli offrì di dormire per quella notte al coperto.
Ci sono detti popolari entrati nel modo di parlare di tutti i giorni: essere come la bandiera del “Pievano” Arlotto, fatta di pezze rubate: un altro detto avvisava i presenti di ricevere la benedizione del “Pievano Arlotto”. Si narra di una benedizione data al popolo presente ad una messa, fatta con l’aspersorio pieno d’olio anziché di acqua benedetta. Divenuto anziano si ritirò nell’ospizio per vecchi parroci detto “Dei pretoni” dove si trova ancora oggi sull’angolo delle odierne vie Degli Arazzieri e San Gallo, con il nome di Oratorio di Gesù Pellegrino o dei “Pretoni”. E lì organizzò un’ultima burla. Sulla lastra tombale per la sua sepoltura fece incidere la seguente frase: Questa sipoltura ha fatto fare il “Pievano” Arlocto per se e per tucte quelle persone le quali drento entrare vi volessino.
Il Pievano Arlotto, credevo che fosse una persona inventata dalla fantasia della mia nonna che abitava in campagna, anche dalla mia mamma delle volte ho sentito questo nome, comunque pensavo fosse n personaggio di fantasia. Qualche anno fa ero con una mia amica all’angolo con Via S. Gallo, si doveva andare a vedere un Cenacolo, questo era chiuso ed io vedendo quella chiesa che non avevo mai visitato prima, proposi di andarla a vedere. Anche la chiesa era chiusa e curiosa mi misi a leggere il cartello che era fuori per sapere le bellezze che conteneva. Rimasi di stucco quando lessi che lì era sepolto il Pievano Arlotto e di quello che aveva fatto scrivere sulla sua tomba. Non credevo ai miei occhi e soprattutto ci rimasi male di non aver creduto alla mia nonna e alla mamma. Dopo naturalmente mi sono documentata ed ho letto anche il libro che è stato scritto su di lui. Se pensate che è vissuto all’epoca di Lorenzo de’ Medici ed ancora se ne parla, vuol dire che doveva essere veramente un personaggio straordinario. Burle, facezie e motti ne faceva a iosa però nel libro si racconta che era molto amato dai suoi parrocchiani perchè delle decime che gli dovevano (all’epoca erano tutti contadini), lui prendeva lo stretto indispensabile e il resto lo ridistribuiva a loro, specialmente a quelli più poveri.