Il grande crac finanziario che mise in ginocchio Firenze.

L’origine del cognome Bardi, potrebbe derivare dai nomi “Bardus” o “Pardus”, molto diffusi nell’Alto Medio Evo. Oppure il soprannome del capostipite (dal nome ignoto) di origine Longobarda. I Bardi sicuramente furono una antica famiglia magnatizia, proveniente da Ruballa, paese del territorio dell’Antella, si inurbarono in Firenze nel XII secolo. Le case della famiglia si trovavano in Oltrarno nella via che porta oggi il loro nome via dei Bardi.

Parteciparono alla politica cittadina dall’istituzione del priorato nel 1282. Bartolo di Messer Iacopo fu uno dei primi Priori, seguito da Ridolfo di Bartolo di Messer Iacopo fece parte dei Sei preposti all’alleanza con Venezia del 1336 per fermare l’espansionismo di Mastino della Scala signore di Verona. Ancora Ridolfo fu nei quattordici fiorentini che presero le redini del governo cittadino dopo la cacciata del tiranno Gualtieri di Brienne. Piero di Messer Gualterotto nel 1340 tentò di volgere Firenze contro gli Angiò e contro il papa Benedetto XII, ma non ebbe il successo sperato. Avendo i Bardi in odio gli Ordinamenti di Giustizia emanati da Giano della Bella nel 1293, sempre Piero ordì una rivolta magnatizia nel 1343, per tornare a governare la città, ma dovette difendersi dal popolo che attaccò i loro palazzi.

Gualterotto  di Messer Iacopo acquistò per sé il paese di Dicomano e per i figli Piero e Andrea, dagli Alberti, i castelli di Mangona e Vernio. Ma la Signoria obbligò Andrea a vendere al Comune Mangona e Piero a rinunciare a Vernio. Il castello di Vernio venne restituito ai Bardi dal duca Gualtieri di Brienne, durante il suo governo. La politica della famiglia fu suggerita dagli interessi della grande Compagnia bancaria chiamata con il loro nome. Era la più forte economicamente di tutte le altre Compagnie mercantili fiorentine fra la seconda metà del duecento e la prima metà del trecento. Ebbero filiali in Italia, oltralpe, e oltre mare, centri di scambi. Dalla chiesa l’incarico di raccogliere le decime pontificie in tutto il mondo.

La banca Bardi fu al servizio dei principi di Francia e Inghilterra, ricevendo in pegno per le forti somme elargite le corone reali e i dazi dei regni. I Bardi, con i Peruzzi, si unirono agli Acciajoli e agli Scali, per finanziale Carlo d’Angiò per combattere i Ghibellini, con la somma di 18.500 fiorini. Tutto andava per il meglio a queste Compagnie di banchieri, finché non accadde l’impensabile. Edoardo III re d’Inghilterra, chiese e ottenne dalla Compagnia Bardi Peruzzi, per combattere la Francia e assumerne la corona, per quella che sarebbe conosciuta in seguito per la lunga durata “La guerra dei Cent’Anni”, l’enorme somma di 125.000 sterline solo con la garanzia del suo nome. Tutto sembrava andare per il meglio, Edoardo stava vincendo, ma fece l’errore di proclamarsi re di Francia, credendo vicina la vittoria. Come stabilito alle scadenze pagava la somma stabilita con interessi altissimi, fin quando si rese conto di non poter restituire il prestito avuto, perché le sorti della guerra stavano volgendo al peggio e le spese aumentavano sempre più.

E venendo meno all’impegno preso con la Compagnia, smise di restituire quanto pattuito. E il debito non venne mai saldato.

I denari prestati e non restituiti, erano i risparmi di molti fiorentini, versati alla grande Compagnia. Ora i prestatori volevano riavere le somme versate con gli interessi pattuiti. Non potendo restituire quanto richiesto i Peruzzi, dichiararono banca rotta e patteggiarono con i creditori. I Bardi anche loro come i soci finirono in rovina, tentarono con un colpo di mano di assumere il comando del governo città, ma furono scoperti e costretti ad andare in esilio.

Alberto Chiarugi

L’epoca dei banchieri Bardi a Firenze
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