Ferdinando I de’ Medici, dopo la morte del fratello Francesco I abbandonò l’abito talare per sposare nel 1589 Cristina di Lorena.

In occasione di tale matrimonio, vennero organizzati dei festeggiamenti tra i più sontuosi, alla cui realizzazione parteciparono i maggiori artisti del tempo, Bernardo Buontalenti per le scenografie e Camerata dei Bardi per l’impianto musicale.

Il mese di maggio 1589 accolse molte manifestazioni in onore di queste nozze: l’albero di maggio, il calcio in livrea, una caccia a leoni, orsi ed altri animali in Piazza Santa Croce, una mascherata dei fiumi, il corso al Saracino, la Naumachia nel cortile di Palazzo Pitti, ed altri ancora.

L’11 maggio, a Palazzo Pitti, nel cortile dell’Ammannati, la corte e il selezionatissimo pubblico degli ospiti internazionali si ritrovarono per assistere a un duplice evento: un combattimento alla ‘Sbarra’, ossia un torneo a piedi (come già era avvenuto esattamente dieci anni prima per le nozze del Granduca Francesco e Bianca Cappello), seguito da una Naumachia. 

Il combattimento alla sbarra era una sorta di corteo cavalleresco ad armi corte, contornato dallo spiegamento di coreografie e dalla sfilata di carri allegorici. La Naumachia era una simulazione di una battaglia navale, che di solito veniva rappresentata in un bacino naturale o artificiale. 

Nel caso di Ferdinando I, venne organizzata nel cortile di Palazzo Pitti; diciotto galee turche e cristiane di varie dimensioni e forme si affrontarono in un bacino d’acqua artificiale (il cortile, appunto).

Il pubblico osservava lo spettacolo affacciandosi dalle stanze del cortile. Il lato prospiciente il Giardino di Boboli, in corrispondenza della Grotta, era stato coperto da un apparato scenografico che mostrava “un castello, finto a modo di una inespugnabile fortezza, nel quale per guardia di esso stavano di molti Turchi.

In un primo momento era stato suggerito di allestire lo spettacolo acquatico in Arno, ma Ferdinando oppose un deciso rifiuto, preferendone la realizzazione in uno spazio ristretto, manifestando la volontà di limitare la possibilità di fruizione dell’evento spettacolare ad un’élite ristretta e controllata.

Le cronache dell’epoca riportano così l’evento:

Al cortile non poteva accedere “persona alcuna, se prima non mostrava il segno di Porcellana, che per tale effetto erano stati dispensati, e si passava per tre corpi di guardie, stando nella terza, ultima, il Serenissimo Gran Duca in persona, e in sua compagnia vi era l’Eccellentissimo Signore Don Pietro suo fratello, e altri Signori, ma alle Gentildonne Francesi, e Fiorentine, e anco alli Signori Francesi era libera l’entrata.

Nel Memoriale di Girolamo Seriacopi sono riportate accurate descrizioni delle enormi mobilitazioni che accompagnarono la preparazione dello spettacolo organizzato dal Buontalenti e vengono descritte accuratamente le soluzioni ideate per la sistemazione del cortile, che venne chiuso ermeticamente su tre lati da una staccionata ed impermeabilizzato da uno strato di bitume steso sul fondo per consentirne la trasformazione nel bacino in cui si affrontarono i “navicelli” delle squadre contrapposte.

Terminata la Sbarra, mentre gli ospiti erano all’interno del palazzo per la cena, “si riempié lo steccato d’acqua in altezza di circa cinque piedi, e per certe bocche entrò l’Armata al numero di diciotto vasselli tra piccoli e grandi […]: sendo detta Armata all’ordine con bellissima ciurma, dettero nelle trombe, tamburi, pive, nacchere, ed altri strumenti da guerra marittima, con sparare molti pezzi d’artiglieria, al quale romore i Principi abbandonarono la colazione, e ritornarono ciascuno a’ suoi luoghi (in realtà, si affacciarono alle balconate del Palazzo), restando attoniti, che in sì poco tempo si fossero fatte cose, che a molti non pareva più presto sognare, che fosse possibile essere vere.” 

L’intenzione era di far rivivere presso la corte fiorentina un genere spettacolare proprio dell’antichità classica e già entrato a far parte della tradizione europea, ma assolutamente nuovo per Firenze.

Per vestire i marinai della flotta cristiana furono commissionati ai sarti settantadue costumi “alla romana” contraddistinti da “maniche con cencennoni” e “cencennoni da cingere”, ossia bande di stoffa pendenti, da applicare alla vita e al giro delle maniche, sul modello dell’abbigliamento militare romano. 

Viceversa, per i marinai infedeli, gli abiti prevedevano settantadue berrettini con casacche e calzoni “alla greca”, mentre un imprecisato numero di “calzoni alla greca” fu assegnato anche ai figuranti dislocati “dentro la terra”, e cioè quelli chiamati a sostenere la parte dei difensori del castello.

Nonostante la battaglia si svolgesse in un ambiente chiuso, successivamente riempito d’acqua, Girolamo Seriacopi ci informa che furono utilizzati navicelli veri, per la maggior parte fatti costruire appositamente a Livorno, dopo che il progetto di riadattare vecchie imbarcazioni era stato sconsigliato da una perizia in cui si riferiva che “pigliando barchetti vecchi, oltre alla spesa per ridurli, non saranno più buoni, né volendoli rivendere, si troverebbe chi li volessi.

Gabriella Bazzani
A Palazzo Pitti si gioca a battaglia navale

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