Nasce il 27 settembre 1903 a Firenze e muore il 28 aprile 1945 a Dongo

Fiorentino, giornalista, politico, scrittore, ma Pavolini è più conosciuto per essere stato un gerarca fascista italiano. Ebbe cariche importanti tra cui essere Ministro della Cultura Popolare del Regno d’Italia e segretario del Partito Fascista Repubblicano. Nel 1922 partecipò alla Marcia su Roma, e nel 1929 divenne Federale di Firenze.

Siamo verso il tramonto del fascismo, l’Armistizio è già stato firmato, Pavolini cerca di salvare il salvabile, con il fiato sul collo dei tedeschi cerca di creare una sua polizia autonoma. Viene così costituita la Guardia Nazionale Repubblicana. Cessa l’esigenza delle Squadre del partito che teoricamente  sciolte sono trasformate in Squadre di Polizia Federale. Ma la confusione è tanta in questo momento storico, infatti il mese successivo arriva un contrordine. Siamo già nel 1944.

Come sottolinea Pavolini per volontà di Mussolini presso ogni federazione viene costituito un centro di arruolamento volontari al quale devono far parte tutti i fascisti repubblicani compresi tra i 17 e i 37 anni. I più anziani saranno destinati alla Guardia Nazionale Repubblicana.

Pavolini è un uomo ambizioso, porta un maglione nero con la zip fino al collo e sopra un pellicciotto. Per difendersi quando va in ispezione, tiene stranamente (non essendo mancino), la pistola sul lato sinistro.

Nato a Firenze è un ex bersagliere della classe 1903; scrittore di poesie e commedie, figlio di Paolo, un famoso indianista e orientalista accademico d’Italia. Ha realizzato due romanzi: “Giro d’Italia” e “Scomparsa di Angela”. È stato squadrista al tempo della Marcia su Roma, deputato del parlamento, volontario in Africa orientale, presidente della Confederazione dei Professionisti ed Artisti, Segretario della Federazione Fiorentina del Partito Nazionale Fascista, Ministro della Cultura Popolare. Ha fatto parte del clan di Galeazzo Ciano e ha diretto anche il Messaggero, il famoso quotidiano romano. È un fanatico squadrista ed è molto amico dei nazisti, Già negli anni ‘30 elogiava Hitler e la sua politica.

Renato Ricci

Da sempre contrapposto alla Democrazia Repubblicana, al Marxismo Comunista. Così come all’Internazionalismo Ebraico. Un suo odiato rivale è Renato Ricci, uno squadrista carrarese anche lui ex bersagliere Capo dell’Opera Nazionale Balilla e comanda la Guardia Nazionale. Probabilmente lo invidia perché ha in mano un comando armato e pensa che se avesse lui quel potere potrebbe essere un elemento attivo nella guerra. La sua polizia di partito ha infatti perso quel potere e questo controllo è passato sotto la Guardia Nazionale. Pavolini ha così perso la sua occasione d’oro, dunque tappandosi il naso stringe accordi con questo Renato Ricci.

L’accordo prevede che le sedi del fascio vengano sorvegliate e protette permanentemente da militi della Guardia Nazionale Repubblicana armata di moschetto e mitra, mentre i dirigenti del fascio dovranno provvedere ad istituire singole sedi con dormitori, refettori e servizi adeguati. Ma questo  sodalizio tra i due avrà breve durata. I fascisti non hanno le armi per imporsi politicamente e militarmente e per ottenerle hanno dovuto saccheggiare le caserme come hanno fatto già i partigiani. Dipendono sotto questo aspetto dai tedeschi, i quali però evitano accuratamente di rifornirli. Pavolini e Ricci tornano così ad essere rivali, mentre i tedeschi cercano di fermare le loro ambizioni personali.

Intanto Mussolini liberato da Campo Imperatore è diventato a tutti gli effetti un prigioniero illustre dei tedeschi, che lo tengono costantemente sott’occhio sul Lago di Garda, elegendolo come capo fantoccio della Repubblica di Salò. Intanto gli Alleati spingono su tutti i fronti. Questo è uno dei momenti più tristi dell’Italia che sprofonda in una cruenta guerra civile.

Pavolini continua a inseguire il sogno di un suo esercito personale, facendo pressione su tutti i capi di provincia per sapere quanti volontari possono raccogliere per formare le sue Compagnie della Morte. Arriva a sollecitare lo stesso Mussolini, che si muove per lui e gli fa ottenere ottenere un censimento degli uomini disponibili. Intanto gli Alleati sono sbarcati ad Anzio e lambiscono Littoria (Latina), la città orgoglio del fascismo. Mussolini spinge che questi volontari vengano mandati al fronte, ma i tedeschi se ne guardano bene, sanno di non potersi più fidare dopo l’armistizio firmato a tradimento dagli ex alleati. Mussolini allora spinge gli italiani al mito della “bella morte”, ma questi sono e rimangono impreparati, scarsamente equipaggiati e molti di loro si sono risvegliati dal sogno dell’ Italia fascista.

Dunque le Compagnie della Morte vengono ridotte a mero servizio d’ordine pubblico e finiscono per opprimere i loro stessi connazionali. Intanto Roma cade e Pavolini pensa di farne una città martire, da usare per rinvigorire i suoi fedeli sperando in una loro dura reazione. A questo punto Pavolini sa e teme una diserzione di massa dell’Esercito di Salò, gira mezza Toscana visitando le caserme delle Camicie Nere nella speranza che la sua presenza possa spronare e rinvigorire i suoi uomini. Con gli Alleati vicini, i partigiani si sono fatti più audaci e questo è il momento che Pavolini cerca di sfruttare per rianimare i suoi. I suoi proclami sono molto duri, da pugno di ferro, Pavolini chiede di nuovo aiuto ai tedeschi che continuano a glissare. Allora con circolari segrete dà ordine ai commissari federali e ai delegati regionali e provinciali di prelevare tutte le armi e le munizioni dei Carabinieri per armare i suoi. Al suo fianco c’è un caddetto ufficiale, tale Puccio Pucci, anche lui fiorentino, Segretario Generale e Commissario del CONI. Insieme si dedicano alle azioni contro I ribelli, ovvero i partigiani.

Mussolini si incontrerà con Graziani il Ministro delle Forze Armate che odia Pavolini e le Camicie Nere riuscendo a strappargli un decreto che istituisce Le Brigate Nere, che hanno come scopo principale lo stroncare il ribellismo. Diventeranno la mano armata del partito e un organo locale di polizia. Sono gli “Schwarzen”, come li chiamano i tedeschi i “Neri”… privi di qualsiasi esperienza militare, poco stimati dai tedeschi, si fanno portatori di una bandiera di onore che non però non hanno. Diventeranno dei semplici predoni che mostrano gradi inventati e divise raffazzonate. Camicia, un maglione nero su pantaloni grigio verdi alla zuava. Il distintivo che portano è quello di partito posto sul petto a sinistra, un’insegna macabra ripetuta anche sulla bustina. Ogni Brigata Nera porta il nome di un caduto per la causa fascista.

Intanto nel canavese Pavolini subirà un attentato e verrà colpito ai glutei, ferita umiliante che lo tormenterà per almeno un mese. Essere colpito ai glutei significa con molta probabilità essere stato colpito alle spalle, mentre fuggiva. Ma la propaganda ovviamente dice ben altro e sottolinea l’esempio dato dal comandante durante un conflitto a fuoco in cui è stato colpito, parlando però di ferita alla gamba. Quando la situazione peggiora, manda la sua amante, la bellissima attrice Doris Duranti in Svizzera, poi cerca di convincere il Duce ad un’ultima memorabile resistenza nella Valtellina che non si realizzerà mai. Pavolini seguirà Mussolini in fuga su un camion dell’esercito tedesco, nascosto tra i militari travestito da soldato tedesco. La colonna viene però intercettata a Dongo dai partigiani, Pavolini viene prima arrestato e poi fucilato.

Riccardo Massaro
Alessandro Pavolini

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