Questa Arte apparteneva al gruppo delle così dette Arti Minori. Era una Corporazione molto importante per lo sviluppo edilizio della città, e radunava tutti i lavoratori del ramo. Vi erano iscritti gli architetti, gli scultori, i renaioli, i muratori, gli scalpellini, i lavoratori del legno, i cavatori, i fornaciai, gli stuccatori, gli imbianchini, i posatori di tetti, i venditori di mattoni e di legname da lavorare, i fondatori, gli scavatori di pozzi, i trasportatori di pietre. Inoltre erano iscritti come salariati i fabbricanti di statuette di terracotta prodotte e vendute nelle loro botteghe.

Gli apprendisti mandati ad imparare i segreti del mestiere e la conoscenza della pratica del lavoro, per essere ammessi fra gli iscritti all’Arte, dovevano pagare una consistente somma in fiorini, pagabile anche a rate. Veniva applicata una consistente riduzione sulla cifra da pagare a coloro aventi parenti in attività lavorativa.

I Capimastri cioè i direttori dei lavori, erano chiamati anche “Magister operis”. Carica che raggiungevano dopo molti anni di esperienza nel campo edilizio. Dovevano oltre ad essere architetti anche ingegneri per progettare edifici, macchine per l’edilizia, organizzare il lavoro del cantiere, infine sorvegliare l’avanzamento del lavoro cercando di ottimizzare i tempi di lavoro.

Il lavoro di questi artefici, venne migliorato l’aspetto della città, con la costruzione di mura, palazzi, ponti, logge, mulini, gualchiere, chiese, porte e fortificazioni. Quest’Arte sempre più importante nel rendere migliore la vita della città, e a dimostrarne la ricchezza. Nel 1296 ebbe dalla Signoria un incarico di prestigio, la costruzione della nuova Cattedrale destinata a prendere il posto dell’antica chiesa di Santa Reparata, ormai piccola e decadente.

All’inizio dei lavori, la costruzione venne affidata all’architetto Arnolfo di Cambio, successivamente nel corso degli anni, si avvicendarono alla direzione; Giotto di Bondone (a cui si deve l’edificazione del campanile, conosciuto in tutto il mondo con il nome del suo progettista e edificatore), Francesco Talenti, Giovanni di Lapo Ghini, ed infine al costruttore della cupola a completamento dei lavori; Filippo di Ser Bunellesco Lapi.

Il Comune, riconoscendo l’importanza e la potenza di questa Corporazione, emanò norme per stabilire le regole con le quali obbligavano l’Arte a non far mancare la mano d’opera utile nell’esecuzione dei lavori pubblici, con misure decisive se ne fosse accertata la carenza. Il Podestà nell’emissione degli Statuti degli anni 1322/25, stabiliva le regole a cui si dovevano attenere i Maestri di Pietra e Legname, per non incorrere nei rigori della legge. Inoltre venivano stabiliti i pesi e le misure, il prezzo dei mattoni, e di altri materiali da costruzione. La loro qualità, la dimensione delle pietre, dei mattoni, dei legnami, della calce, delle tegole e via dicendo. I fornaciai per la produzione del materiale edilizio, erano obbligati ad usare pesi e misure con impresso il marchi dello Stato.

La Cupola di Brunelleschi.

In città, vi erano molte fornaci per la produzione di calce e mattoni. Queste si trovavano in vari punti della città e delle quali il nome è giunto fino ad oggi. Una all’inizio di via di Ricorboli (via della Fornace), una in Sant’Ambrogio di cui l’odierna strada a preso il nome; via della Mattonaia. Nel quartiere di Santo Spirito in Borgo Tegolaio, e infine in Santa Croce fra l’attuale via dell’Agnolo, Viale Giovine Italia, e via dei Macci. Malgrado ci fossero molte di queste fornaci in città, per la copertura della cupola del Duomo Filippo Brunelleschi, si servì delle tegole prodotte dai fornaciai del paese dell’Impruneta, da lui personalmente scelte e marcate con le sue iniziali.

Quando i lavori edilizi erano molti, e la mano d’opera locale non era sufficiente a coprire i lavori, venivano ingaggiati lavoratori da fuori Firenze. Questi artefici assunti per breve tempo, pagavano all’Arte una tassa di venti soldi per poter lavorare, e con l’obbligo di sotto stare ai maestri fiorentini. Fra i lavoratori provenienti da fuori città, eccellevano i maestri lombardi con i Maestri Comacini, la cui fama era conosciuta fino dai tempi degli antichi romani.

La pietra usata nella costruzione dei palazzi pubblici e privati, proveniva dalle cave intorno a Firenze. Quelle di Montececeri, da Maiano, da Monteripaldi, e dal poggio di Boboli. Mentre la sabbia veniva estratta dal fiume Arno dai renaioli. Questi cavatori iniziavano il loro lavoro allo spuntare del sole, spingevano nel fiume le loro barche con le sponde molto basse, ancoravano nei punti dove si erano formati i banchi della rena e iniziavano a tirare a bordo, fin quando erano piene con le sponde che rasentavano il pelo dell’acqua, andavano a riva per lo scarico e il vaglio. Il lavoro non si fermava fino al calar del sole. Solamente a l’ora di desinare interrompevano per mangiare un piatto di pasta portata dalle loro mogli, che annunciavano il loro arrivo con un grido di richiamo: Bucaioli c’è le paste!

Il legname usato per le costruzioni, arrivava dai boschi intorno alla città. Dal Mugello, dal Casentino, da Monte Morello, e dalla Vallombrosa ricche di alberi. Giungevano per via d’acqua gli abeti. Alla partenza gli alberi venivano legati fra di loro a formare delle piccole zattere o “Foderi”, che trascinate dalla corrente dell’Arno arrivavano al porticciolo detto delle “Travi” dove oggi si trova Piazza Mentana. Venivanto tirati a riva da degli uomini muniti di un lungo gancio, li arpionavano, e li davano in consegna ai “segatori” per il taglio del legname. Un addetto prendeva un grosso rotolo di spago precedentemente intinto nel “cinabro” rosso o nella polvere di nero fumo. Con un altro operaio srotolavano lo spago per tutta la lunghezza del tronco, lo battevano sopra lasciando una traccia che veniva seguita durante la segatura per trarne fuori una o più assi. Questa operazione veniva chiamata; Per filo e per segno.

Un importante mansione di grande utilità pubblica svolta dai suoi iscritti era la “Guardia del Fuoco” (embrione dei futuri Pompieri, e poi degli odierni Vigili del Fuoco) creata per proteggere la città dagli incendi, che si sviluppavano con grande facilità, essendoci molte costruzioni in legno e molti magazzini pieni di materiale altamente infiammabile. Istituita dalla Repubblica nel 1415 con regole ben precise e sotto la supervisione di un Magistrato, era presente in ogni Quartiere. Una casa fungeva da sede dove si radunavano e si trovava il materiale per un intervento veloce. Rimaneva aperta tutta la notte e nel momento dell’allarme incendio le squadre formate da cinque fra Maestri Muratori e legnaioli, agli ordini di un “Capo Dieci” (nominato dai Gonfalonieri di Compagnia), con secchi, scale, ramponi, picconi, e corde, si recavano dove era segnalato l’incendio. Queste persone adibite al servizio di antincendio, venivano pagate dal Magistrato per le loro prestazioni; le notti passate in servizio di guardia, e per ogni incendio al quale erano intervenuti.

Questa Corporazione era retta da quattro o sei Consoli, aveva la residenza nel Chiasso Baroncelli, accanto alla Loggia della Signoria. L’insegna consisteva in un ascia al naturale con il manico di legno di colore marrone per obliquo in campo rosso. Vennero scelti come protettori i Santi Castorio, Simproniano, Nicostrato, e Simplicio, conosciuti come quattro Santi Martiri Coronati. L’esecuzione delle quattro statue, venne affidata allo scultore Nanni di Banco, e apposte in una edicola all’esterno della chiesa di Orsanmichele. Il giorno 8 novembre venivano festeggiati con gran pompa i quattro Santi, con un corteo partito dalla sede dell’arte, fino alla chiesa dove veniva celebrata una Messa in loro onore, veniva fatta una cospicua offerta di denaro e lasciato alcuni torchi di cera per l’illuminazione. Alla sera si teneva una cena alla quale partecipavano tutti gli affiliati.

Nel Corteo della Repubblica Fiorentina, l’Arte sfila insieme a tutte le altre Minori. Il Gonfaloniere porta la loro bandiera: ascia al naturale con il manico di legno di colore marrone per obliquo in campo rosso. E’ vestito con giubbone di panno rosso con maniche trinciate di nero, con sulla parte sinistra uno scudetto ovale con rappresentato lo stemma. Berretta rossa piumata, cinturone porta spada, bolgetta con rappresentato lo stemma, calzamaglia rosso e nero, scarpe marroni a piè d’orso.

Alberto Chiarugi
Arte dei maestri di pietra e legname

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