Tra il 6 maggio e il 5 giugno del 1527 Benvenuto Cellini è a Roma durante il Sacco degli imperiali.

In realtà già un anno prima a Roma, era stato presente duranti i tumulti dei colonnesi e alla loro guerriglia ostile ai Medici avvenuto tra il 19 e il 20 settembre, quando 8.000 uomini entrarono a Roma per sovvertirne l’ordine. Clemente VII de’ Medici fu costretto allora per la sua protezione e per quella della città, a venire a patti con Carlo V, per poi recedere subito dopo dalle promesse fatte, facendo indispettire l’imperatore e, dando il via a quello che poi sarebbe stato il Sacco della capitale.

Benvenuto in quel frangente si era già distinto, tanto che durante le avvisaglie del Sacco, era stato posto sotto pagamento a guardia del palazzo di un suo conoscente, il Del bene, a capo di 50 uomini fidati ben armati avrebbe protetto l’edificio con tutti i suoi averi.

Durante l’attacco imperiale invece, mentre era sulle mura con i suoi amici Alessandro e Cecchino, si ritrovò faccia a faccia con il nemico, con un fortuito colpo di archibugio colpì quello che poi si rivelerà essere il Borbone in persona. L’ufficiale stava spronando i suoi da una scala a seguirlo per scavalcare le mura della città

Questo evento però non fermò gli imperiali, così mentre i romani festeggiavano la creduta vittoria, quelli intanto invadevano Roma. Il papa con i suoi intanto si ritirava a Castel Sant’Angelo, dove Benvenuto viene riconosciuto come ”familiare” del pontefice, in quanto suo musico e orefice e fatto entrare nella rocca. Scorto da Marcello Pallone de’ Medici capitano d’armi, questo lo invita a seguirlo nella fortificazione senza però poter portare con sé i suoi compagni, che a malincuore dovrà lasciare al loro destino.

Benvenuto arrampicato sulla cima della rocca, vede Clemente VII attraversare il passetto elevato segreto di corsa, per entrare nel castello. È da qui che l’artista può assistere a tutto ciò che accade nella città e ai romani e raccontarlo. Qui Benvenuto si rivelerà un abile artigliere, piazza strategicamente le artigliere e le usa con maestria.

Mentre con Antonio Santa Croce un suo capo, esegue degli ordini atti a sistemare al meglio le artiglierie, un colpo nemico raggiunge le mura, pur fermato dal merlo di una torre, un tratto crolla colpendo drammaticamente Cellini. Svenuto, ma creduto morto dai suoi compagni, questi gli mettono in bocca un pugno di terra (una sorta di rito  estremo preparatore alla morte), che quasi lo soffoca. La fortuna vuole che un suo commilitone Gianfrancesco del Piffero, accorgendosi dell’errore lo salvi, intervenendo immediatamente lo medica con una tegola calda imbevuta di assenzio e vin greco e così lo salva.

Clemente VII per far capire che Castel Sant’Angelo  ancora resiste, manda una lettera al duca di Urbino Francesco Maria della Rovere, il tentennante capo del suo esercito fuori città, dicendogli che ogni sera farà sparare tre colpi a vuoto. Questo è il segnale convenuto per far capire che la rocca romana ancora resiste. Cellini da buon uomo d’arme utilizza però questi colpi a salve serali, “rinforzandoli” con dei proiettili per colpire il nemico, senza sprecare così polvere da sparo inutilmente.

Un simpatico aneddoto vuole che Benvenuto si attiri le antipatie dei cardinali, questi che per guardare quanto accade in città dalle mura, non si rendono conto che con i loro cappelli rossi attirano i colpi del nemico. È in questo frangente che Benvenuto li avrebbe presi a male parole per allontanarli ma inimicandoseli.

Un altro capo di Benvenuto è Orazio Baglioni, questi lo stima molto, nonostante sia arrivato con lui quasi ad un duello per un incomprensione durante la difesa cittadina.

Durante l’esercizio delle sue funzioni Benvenuto scorge il “Baccanello”, un’osteria che aveva una particolare insegna, un sole rosso dipinto in mezzo a due finestre. In essa si sospettava ci fossero nascosti dei nemici. Benvenuto dunque pensa di usare quel sole come bersaglio, ma per fare questo avrebbe rischiato sparando di rovesciare una botte piena di sassi proprio dove si trovavano due consiglieri del papa, Jacopo Salviati e il cardinal Farnese a lui poco simpatici. Per non sprecare l’occasione Benvenuto senza troppi tentennamenti fa comunque fuoco. Il colpo riesce alla perfezione, ma come prevedibile fa cadere la botte addosso ai due “parassiti e mangiapane a tradimento” come li definisce poco carinamente l’artista nelle sue memorie, ma colpendo in pieno la bettola e facendo strage di nemici. I due però malconci e spaventati si ricorderanno di questo affronto.

Cellini in seguito in un’ altra occasione, con un colpo magistrale d’artiglieria, colpirà in pieno e dividendolo addirittura in due, un ufficiale spagnolo che stava dando ordini a ridosso delle trincee nemiche, l’impossibile e bel colpo a parabola, viene definito dallo stesso vanaglorioso artista “arcata meravigliosa”.

Essendo le artiglierie ritenute una rappresentazione demoniaca evocatrice di morte, Benvenuto timorosi di Dio, è spinto a chiedere l’assoluzione dei propri peccati per le morti provocate con questa arma. Assoluzione che Clemente VII provvede a dargli immediatamente, congratulandosi anzi con lui per il suo ottimo operato.

In un’altra situazione, Benvenuto si accorgerà che i nemici per occultare alla vista il loro frequente passaggio in una via, hanno posto una trentina di botti piene di pietre sopra un muro. Avendo capito in quale momento avviene il passaggio della guardia, Benvenuto sistema ben cinque artiglierie con le quali fa fuoco contemporaneamente proprio nel momento giusto, colpendo ben trenta soldati nemici.

Avvicinandosi il momento della resa, Clemente VII chiamerà a sé Benvenuto e lo pregherà di fondere tutto l’oro rimasto per poterlo nascondere e di togliere inoltre tutte le pietre preziose poste su questi tesori. Pietre da trafugare, che poi lo stesso orafo cucirà all’interno della veste del papa pronto per la fuga.

Altro evento in cui troviamo implicato Benvenuto, è il ferimento del principe d’Oranges. Caricata l’artiglieria con dei “passatoiacci”, ovvero dei ferri vecchi trovati in giro abbandonati, Cellini spara in prossimità delle trincee, a quello che sembra essere un capo, colpendolo in pieno volto e ferendolo gravemente. È Filiberto di Chalons, il principe d’Oranges divenuto capo dell’esercito dopo la morte del Borbone, che ferito viene portato immediatamente al riparo in un’osteria, prontamente scoperta da Benvenuto e dal Santa Croce. Orsini però si oppone a ché si spari su quel luogo, perché proprio in quel momento si stava incontrando una delegazione papale con il nemico per discutere la pace. Poteva il Cellini farsi sfuggire un’occasione simile? Contravvenendo agli ordini e rischiando di far saltare la trattativa, colpisce l’osteria provocando sicuramente morti e feriti, ma anche il risentimento dell’Orsini.

Alla capitolazione dell’Urbe Benvenuto lasciando la città, sarà invitato da Orazio Baglioni a comandare una compagnia, ma Cellini preferisce andare dal padre a Firenze portandosi dietro onori e i molti denari guadagnati come soldato, ma anche la convinzione di poter essere un buon uomo d’arme, cosa che turbò non poco il vecchio padre che ancora sperava diventasse un musicista.

Benvenuto manifesterà un grande interesse dopo questo fatto per le armi; una passione grande come quella per l’oreficeria. Tutte capacità non comuni che lo faranno sentire superiore sia in campo artistico che in campo bellico, alimentando sempre di più il suo grande e smisurato ego.

Riccardo Massaro

Benvenuto Cellini è a Roma durante il Sacco degli imperiali
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