Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio

Seconda Parte

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Le sedi della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio

Come abbiamo già accennato più di una volta c’è stata molta confusione nel riportare i fatti rispetto alla Compagnia, non meno confusione è stata fatta per quanto riguarda le sedi utilizzate.

L’Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio

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Oratorio in via San Giuseppe

Nelle ricerche per capire da dove derivasse il nome “al Tempio” abbiamo postulato che questa fosse l’originaria sede della Compagnia, già esistente in quanto tempio templare, a due passi dal Tabernacolo all’angolo con via de’ Macci dove nasceva la Compagnia stessa.

Questo Oratorio era destinato alla preghiera e alle riunioni della compagnia, non era però pubblico e vi si poteva accedere solo come membri della Compagnia o con il loro permesso.

La sua architettura si confà al periodo, la facciata appare semplice con pietre irregolari disposte a filaretto, al centro un portone in legno lavorato ove si riconoscono nei due polilobi superiori due stemmi, uno della Compagnia e l’altro di uno dei rami della famiglia Torrigiani.

In perpendicolare sopra il portone c’è un rosone a vetri quadrati e al lato del portone due finestre con arco a tutto sesto protette dalle originali inferiate in ferro battuto. Sempre al lato del portone all’altezza del basamento delle finestre ci sono due ghiere originali in ferro battuto, fatte ad anelli, che servivano per posizionare gli stendardi della Compagnia. La facciata si caratterizza inoltre per un elemento particolare. Si tratta di un tetto sporgente non convenzionale, non in uso all’epoca. Il tetto è dirimente nella descrizione del Fioretti (E) per identificare questo Oratorio come la sede ufficiale della Compagnia (E pag. 76).

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Interno dell’Oratorio

L’interno dell’Oratorio oggi ci appare come un vano rettangolare a navata unica con un pavimento in cotto e coperto da un tetto a capriate.
Le due pareti laterali presentano due porte con stipiti ed architrave in pietra serena che oggi chiudono due armadi a muro. Queste due porte erano probabilmente l’accesso alle palazzine laterali che facevano parte dello spedale. Lungo le pareti andando verso il fondo sono presenti sei nicchie atte probabilmente a porvi dei lumi forse risalenti all’uso dell’Oratorio come spedale al tempo dei templari. Sempre sulle pareti laterali in fondo all’Oratorio sono presenti due targhe. Una, del 1428, realizzata da Michelangelo Buonarroti certifica quando un suo antenato, tal Simone Buonarroti, lasciò un’eredità alla Confraternita per la ristrutturazione dello spedale (Targa mostrata in precedenza).

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Disegno dell’affresco

L’affresco nell’arco ad ogiva della parete di fondo risale al 1928 ed è una celebrazione della Confraternita voluta dal parroco di allora della vicina chiesa di S. Giuseppe, Mons. Luigi d’Indico (C). L’affresco presenta sullo sfondo le mura fiorentine, sotto la Madonna del Giglio in gloria tra due angeli, (Madonna del Giglio che come sostiene il Fioretti (E) era la Madonna che ispirò i giovinetti a formare la Compagnia (E pag. 87)). Due cortei che si incontrano, quello proveniente da destra è dei confratelli, il corteo di sinistra è capeggiato da Lorenzo il Magnifico. Al davanti del corteo di sinistra Papa Eugenio IV parla con il Battista. Al davanti del corteo di destra San Francesco indica la Vergine al Savonarola. Sempre nel corteo di destra si vede il ritratto di Benito Mussolini.

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Affresco nell’arco ad ogiva

L’affresco risulta fortemente danneggiato dall’alluvione di Firenze del 1966 ed oggi appare come nella foto a sinistra mentre nel disegno qui sopra a destra se ne può apprezzare l’originale immagine anche se in bianco e nero.

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Lunetta a mosaico

Un piccolo mosaico, con il volto di Cristo, sulla parete destra eseguito nel 1923 ricorda il nome di Monsignor D’Indico che fu colui che riattivò la Compagnia. Una pittura a metà della parete sinistra ricorda la rinascita della Compagnia come Confraternita nel 1912, di questo tratteremo in seguito.

Si deve fare un inciso sulla pianta interna dell’Oratorio che oggi appare molto diversa dall’originale. In origine erano presenti due stanze appena entrati, una alla destra e una alla sinistra e il tetto delle due stanze era un ballatoio subito al disotto del rosone. Le due finestre presenti in facciata servivano quindi a dare luce alle due stanze e il rosone sovrastante per dare luce all’Oratorio. Ne descrive questa pianta anche Richa (G) che ricorda una stanza a destra entrando utilizzata per le adunanze segrete e una a sinistra dove la Compagnia dava udienza ai poveri e a chi si rivolgeva a loro (A pag. 15). Questa disposizione ci viene anche testimoniata dal Dott. Giampiero Cioni, forse l’ultimo vivente ad aver fatto parte della Compagnia in tenerissima età (Il Dott. Cioni ci ha rilasciato un racconto che inseriremo alla fine). Questa struttura è stata probabilmente abbattuta in seguito all’alluvione del 1966. A testimonianza di questa architettura è anche la lettura dell’Uccelli (A) per quanto riguarda i beni delle Compagnia (A pag. 29).

Nel registro dei beni posseduti dalla Compagnia Libro I° spedali c.4 dell’anno 1548 si trova fra le proprietà: “Una casa alato a la di sopra tiene il capelano per suo abitare. La proprietà era di Mona di Bartolomea donna di Tanino di Bartolomeo da Monte Cuccoli e che fu lasciata alla Compagnia“. Questa casa si riferisce al terra-tetto in via San Giuseppe 12, cioè al lato sinistro dell’Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio. Il fatto che sia specificato oltre che alato anche sopra ne avvalora il sospetto infatti chi percorrendo via San Giuseppe si fermasse ad osservare noterebbe che questa casa ha un’estensione sopra l’Oratorio, cioè sormonta con un’ala il tetto dell’Oratorio. Durante dei lavori di ristrutturazione di questa ala furono trovati i primi due scalini di una scala a chiocciola che in verticale calava nell’angolo a sinistra entrando nell’Oratorio. Considerando che era ad uso abitativo del cappellano questo avrebbe un senso in quanto lo stesso avrebbe avuto un accesso diretto al’Oratorio. La stessa scala oltre che raggiungere la stanza di sinistra si apriva anche sul ballatoio che nel 1912 dopo la riapertura della Compagnia veniva usato per cantare le novene di Natale, come appunto ci ricorda il Dott. Cioni per aver fatto parte del coro.

Da dire inoltre che nel 1428 grazie alla donazione dell’antenato del Michelangelo, Simone Buonarroti, di cui abbiamo già parlato, questa palazzina si integrò con lo spedale che la Compagnia allestì alla sinistra e alla destra dell’Oratorio stesso (B pag. 40).

Chiesetta al Tempio

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Firenze antica, disegno. La chiesetta al Tempio, fuori dalle mura.

La Chiesetta al Tempio è il luogo che fin dalla creazione della Compagnia è stato obbiettivo iniziale dei confratelli. I 4 denari che venivano accantonati ogni settimana e le donazioni arrivate nel tempo servivano per edificare questa chiesetta. Il fatto che si chiamasse al Tempio ha creato molta confusione sulla desinenza del nome della Compagnia come vi ho già illustrato.

Il 30 settembre 1361 a seguito della richiesta al Comune da parte di Migliore di Vanni fornaio del popolo di Sant’Ambrogio Sindaco eletto della Compagnia fu concesso un terreno (braccia 30 di terreno) fuori dalle mura presso Porta San Francesco dove erigere una chiesetta e un cimitero (A pag. 11).

Riporto la dicitura della concessione: “ Cappellam cum cemeterium iuxta locum justitie pro salute animarum dampnatorum…” e “ …petiam terre positam iuxia locum justitie prope menia civitatis extra portam Sancti Francisci in populo Sancti Jacobi inter foveas quarterij Sancte Crucis. Que petia terre est longitudinis brachiorum 35 et latitudinis brachiorum 25 vel circa, cui hi suntconfines: a primo et secundo platea sive pratum porte Sancti Francisci, que platea sive pratum vocatur locus justitie, a tertio flumen Arni, a quarto murus piscarie molendicorum communis Florentie”.

La chiesetta fu terminata nel 1366. Fino al 27 gennaio del 1366 i giustiziati venivano sepolti presso Santa Candida (A pag. 24).

Testimonianza dell’edificazione in corso di questa chiesetta viene anche dall’elemosina di lire 20 fatta dallo Strozzi il 25 luglio del 1366 per conto dell’Arte dei Mercanti con lo scopo di “… fabbricar la cappella fondata e cominciata fuor dalla detta porta”; se ne trova scrittura nei protocolli di ser Guido Guidi e testimonia il fatto che ancora la chiesetta al 25 luglio del 1366 non era ancora terminata (A pag. 7).

Il Cappelli (B) riporta una citazione a pag 33 di Guido Carrocci che descrivendo la chiesetta al Tempio la definisce si piccola, ma graziosa e caratteristica con sulla facciata degli affreschi di Spinello Aretino.

Fino al 1529 (anno dell’assedio di Firenze) l’ultima preghiera dei condannati e poi la loro sepoltura dopo l’esecuzione avveniva in questa chiesetta e nel suo cimitero fuori dalla Porta San Francesco, in prossimità del patibolo e vicino all’Arno (A pag. 24).

La chiesetta al Tempio a causa dell’assedio di Firenze, che durò l’arco di due anni dal 1528-1530, fu nel 1531 distrutta per volere del duca Alessandro de’ Medici. Lo scopo del duca era quello di migliorare le fortificazioni della città ed erigere un bastione di difesa a fronte dei Prati della Giustizia, Per questa ragione fu chiusa Porta San Francesco (o Porta della Giustizia) la quale  fu sotterrata sotto un cumulo di detriti insieme alla chiesetta al Tempio, furono inoltre distrutte 40 case li vicine sempre a causa della nuova fortificazione in divenire.

Il luogo delle esecuzioni fu spostato al prato fuori Porta alla Croce detto appunto Pratello della Giustizia che era sito nell’attuale Piazza Beccaria.

La distruzione della Chiesetta al Tempio portò alla perdita degli affreschi sulla facciata attribuiti come detto a Spinello Aretino sia un’opera del Pisanello che nel periodo di costruzione della chiesetta era a Firenze per perfezionarsi, come afferma il Vasari (I pag. 302). Il Pisanello dipinse all’interno della Chiesetta l’episodio del pellegrino che andando a San Jacopo di Gallizia fu infamato dalla figlia di un’oste che mettendogli in tasca una coppa d’argento cercò di farlo punire come ladro, salvato da San Jacopo e ricondotto a casa.

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Compianto della Croce al Tempio

Prima della distruzione due tavole furono salvate, una di fra Giovanni da Fiesole, il Beato Angelico, intitolata “Compianto della Croce al Tempio” dove è raffigurato un Cristo morto portato al Sepolcro degli Apostoli ed esposta nella Chiesetta al Tempio sull’altare dietro il crocifisso. La tavola fu rimossa e trasportata presso la Galleria delle Belle Arti e in seguito spostata al Museo Nazionale di San Marco sempre a Firenze.
La seconda tavola rimossa era un’opera di Rodolfo di Domenico Bigordi Ghirlandaio e vi era dipinta la decollazione di San Giovanni Battista anch’essa salvata e trasferita alla nuova sede della Compagnia (A pag. 25).

Una piccola digressione. Ai tempi di Firenze Capitale (1865) fu perso il senno e sotto la guida di un demolitore seriale quale fu Giuseppe Poggi si abbatterono le mura fiorentine per far posto ai viali di circonvallazione. Durante i lavori la piccola Chiesetta al Tempio vide nuovamente la luce e riaffiorò negli scavi ma invece di essere difesa e preservata fu ignorata in nome dell’innovazione e demolita. Una Vergogna ignobile come la distruzione delle mura stesse.

Il percorso dei condannati si modificò dall’originale ed iniziò a seguire un tragitto diverso passando in Borgo degli Albizi poi in via Pietrapiana e in piazza Sant’Ambrogio per poi passare in Borgo la Croce ed infine raggiungere piazza Beccaria. Questa fu la ragione che indusse la Compagnia a trasferire la sua sede originale dall’Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio a San Niccolò degli Aliotti al Ponte a Rubaconte.

Inoltre la signoria di Firenze nel 1531 concesse alla Compagnia una sede fuori dalla Porta a Pinti in prossimità di un piccolo cimitero (ndr: probabilmente l’attuale cimitero degli inglesi) gestito dall’arcispedale di Santa Maria Nuova. Questa sede fu però temporanea tanto che nello stesso anno la Compagnia l’abbandonò.

San Niccolò degli Alliotti al Ponte al Rubaconte

Il 15 luglio del 1531 i Capitani del Bigallo con atto redatto da Bartolomeo d’Antonio donarono alla Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio uno spedale sito in Borgo della Porta alla Croce (oggi Borgo la Croce) chiamato San Niccolò degli Alliotti al Ponte a Rubaconte aperto dalla Compagnia del Bigallo nel 1425 per volontà di Niccolò di Tosio o Totto Alliotti.

Questa fu la nuova sede della Compagnia fino al 1785 anno in cui la Compagnia cessò di esistere per la soppressione voluta da Pietro Leopoldo con la legge generale del 21 marzo che abolì la pena di Morte (A pag. 26). L’ubicazione della sede doveva essere al nº 2 e 4 di Borgo la Croce, dove ancora oggi si possono vedere gli stemmi del Bigallo e della Compagnia. Nelle case vicine alla nuova sede della Compagnia abitava anche il carnefice (A pag. 26).

La Cappella presente nell’ex spedale divenne la nuova Chiesetta al Tempio.

Nel 1547 la nuova Chiesetta al Tempio fu consacrata ad opera del Reverendissimo Mons. Pandolfini Vescovo di Troia che per gratitudine fu ammesso fra i Capitani senza spesa e con piedi diritti (B pag. 44).

La chiesetta era caratterizzata da tre altari. Quello a destra era degli Acciajoli e dedicato a San Giovanni Battista e qui fu trasferita dalla Chiesetta al Tempio la tavola dipinta dal Ghirlandaio. Quella di sinistra presentava un crocifisso con 4 santi attorno opera di Santi di Tito. L’altare maggiore presentava un quadro molto antico della SS. Annunziata forse scampato anche questo dalla Chiesetta al Tempio. Davanti all’altare maggiore erano impiombate alla pietra delle campanelle di ferro dove venivano legati i condannati. La necessita di legare il condannato derivò a causa di un episodio in cui Baldo detto Baldone da Pecchio, il 29 aprile 1620, durante la preghiera tentò la fuga. Nel rocambolesco tentativo di fuggire il Baldo chiese aiuto anche ai confortatori della Compagnia che si rifiutarono. Il Balbo fu poi bloccato dagli sbirri e ne fu eseguita la sentenza con impiccagione e squartamento.

Dal Lato dell’epistola si entrava in un cimitero dove erano sepolti i giustiziati e sotto le logge che circondavano il cimitero si ponevano le ossa come era usanza all’epoca (A pag. 27).

Nel 1566 data la grande affluenza di fedeli e le tante offerte fu deciso di assumere un sacerdote secolare ed il primo, con stipendio di 3 scudi al mese, fu il reverendo P. Matteo Cofferati, seguirono poi Vincenzo Bandini P. Tosi ed altri (B pag. 45).

All’epoca i Neri in processione usavano un bellissimo stendardo in cui Santi di Tito aveva dipinto su un lato San Giovanni che predicava e sull’altro l’ingresso di Cristo a Gerusalemme. Questo stendardo era usato per dar suffragio ai morti per giustizia ma anche nella data del 2 novembre per i morti e del 29 agosto giorno della decollazione del Battista Il 24 agosto giorno in cui la Compagnia in processione usciva dalla Porta alla Croce per raggiungere il pratello della Giustizia cantando l’uffizio dei morti.

Dal 1738 al rientro dalla porta dopo ogni funzione i Neri dovevano scappucciarsi ed essere riconosciuti, questo per ordine del Governo che temeva che dei soldati disertori potessero accedere alla città sotto mentite spoglie (A pag. 28).

Il decreto Leopoldino del 1785 soppresse la Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio. La nuova Chiesetta al Tempio fu distrutta sempre grazie all’opera del poggi.


Luoghi dove la Compagnia aveva stemmi e altari

San Simone

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San Simone

Un breve accenno alla Chiesa di San Simone non perché sede della Compagnia, ma perché al suo interno compare lo stemma della stessa Compagnia in un sepolcreto. Come sappiamo le esecuzioni avvenivano principalmente al Bargello o ai Prati della Giustizia prima o fuori porta alla Croce dopo l’assedio fiorentino, ma nella realtà spesso erano eseguite in varie località e piazze fiorentine e i giustiziati talvolta venivano sepolti presso la chiesa più vicina. San Simone probabilmente è stata sede di molte sepolture, tanto da meritare lo stemma della Compagnia stessa. Non scordiamo inoltre che i giovinetti che fondarono la Compagnia erano originariamente del Popolo di San Simone ed è quindi probabile che ci fosse un legame speciale con questa chiesa.

Santa Maria Novella

Presso la basilica di Santa Maria Novella la Compagnia aveva un altare e i suoi stemmi ed ogni ultima domenica di gennaio andava a fare offerta alla Beata Villana presso la basilica portando 80 torchietti e lire 16 per i frati.

San Firenze

Anche in San Firenze la Compagnia aveva degli stemmi e provvedeva in questa chiesa alle sepolture dei condannati giustiziati in Palazzo Pretorio o nelle aree della città nei dintorni della chiesa.


Personaggi che hanno fatto parte della Compagnia

Nel corso del tempo molte persone si sono avvicinate alla Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio e tanti ne hanno fatto parte. Alcuni personaggi sono famosi nella storia, altri sono meno conosciuti e taluni assolutamente sconosciuti. Riportiamo alcuni nomi di spicco che nell’arco temporale di attività della Compagnia ne hanno fatto parte.

Primo fra tutti va citato Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, della cui storia sarebbe assurdo farne citazione dato che è conosciuta ai più (B pag 55).
Luca della Robbia fu un mirabile artista e illustre confratello della Compagnia ed è grazie ai suoi scritti che si conosce oggi la causa e sentenza di morte di Agostino Capponi e Pietro Paolo de’ Boschi condannati a morte nel 1512 per aver cospirato contro la vita del Cardinal Giovanni de’ Medici (B pag. 66).
Iacopo Niccolini non solo apparteneva ad una delle famiglie più antiche di Firenze ma durante la sua attività nella Compagnia rimase famoso per essere fra coloro che confortarono il Savonarola prima della sua esecuzione, il P. Burlamacchi ne lasciò testimonianza scritta (Vita del Savonarola Giuntini Lucca pag. 170) (B pag. 66).
Il 29 febbraio del 1596 Ippolito Galantini entrò nella Compagnia. Era un setaiolo fiorentino fondatore della Congregazione della Dottrina Cristiana e nella rispettiva chiesa è esposto il suo corpo (B pag. 66).
Il Pontefice Eugenio IV saputo dell’opera della Compagnia non poteva credere a tanta abnegazione dei confratelli che in nome di Dio e della carità svolgessero opera tanto devota, decise quindi in incognito di vestire la lugubre veste de’ Neri e così celato confortare un reo. Rimase così colpito dalla Compagnia da arricchirne le ampie indulgenze.
Lorenzo Lippi, il geniale poeta fiorentino, fece parte della Compagnia come confortatore.
Michelangelo Buonarroti ha fatto parte della Compagnia e ne è testimonianza proprio la lapide presente nell’Oratorio fatta mettere da Michelangelo in onore del suo avo.


Le Concessioni plenarie

La dimostrazione di come la Compagnia fosse tenuta sempre in maggior considerazione è data non solo dalle concessioni del Comune e della Repubblica che cercavano di fornire tutto ciò che la Compagnia necessitava, ma anche dalla benevolenza di Papi come Eugenio IV e Leone X. Eugenio IV concesse 25 anni e 25 quarantene di indulgenze, confermate poi da Clemente VII. Addirittura Clemente VII concesse che il supplizio potesse avvenire dopo mezzanotte (corretto poi dal Concilio di Trento) e che i confratelli della Compagnia de’ Neri potessero officiare loro i sacramenti (A pag.23).

Paolo III concesse loro che nel giorno della decapitazione del Battista (24 agosto) la Compagnia potesse salvare dalla morte un condannato e Giulio III proclamò che la liberazione avvenisse senza sostenere spesa alcuna (A pag.23).

Paolo IV concesse indulgenza plenaria nel giorno che i confratelli entravano nella Compagnia e in articulo mortis invocando il nome di Dio (B pag. 68).

Innocenzo VI confermato poi da Leone XI, concesse vari privilegi alla Compagnia, fra cui quello di poter seppellire i giustiziati nelle chiese della Compagnia, un’indulgenza verso i confratelli che nelle cause di Roma (ndr: immagino legali) non potevano essere convocati se non dall’Auditorio Generale ed inoltre che i condannati a morte assistiti dai confratelli potessero lasciare erede dei loro beni la Compagnia stessa senza pregiudizio del fisco ed erano sufficienti due testimoni che lo certificassero (A pag.24).

Molte altre concessioni furono fatte da Cardinali e dalla Repubblica, ne è testimonianza anche la lapide esposta fuori della Porta alla Croce.


Chiusura e rinascita della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio

La Compagnia fu soppressa da Pietro Leopoldo di Toscana nel 1785 quando il Granduca stava progettando l’abolizione della pena di morte influenzato non poco dalle letture e dagli studi di Cesare Beccaria. L’abolizione avvenne il 30 novembre del 1786 sancita con il Codice Leopoldino. Nella realtà delle cose la pena di morte fu reintrodotta dallo stesso Leopoldo II nel 1790 per alcuni crimini eccezionali. Data la chiusura della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio il compito di conforto e inumazione dei cadaveri fu affidato alla Confraternita di Santa Maria della Misericordia (F pag. 481/482).

Con il codice Leopoldino non si chiudeva solo la Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio, ma praticamente tutte le Compagnie presenti sul territorio. Le uniche due salvate dal codice furono l’Arciconfraternita della Misericordia e l’Arciconfraternita della Dottrina Cristiana.

Le ragioni di Leopoldo II a questa drastica decisione furono soprattutto l’abitudine consolidata di molte confraternite e compagnie di approfittare del loro stato con i confratelli che si crogiolavano in bagordi e privilegi personali. Nel tempo avevano derivato dai loro statuti e ceduto a ricchezze, privilegi e feste con cene luculliane sia in città che fuori porta, inutili sperperi di denaro. Leopoldo II di Toscana volle sicuramente “pulire” la sporcizia che aveva contagiato la carità ma rivalutando a posteriori commise una leggerezza con la Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio che in 400 anni di servizio non aveva mai deviato dai suoi intenti e mestamente mai approfittato del denaro o del potere (B pag. 74/75). La sede di Borgo la Croce, ex spedale degli Alliotti chiuse e la chiesetta fu distrutta dopo poco, come già detto, l’unica sede sopravvissuta fu l’Oratorio di via San Giuseppe; in abbandono e disfacimento passò di mano in mano. Per un breve periodo fu affidato ad una Compagnia detta di San Carlo e poi in seguito usato come asilo mortuario per la Parrocchia di San Giuseppe e alla fine definitivamente abbandonato.

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Monsignor Luigi D’Indico

In stato di trascuratezza si arriva al 1911 quando Monsignor Luigi D’Indico, Parroco di San Giuseppe, cominciò dei lavori di ristrutturazione ingaggiando l’architetto G. Castellucci. I due assieme cercarono informazioni e riportarono l’Oratorio ad antico splendore, cancellando gli obbrobri che ne avevano alterato facciata ed interni. I Lavori terminarono celermente già nel 1912 (B pag. 75/76/77).

La Compagnia prese di nuovo vita il 1º gennaio 1912 e fu riattivata da una richiesta di Monsignor Luigi D’Indico al Cardinal Alfonso Maria Mistrangelo che ne decretò la rinascita.

Questo il testo del decreto:

“Alfonso Maria Mistrangelo, per grazia di Dio e della Santa Sede, Arcivescovo di Firenze e Principe del S. R. Impero.

Vista la domanda presentata dal M. R. Sac. Luigi D’Indico attuale parroco di San Giuseppe colla quale ci faceva istanza perché volessi permettere l’erezione canonica della ricostruita Arciconfraternita di Santa Maria della Croce al Tempio (detta dei Neri) soppressa già da Pietro Leopoldo con decreto ministeriale del 1785;

Visti gli articoli provvisori presentati per la l’approvazione;

Viste le leggi canoniche che regolano la presente materia;

Visto quanto era da vedersi;

In virtù delle facoltà ordinarie e straordinarie a Noi competenti in ragione del Nostro ufficio o comunque attribuiteci da SS. Canoni, abbiamo decretato e

DECRETIAMO

Art. I – È nuovamente eretta la Ven. Arciconfraternita di Santa Maria della Croce al Tempio nella Parrocchia urbana di San Giuseppe, con tutti i privilegi, diritti e oneri ecc. ;

Art. II – I Capitoli provvisori in via d’esperimento avranno valore per 5 anni.

Firenze, addì 1º Gennaio 1912.

IL VICARIO GENERALE

(Can. Andrea Casullo).”

La sede ufficiale divenne la Parrocchia di San Giuseppe in quanto l’Oratorio era di sua competenza ma la sede della sua azione cristiana e caritatevole fu nuovamente l’Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio.

L’inaugurazione di quella che adesso era l’Arciconfraternita avvenne il 23 maggio 1912 alla presenza di molte personalità dell’epoca e come oratore partecipò il Prof. Cav. Emanuele Magri trattando il tema “Della Compagnia de’ Neri nella storia di Firenze”.

Un anno dopo nell’anniversario della morte del Savonarola il Prof. Federico Ferretti dei Predicatori trattò il tema “Il trionfo della Croce secondo il concetto di Fra Girolamo Savonarola” (B pag. 78/79).

Il Cappelli nella descrizione dell’Oratorio a pag. 82 Parla di una stanza a sinistra con due affreschi del secolo XIV rappresentanti le stigmate di San Francesco. Descrive anche una porta che dal vestibolo introduce alla cappella, costruita dalla ditta Parenti e decorata dalla ditta Mattheis con due vetrate dipinte con lo stemma della Compagnia su una e lo stemma del Monsignor D’indico sull’altra.

Questo ci conferma che la struttura interna originaria è diversa dall’attuale (2015) e che probabilmente dopo l’alluvione del 1966 invece che restaurare la cappella secondo origine si preferì abbattere ciò che si era danneggiato seguendo la scellerata scuola di Poggi.

I Nuovi Capitoli della Confraternita di Santa Maria della Croce al Tempio in San Giuseppe

Art. 1. – È ripristinata nei propri antichi locali la compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio presso la Chiesa Prioria di San Giuseppe in via dei Malcontenti.

Art. 2. – La Compagnia, composta di fratelli di ogni classe sociale purché di spirito veramente cristiano e di sorelle aggregate, è retta da un Correttore e da 6 Capitani.

Art. 3. – Il Correttore, salvo casi straordinari da giudicarsi volta per volta, dev’essere sempre il Parroco.

Art. 4. – La Confraternita, indipendente nella propria amministrazione e dipendente nella direzione al Correttore, sottoporrà all’approvazione dell’Ordinario i Capitoli ed ogni deliberazione di speciale interesse, sanzionata dall’approvazione dei Capitani, del Correttore e del Corpo Generale.

Art. 5. – I Capitani verranno eletti dal Corpo Genarale di Compagnia e scelti fra i primi 50 più anziani, che si chiameranno fratelli Conservatori.

Art. 6. – Il Corpo della Compagnia elegge ogni 3 anni i 6 Capitani, un Provveditore ed un Segretario, i quali sotto la Presidenza del Correttore ne costituiscono il Consiglio direttivo ed amministrativo, che a sua volta sceglie fra i Capitani il Governatore. Tutti gli eletti possono essere riconfermati soltanto per due volte.

Art. 7. – La Compagnia oltre all’esercizio di opere di pietà da praticarsi nel proprio Oratorio, si intende ripristinata per coadiuvare il Parroco in tutte le opere di Carità Cristiana necessarie ai tempi nuovi; per riunire in sé per mezzo di diverse sezioni tutte le opere morali, religiose, ed anche economiche di carattere cattolico che potessero nascere o già esistenti nella parrocchia, per favorire lo sviluppo e la devozione delle SS. Eucarestia nelle molteplici manifestazioni e per praticare per mezzo e con l’aiuto di un numero di aggregati o porti non Fratelli ma disciplinati nella Compagnia, l’esercizio prezioso del trasporto dei defunti.

Art. 8. – La Confraternita si raccoglierà ogni seconda domenica del mese o più spesso, se il Correttore ed il Consiglio dei sei lo reputassero necessario.

Art. 9. – I Fratelli godranno di tutti gli antichi privilegi concessi dai SS. Pontefici all’antica Confraternita dei Neri e dopo morte, oltre all’uffizio cantato in Compagnia, avranno N. 3 messe se Fratelli e N. 2 se Sorelle, celebrate nella Chiesa Parrocchiale.

Art. 10. – Il Parroco penserà al Provveditore per ogni trasporto funebre a pagamento una tassa da stabilirsi ed il Provveditore penserà a retribuire i porti aggregati.

Art. 11. – Il Provveditore avrà cura di provvedere tutto quello che sarà necessario per le funzioni e i diversi servizi della Confraternita. Riceverà gli ordini necessari dal Governatore per riguardo ai servizi funebri, Comunione agli infermi, Processioni o qualsiasi altra opera richiesta dal Parroco.

Art. 12. – I Fratelli indosseranno l’antica veste dei Neri e nelle pubbliche processioni o nei servizi avranno costantemente la buffa calata, paghi che solo Dio conosca le loro opere buone.

Testimonianza, fatta di ricordi, del Dott. Giampiero Cioni

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I nuovi confratelli circa 1912

Presumo di essere l’unico sopravvissuto fra coloro che partecipavano alle attività della “Compagnia dei Neri” riattivatasi Grazie a Mons. D’Indico che perorò la rinascita della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio.

All’epoca, circa il 1950, il priore della parrocchia di San Giuseppe, Monsignor Ulderico Masti, dato la miseria imperante nel Quartiere di Santa Croce aiutava le famiglie, ove avveniva un decesso, nel trasporto della salma. Miseria voleva dire, per fare un esempio, sfamarsi per tutto il giorno con un fetta di polenta di castagne, detta “pattona”, dal costo di pochi centesimi ma che teneva ben pieno e senza i crampi della fame lo stomaco.

All’epoca ero il più giovane che partecipava assieme ad altri al corteo che si formava all’interno della Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio in Via San Giuseppe. Ci vestivamo con le tipiche lunghe tuniche nere e con il cappuccio per la testa, “detto buffa”, che lasciava solo l’apertura per gli occhi. La tunica aveva un grande simbolo rosso della Confraternita sul petto.

All’occorrenza venivamo avvisati dal Governatore dell’epoca Maestro Silvestri, tramite il Sagrestano Fortini, di trovarci all’Oratorio per la vestizione e le preghiere di rito.

L’Oratorio, subito dopo l’ingresso, aveva due piccole stanze che precedevano la porta a vetri che immetteva nella Cappella. In quella di sinistra si vestiva il Sacerdote, in quella di destra vi erano delle cassettiere che contenevano le nostre tuniche nere, il Crocifisso e due lunghe e robuste aste che terminavano in alto con delle torce di fuoco. Sopra le due stanzette adibite a sagrestia, vi era un soppalco, a cui si accedeva con una scala a chiocciola dalla stanza di sinistra, ed era usato per il coro durante le novene di Natale, canti che il Priore voleva fossero fatte nell’Oratorio dei Neri.

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Processione della Confraternita

Il corteo funebre partiva dall’interno della “Cappella” con all’inizio il Crocifisso e le due Torcere, portate dai confratelli, a cui seguivano dai sei ai dieci confratelli tutti proceduti dal Sacerdote.

Giunti all’abitazione del defunto alcuni confratelli salivano a recuperare la bara. Il morto il più delle volte era in una bara di legno grezzo dall’aspetto del compensato fornita dal Comune ai più poveri. I confratelli dovevano portare la bara in strada e la cosa non sempre era semplice date le scale strette delle case del quartiere infatti, a volte, veniva usato un telo per portare in strada l’estinto e la bara vuota e leggera la si poteva far scendere in posizione verticale per le scale, in strada poi vi si riponeva il cadavere all’interno.

Il corteo funebre in preghiera si dirigeva alla Chiesa di San Giuseppe, per la funzione funebre, seguito dai familiari ed il popolo dei conoscenti.

Questo tipo di servizio era fatto per tutti i parrocchiani gratuitamente, ed a volte, la famiglia del defunto avendone possibilità dava un’offerta al Governatore della Compagnia denaro che poi provvedeva a dividere fra i confratelli. Confesso che all’epoca anche quelle poche lire erano assai gradite per un ragazzino quale ero, ma vedevo che anche gli altri confratelli le accettavano con piacere.

Con il tempo, questo servizio funebre, migliorando la situazione economica dell’Italia, cominciò ad essere campo delle pompe funebri private e la Compagnia dei Neri andò esaurendo il suo compito.

Firenze 16/12/2015 Dott. Giampiero Cioni


Bibliografia

Libri

  • A) Della Compagnia di S. Maria della Croce al Tempio – Lezione recitata il 27 gennaio 1861 alla Società Colombaria – Gio. Battista Uccelli – Firenze Tipografia Calasanziana 1861
  • B) La Compagnia de’ Neri – L’arciconfraternita dei Battuti di Santa Maria della Croce al Tempio – di Eugenio Cappelleti – Felice Le Monnier editore 24 maggio 1927 Firenze
  • C) La Confraternita di Santa Maria della Croce al Tempio – D’indico – Stabilimento tipografico E. Ducci Firenze 1912
  • D) I “Giustiziati” a Firenze – (dal secolo XV al secolo XVIII) – Rondoni – Tipografia Galileiana Firenze 1901
  • E) Storia della Chiesa Prioria di Santa Maria del Giglio e di San Giuseppe – Fioretti – Forti Firenze 1855
  • F) Storia degli stabilimenti di beneficenza e di istruzione elementare gratuita della Città di Firenze – Passerini – Le Monnier Firenze 1853
  • G) Notizie istoriche delle chiese fiorentine – parte 2 del quartiere di Santa Croce – Richa – Viviani Firenze 1775
  • H) Osservazioni istoriche sopra i sigilli dei secoli bassi – Manni – Tomo V Firenze 1730
  • I) La vita dei più eccellenti pittori, scultori e architetti – Vasari – S.A. Milano
Jacopo Cioni
Jacopo Cioni
Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio 2° parte

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