Per riuscire a inquadrare meglio la peste, che arrivò in Italia e a Firenze tra il 1348 e il 1353, sicuramente dobbiamo allungare il nostro sguardo su quello che successe nel 300 in Europa: in Francia iniziarono ad esserci i primi movimenti contro le streghe, mentre per quanto riguarda la nostra penisola vi era un clima teso per le continue guerre. Per concludere gli anni che vanno dal 1304 al 1320, i più piovosi nella storia d’Europa, furono tragici per quanto riguarda i raccolti che erano marci, mentre a  Firenze nel 1333 ci sarà l’alluvione.

La peste, che deriva dal nome ab pestatus ovvero qualcosa con macchia scura, arriva nel 1347  a Messina  grazie ai topi che erano dentro le navi (qui la  gente si poteva  contagiare più facilmente perché stava a stretto contatto) provenienti dalla Mongolia. Di questa abbiamo solo la descrizione della sintomatologia non degli effetti, alcuni storici dell’epoca pensavano che si potesse trattare di Hiv o di ebola.  

Durante gli anni della malattia si diffuse il culto di San Sebastiano che  prendeva spunto da quello che scriveva Omero nella parte iniziale nell’Iliade: nel poema  troviamo Apollo che sta tirando le frecce nel campo dei greci lanciando su di loro la pestilenza. Analogamente San Sebastiano  fu martirizzato infilzato dalle frecce e legato a un palo; nella cultura medievale si pensava che la peste fosse portata  dal puzzo aiutato dal vento, lo stesso vento che spingeva le frecce di Apollo. 

Il cambiamento epocale portato dalla pestilenza fu uno in particolare:  la gente scoprì il corpo umano. Fino ad allora si pensava che  la malattia era una tragedia mandata da Dio per punire i peccatori. La novità stavolta era che la malattia colpiva anche gli ecclesiastici, quindi si iniziarono a interrogare se veramente era una punizione divina e come mai puniva anche loro? 

Con questo interrogativo iniziò a vacillare la centralità della chiesa che incominciò ad essere in crisi, ciò porterà la curia a prendere due decisioni epocali: iniziò ad allentare i vincoli che vi erano sulla possibilità di vivisezionare i corpi, al tempo ancora tabù, per comprendere  quali potessero essere  le ragioni per cui si moriva di peste, svanì il dogma che dio,  l’anima e il concetto di eternità erano  al centro di tutto. II corpo diventò il centro dei pensieri, tanto che la conseguenza fu quello di cercare   di salvaguardarlo.

Ciò portò a un cambiamento mentale che generò dei cambiamenti su alcune tematiche: 

  • si passa da corpi idealizzati a carpi più dettagliati 
  • si comincia a utilizzare il monumento funebre 
  • i bambini vengono battezzati subito non dopo un anno per le funzioni di Pasqua come era prassi
  • l’uomo capisce che la sua esistenza può essere di breve durata quindi deve fare qualcosa finché è in terra vivo

Per Firenze l’arrivo della peste avrà conseguenze catastrofiche,  fino al 118 grazie al governo delle  arti, al fiorino d’oro ( venivano coniati 350 mila fiorini) e ai grandi mercanti fiorentini, tanto che Bonifacio VIII (  dopo la sua morte inizierà il periodo chiamato “la cattività avignonese” che  portò allo scisma della chiesa cattolica ) definì i fiorentini come il quinto elemento del modo: la città  cresceva di quasi  120 130 mila unità e nel 1284,  a causa di questo aumento demografico cosi sostanzioso, iniziarono a costruire la seconda cerchia comunale.

Le cose per la ridente economia fiorentina iniziarono a mutare nel 1291 con la  perdita di san Giovanni d’Acri dove i crociati perdendo la leadership sulla città in favore dei musulmani, misero fine al predominio del papato in terra santa. I mercanti fiorenti, che facevano affari in oriente in Palestina per conto della santa sede, di conseguenza   persero  il contatto diretto con la via della seta entrando in crisi.

Si vennero a creare problemi di politica economica e interna, gli anni che seguirono Campaldino, tra la fine del XIII secolo e i primi anni del Trecento a Firenze furono caratterizzati dalla lotta tra le opposte fazioni che si contesero il potere in città:  la famiglia dei Cerchi e quella dei Donati

Le due famiglie erano divise dal Vicolo dello scandalo, oggi in via del Corso: questo: divideva le proprietà dei contendenti, da una parte quelle dei  Cerchi  verso il mercato vecchio, mentre quelle dei Donati rimanevano verso l’arco di san Pierino. 

I Cerchi, ricchi banchieri, avevano preso il potere  grazie al sostegno che avevano dato a  Carlo d’Angiò, cugino del re di Francia, mentre la famiglia dei Donati appoggiava Carlo di Valois fratello del re di Francia. 

Dietro ai partiti fiorentini vi era la lotta per il potere sulla città che in quel momento era la banca d’Europa del tempo: i banchi fiorentini controllavano flussi di denaro equivalente a l’80% del mercato monetario europeo. 

Il periodo di difficoltà che stava vivendo Firenze era solo lo specchio della crisi politica europea:  all’interno della città si crea  un clima di paura generato dall’incertezza economica. Iniziarono le prime rivolte contro il governo delle arti: era troppo lento nel prendere decisioni, quindi, per ovviare a tale problema, iniziano a pensare  che  forse sarebbe meglio avere un solo uomo al comando.   

Nel 1333 Firenze è colpita dall’alluvione  (la più raccontata prima di quella 66 vicino alla Chiesa di San Regimo vi è la targa che ricorda quell’evento dove si ruppero gli argini di Ponte Vecchio) e anche in questo frangente ci si domandò se Dio volesse punire la città  per l’audacia dei propri mercanti.

Dopo questo evento la sfiducia diventò dilagante, tanto che un  gruppo di mercanti  delle arti maggiori  pensò a un colpo di stato siamo nell’estate 1342: l’uomo giusto era Gualtiere di Brienne o Duca di Atene. Gli propongono la Signoria  in cambio della sua obbedienza, ma poi appena smetterà di seguire le direttive imposte, aveva conquistato troppo potere, contro di lui ci saranno cinque congiure. 

Nel 1345  scoppiarono le  rivolte sociali, si formarono in piazza assemblee spontanee: l’indotto, che non lavora più nei banchi falliti, ora era impiegato nelle opere pubbliche: la costruzione della seconda cerchia muraria. Questa situazione permise di arginare il problema della disoccupazione: infatti grazie alle tasse pagate dai cittadini si  creava, quella che oggi viene chiamata  cassa integrazione, un aiuto economico per tali lavoratori. Finiti i lavori ripresero le rivolte, perché terminata la cassa integrazione, che però non non degenerarono per via della peste.

I disordini, comunque, torneranno a farsi  sentire  subito dopo la pandemia con la rivolta dei ciompi guidati  da Michele di Lando ,siamo intorno al 20 luglio del 1378. I ciompi erano i  lavoratori  della lana,  battevano la lana , ma il ciompo è anche il suono che veniva provocato dal martello che si usava. Il loro luogo di ritrovo era la chiesa di Santa Maria Battilani, oggi chiesa sconsacrata che si trova in via delle ruote, dove decisero di ribellarsi visto che non godevano di nessun diritto politico e sociale,  cercando di prendere Palazzo Vecchio. La rivolta si concluderà con loro che saranno inseguiti  a cavallo, mentre il loro capo banda Michele di Lando sarà nominato capitano a Volterra avendoli traditi.

Gabriele Biondi
Firenze pre e dopo la peste del 1348
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