Acquerello di E. Burci

(Via delle Torricelle – attualmente Corso Tintori)

Furono edificati all’inizio del secolo XVII, su disegno dell’architetto Gherardo Silvani per uso dei lanifici e delle fabbriche di seta della città.
La loro costruzione avvenne in conseguenza del fatto di aver scoperte, vicino alla chiesa di Sant’Ambrogio, quattro polle d’acqua limpidissima, mentre lo stesso architetto Silvani, su ordine di Ferdinando II de’ Medici, stava dirigendo i lavori di costruzione di un fognone per dare sfogo a quelle acque sotterranee che, a causa dei danni che avevano provocato, si erano scoperte in alcuni punti del quartiere di Santa Croce; sembra infatti che queste acque avessero allagato le cantine di molte case e addirittura anche i piani terreni delle stesse.

Questo fognone, era largo più di un metro ed alto più di un uomo, cosicchè fosse agibile per ogni tipo di intervento; aveva inizio alla Porta alla Croce e correndo per l’attuale tracciato di Borgo la Croce arrivava a Piazza Sant’Ambrogio, dove voltava in Via de’ Pentolini per giungere al Canto alla Mela e congiungersi ad altro simile fognone che aveva origine nell’orto delle Monache di Santa Verdiana. Il percorso continuava in linea quasi retta fino ai lavatoi delle Torricelle e poi, giunto nella piazzetta de’ Cavalleggieri, si riversava in Arno.

Questo fognone e questi lavatoi furono la molla che dette l’avvio all’invenzione delle Cateratte a Valvola, invenzione che è stata poi di tanto e sì proficuo uso che, al solito, si è preteso di carpirne il merito a chi si deve veramente, cioè a Gherardo Silvani. Che sia stato lui l’inventore di tali cateratte ce lo ribadisce il Baldinucci: “… e così l’acqua, che era destinata a portarsi immediatamente al fiume, fu fatto divertire il suo corso all’uso di que’ lavatoi; da’ quali poi riconducendosi nella solita fogna, la quale (…) se la ripiglia e la trasporta in Arno per una bocca, alla quale fu accomodata una cateratta con tale artifizio, che quando le piene grosse si inalzano sino a toccarla, ella da per sé stessa si chiude e fa riparo alle correnti, acciocchè per entro il fognone non tramandino belletta e rena: le quali correnti poi cessate, l’acqua stessa che porta il fognone torna ad aprire la cateratta” e si scarica nel fiume.

Nella seconda metà del XIX secolo quei lavatoi furono convertiti in bagni pubblici, cui si accedeva da Corso Tintori. Nel 1870 vennero soppressi e al loro posto trovarono sede la tipografia Sieni e la fabbrica di ceralacca e di inchiostro della ditta André. Sullo sfondo dell’acquerello di scorge l’abside di Santa Croce, senza il campanile, eretto nel 1845.

Gabriella Bazzani
I lavatoi dell’arte della Lana e della Seta

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