Nel 1470, il 13 marzo, Galeazzo Maria Sforza Duca di Milano venne a Firenze per “cagione di voto” assieme alla sua donna e ad una foltissima rappresentanza della sua Corte. Fu ospitato a proprie spese da Lorenzo il Magnifico, mentre tutto il seguito del Duca fu ospitato in varie abitazioni nella città, assegnate dalla Signoria con il denaro pubblico.
Il Duca, abituato allo sfarzo più assoluto, nel venire a Firenze aveva portato con sé, attraverso gli Appennini, una impressionante quantità di oggetti, animali, uomini.
Si dice che avesse con sé cento uomini d’arme, cinquecento fanti per la sua guardia, cinquanta scudieri vestiti di panno d’argento e di seta, cinquecento coppie di cani, un infinito numero di sparvieri e falconi per la caccia, duemila cavalli, un impressionante numero di abiti per sé e la Duchessa, coperte intessute con filo d’oro e d’argento preziosamente ricamate, dodici carrette per “lo servigio della duchessa” e tanto, tanto altro ancora.
Nonostante questo imbarazzante sfoggio di ricchezza ed opulenza, si trovò costretto ad ammettere di essere stato ampiamente superato dalla magnificenza di Lorenzo, “…perciocchè negli arredi de i Medici la ricchezza de la materia era di grande spazio avanzata dalla maestria, et eccellenza de l’artificio, cosa tanto più nobile, quanto è meno comune, e con più stento, e fatica si acquista, e le cose istesse per la rarità di esse erano molto più che l’oro a i riguardanti, di stupore et di maraviglia; imperocchè egli v’havea veduto numero grande di vasi di pietre preciose, e da lontani paesi recate, le quali il suo splendidissimo Avolo havea dopo lungo processo di tempo con spesa, e diligenza grande raccolte, e messe insieme”.
Il Duca era estasiato dalla bellezza dei dipinti di grandi Maestri; e “per propria inclinazione vago molto della pittura, delle quali maggior numero diceva haver veduto dentro il solo Palagio de’ Medici, che non in tutto il resto d’Italia…” e non soltanto di dipinti parlava, ma anche di disegni, statue, marmi, moderni ed antichi Artefici, medaglie, gioie, libri e di altre cose singolari e di elevatissimo pregio rispetto alle quali diceva che qualunque somma grande d’oro o d’argento sarebbe stata vile al cospetto.
Per l’arrivo a Firenze del Duca, Lorenzo fece rappresentare tre spettacoli sacri, trovandosi in periodo di quaresima; per la bellezza delle rappresentazioni i Lombardi rimasero ammirati.
Gli spettacoli erano l’Annunciazione della Vergine nella chiesa di San Felice, l’ascensione di Cristo in Cielo nella chiesa del Carmine, la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli nella chiesa di Santo Spirito.
Proprio nella notte successiva a quest’ultima rappresentazione, un incendio distrusse la chiesa di Santo Spirito “… che tutta arse, senza cosa alcuna rimanervi, salvo che un Crocifisso.” Il Crocifisso in questione era quello della Compagnia dei Bianchi di Santo Spirito, che da quel momento venne ritenuto miracoloso.
Questa fu la ragione per cui la chiesa venne riedificata molto più bella di com’era e come possiamo ancora vederla.
In realtà, le cose non andarono proprio così: la nuova chiesa di Santo Spirito era già da molto tempo in preparazione e non fu certo l’incendio del 1470 a dare il via ai lavori della nuova chiesa.
Per dirla proprio tutta, i lavori per la costruzione della chiesa, grandiosa opera di Filippo Brunelleschi, erano già iniziati nel 1444; nel 1446 Filippo Brunelleschi morì, e sotto la direzione di Antonio Manetti i lavori vennero proseguiti, anche se non certo nel modo che Brunellesco aveva immaginato, fino al completamento della basilica avvenuto nel 1488.