Sette lezioni di teatro, pensate dal grande Louis Jouvet per una giovane attrice, Claudia, tenute dal 14 febbraio 1940 al 21 settembre 1940 al Conservatoire d’Art Dramatique di Parigi, quando la città veniva occupata dai nazisti, trascritte poi da Brigitte Jaques e con lei che presero forma in “Elvire Jouvet 40”: teatro nel teatro, vita che si mescola ai fatti e alla storia; il maestro e l’allieva, una platea e l’assorbimento del pubblico. Toni Servillo, attore e regista napoletano, arriva a Firenze con un nuovo allestimento di “Elvire Jouvet 40 ”– dopo Milano e Napoli – al Teatro Niccolini fino al 12 marzo.

Trent’anni dopo “Elvira, o la passione teatral” di Giorgio Strehler e Giulia Lazzarini, Servillo riporta il lavoro di Jouvet all’attenzione del pubblico. Ho visto questo spettacolo per la prima volta a Napoli al teatro Bellini. Servillo stesso ha confessato che lo spettacolo è stato provato ed è nato in quel teatro. Ho aspettato con ansia che arrivasse a Firenze perché volevo riviverlo in una atmosfera diversa, un teatro più raccolto che restituisse la sensazione di essere li come uno degli attori, allievi del maestro, e certamente una atmosfera distillata dal mio campanilismo chiaroscurato. Difficile per uno come me essere penetrati dal tono delle battute di Servillo e non pensare ad Eduardo De Filippo. Il cortocircuito è fatto.

Un palcoscenico sul palcoscenico, due sedie e una scrivania ridisegnano l’intima dimensione di una teatro chiuso nel quale si costruisce un atto unico tutto in equilibrio sulla seconda scena di Elvira nell’atto IV del “Don Giovanni di Molière” (il momento in cui la donna invoca la redenzione e la salvezza per il suo amante). Un equilibrio, si fa per dire, perché è tutto un correre e rincorrersi del pensiero, della ripetizione infinita della recitazione alla ricerca di quella perfezione fino a perdersi, maestro e allieva, nella scatola cinese della personificazione del personaggio. Rendere un personaggio è una missione che un vero attore deve portare avanti senza esimersi dal sacrificio, per così essere all’altezza del testo , “una cosa per riuscire bene esige uno sforzo fisico”; non è la recitazione che genera il sentimento e così anche senza lacrime, “il pianto lo devi sentire” – rimarca il maestro all’allieva – e in sottofondo l’impercettibile ansia di qualcosa che dovrà accadere, qualcosa di grave: sarà forse quello scorrere del tempo scandito con un flebile gong, sarà lei, Claudia, le sue parole sembrano urtare sull’orlo di un precipizio … Il palcoscenico, due sedie e una scrivania, poi una ribalta violata che fa da confine tra il pubblico e gli attori (Petra Valentini, Francesco Marino, Davide Cirri) dove la grazia, la paura e il senso religioso di “Donna Elvira” che cerca di salvare il suo “Don Giovanni”, si fondono con il mistero del teatro e la necessità, ormai, urgente – come serpeggia in alcuni incisi di Servillo – di ritornare al teatro come unico spazio morale, sacro, dove far emergere i valori “verticali e infiniti “ della bellezza e dello spirito.

Teatro Niccolini | Via Ricasoli, 3 – Firenze

Fino al 12 MARZO 2017

Alfonso D’Orsi
Una lezione di Teatro: Elvira

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