In agosto si sa, capitano ogni tanto quei terribili rovesci d’acqua inaspettati… è successo solo qualche anno fa, un improvviso acquazzone che ha causato tantissimi danni. Esattamente come accadde anche un agosto di tanti anni fa, precisamente nel 1815. D’improvviso il cielo si oscurò ed un terribile nubifragio si riversò sulla città di Firenze, causando molti danni.

La Manifattura del Granducato, che si trovava nell’ex convento di Santa Caterina in Via delle Ruote, viene colpita duramente: un intero raccolto di tabacco rimane esposto alla pioggia torrenziale; quando torna a splendere il sole, il tabacco viene esposto al calore per farlo asciugare, ma comincia a fermentare sotto la cocente calura.

Con la fermentazione, il tabacco emana cattivo odore, in quanto dal processo viene prodotta ammoniaca. La partita di tabacco è ormai completamente rovinata, le foglie inutilizzabili.

Che fare a questo punto? Buttare tutto e subire le ire del Granduca Ferdinando III, che di certo non sarebbe stato tenero con i responsabili, oppure tentare in qualche modo di rimediare alla meno peggio al danno?

Prima di arrendersi, il direttore della Manifattura decise di tentare la seconda via: quell’orribile tabacco fermentato e maleodorante venne utilizzato come ripieno di piccoli sigari, venduti ad un prezzo davvero irrisorio.

Il sigaro che uscì da questa operazione era esteticamente davvero bruttacchiolo, tanto da meritarsi immediatamente l’appellativo di “Stortignaccolo”, che lascia prontamente capire quanto fosse storto e bitorzoluto.

Con grande meraviglia, lo stortignaccolo incontrò subito il favore del popolo, grazie al fatto di essere molto economico, ma anche grazie al gusto ruvido e forte derivatogli dalla fermentazione, che risultò particolarmente gradito.

Nei quartieri popolari di Oltrarno ebbe un grandissimo successo ed era molto apprezzato. Veniva solitamente diviso in due parti, da fumare in momenti diversi, per risparmiare ulteriormente.

Visto il clamoroso ed inaspettato riscontro, la Manifattura Granducale decise di cominciare a produrre il Toscano su larga scala e già dal 1818 si trovava regolarmente in vendita in tutte le tabaccherie.

E non soltanto il popolo divenne estimatore del Toscano; personaggi di spicco, quali Giuseppe Garibaldi, Mario Soldati, Winston Churchill, Camillo Cavour, Gianni Brera, Giuseppe Verdi, Arturo Toscanini e Amedeo Modigliani lo elessero a loro sigaro preferito.

Cavour addirittura coniò un detto sul Toscano: “Un sigaro toscano ed un titolo di cavaliere non si negano mai a nessuno!”.

In tempi più recenti, anche il giornalista sportivo Gianni Brera ha cesellato un aforisma sul nostro stortignaccolo: “Fumare il Toscano è una goduria greve e forte, del tutto priva di frivole moine”.

C’è anche un simpatico aneddoto che riguarda Sergio Leone, legato al Toscano. Nei suoi spaghetti-western, il Toscano era onnipresente sulle labbra dei cowboys. Testimoni narrano che, quando Clint Eastwood lo implorò di eliminare il sigaro dalla sceneggiatura dei suoi film, Sergio Leone rispose: “Perché vuoi lasciare a casa il protagonista?”.

Oggi la manifattura del Toscano si è spostata a Lucca, e lì i sigari vengono ancora prodotti a mano; esistono ancora le sigaraie, un mestiere che nel corso di 200 anni non ha subito modifiche e che ancora oggi è spesso tramandato di madre in figlia.

La coltura del tabacco fu introdotta in Italia, nella Val Tiberina, nel 1560, ad opera del solito, incommensurabile, Cosimo I de’ Medici, a cui erano pervenuti in dono, dalle Americhe, quei semi che probabilmente neanche lui immaginava avrebbero dato tanto lustro alla sua terra.    

Gabriella Bazzani
Lo Stortignaccolo.
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