Ad una simile domanda, ogni fiorentino che si rispetti si avvia in direzione di Via Panzani. Non sarebbe stato così nel 1914, quando il ristorante aprì i battenti. A quella domanda si sarebbe andati dritti dritti in Via Valfonda, strada frequentatissima del centro di Firenze.

Giovacchino Sabatini, che da Cerreto Guidi si trasferì in città, ebbe l’idea di aprire un ristorante in una zona centrale, a pochi passi dalla Stazione di Santa Maria Novella; ben presto si fece una affezionata clientela di buongustai, che apprezzavano sia la saporita cucina casalinga che i vini della ben fornita cantina.

I fiaschi di bianco o di rosso dei colli toscani glieli portava il fratello Gabriello che commerciava, appunto, in vini, e che si riforniva a sua volta presso le migliori fattorie, dove comprava le botti migliori.

Dopo qualche tempo venne in città anche un figlio di Gabriello, Gino, che da poco si era sposato con Dina, una giovane del suo paese. Anche Gino era un intenditore di vini, e Dina era una provetta cuoca; in breve tempo finirono in via Valfonda a dare una mano allo zio Giovacchino, che si trovava a corto di personale.

Nel 1924, alla morte di Giovacchino, Gino e la moglie rilevarono l’azienda, consolidarono e accrebbero la fama del ristorante, e lo gestirono con sempre maggior successo fino al 1930, quando, per i lavori di ampliamento di Piazza della Stazione, venne deciso lo sventramento di un lato di via Valfonda, e un gran numero di case vennero abbattute.

Gino Sabatini, a quel punto, abbandonò Via Valfonda per trasferirsi in Via Panzani, rilevando con l’aiuto di alcuni clienti amici gli ambienti e la cucina del Ristorante Calzeroni, e acquistando addirittura l’intero edificio di tre piani.

La trasformazione e l’ampliamento del locale vennero realizzati dall’ingegner Galliano Boldrini e l’inaugurazione del nuovo locale avvenne il 20 dicembre del 1930.

In Via Panzani si trasferirono i vecchi ed affezionati clienti di Via Valfonda, ai quali nel tempo se ne aggiunsero di molti e nuovi.

A Gino e Dina subentrò il figlio, Vincenzo, che nel 1955 provvide ad una nuova ristrutturazione, ad opera dell’architetto Vittorio Stigler, che per gli arredi interni decise di utilizzare il mobilio recuperato da una chiesa sconsacrata del ‘500; sistemati con estrema maestria, sono visibili e perfettamente conservati il Pulpito, le panche riadattate a divanetti e le colonne portanti con relative travi che costituivano la navata della chiesa.

Proprio per questo motivo, Sabatini è l’unico ristorante italiano vincolato e tutelato dalle Belle Arti.

Negli anni ‘60 Sabatini era all’apice del successo, nei suoi locali sono passate tante personalità famose, quali il maestro Arthur Rubinstein, Eugenio Montale, Luigi Einaudi, Franco Zeffirelli, Richard Burton e Liz Taylor, Oriana Fallaci, Fred Astaire, Richard Nixon, Juliette Greco, Alain Delon, Ornella Muti, John McEnroe, Enzo Ferrari, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Diana Ross, Paul Newman, i Rolling Stones, Madonna, Brigitte Bardot, Denzel Washington, Primo Carnera e chissà quanti altri…

Negli anni, Sabatini si è “allargato”, aprendo ben tre ristoranti in Giappone, e la proprietà è passata di mano, ma la fama e la cucina tradizionale, pur se rivisitata in chiave più moderna, rimangono un punto di eccellenza della città.

Gabriella Bazzani
Si va da Sabatini…??
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