Il matrimonio combinato sembra un antico ricordo ma nella realtà esiste ancora. Le famiglie si mettono d’accordo per unire i loro figli in un matrimonio conveniente per entrambi e si caratterizza per il consenso dato dai figli stessi. Il matrimonio forzato è invece vietato dalla legge in Italia e anche dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed è caratterizzato dal fatto che non occorre il consenso degli sposi perchè il matrimonio sia celebrato; una forma di schiavismo. In passato non esisteva questa distinzione e le famiglie decidevano secondo il bene della famiglia e non degli sposi. Sicuramente questi matrimoni funzionavano tutti anche perchè non era prevista una separazione e se proprio andava bene fra gli sposi si instaurava quel minimo di rispetto che ne agevolava lo svolgimento. Molto più frequente invece le mura di casa nascondevano un’infelicità latente e spesso brutale soprattutto per le donne.
Questa è appunto la storia di uno di questi matrimoni combinati e si svolge nella Firenze del 1396.
In quegli anni camminava per le strade di Firenze una fanciulla di diciannove anni, bella come il giglio fiorentino, colta come solo una dama poteva essere, aggraziata come un foulard sostenuto dal vento, una ragazza di nome Ginevra della famiglia degli Almieri. Gli Almieri erano commercianti facoltosi e affermati, legati alla vecchia nobiltà fiorentina ed abitavano nei pressi del Mercato Vecchio, quello che oggi è piazza della Repubblica.
Se esiste una dama esisterà anche un giovane pretendente ed infatti esiste e si chiama Antonio Rondinelli, un giovane che appartiene alle nuove famiglie benestanti ben introdotto nell’Arte della Seta ed abitante nell’attuale via Rondinelli che dalla sua famiglia prende il nome. Ovviamente i due giovani, conosciutosi ad una festa, si innamorano.
Il padre di Ginevra ha però mire diverse per la figlia e la promette in sposa al figlio di un suo amico commerciante di nome Francesco Agolanti e riunite le due famiglie presso il Canto del Parentado viene stipulato quello che oggi si chiamerebbe “promessa di matrimonio” e che all’epoca era come oggi un vero e proprio contratto.
Le volontà delle famiglie non si discutevano e il matrimonio fu celebrato. Questo non fu però un matrimonio dove il rispetto reciproco bastò a compensare la mancanza d’amore, ma anzi la trascuratezza con cui il marito Francesco trattava Ginevra rendeva la ragazza certa del suo triste destino. Ginevra vedeva il futuro della sua vita fatto solo di infelicità tanto che la giovane perse l’appetito e il sorriso, la preoccupazione divenne poi malattia, il suo fisico si consumò come una candela in chiesa.
Una mattina la famiglia Agolanti trovo Ginevra morta nel suo letto e mestamente si apprestò alla veglia funebre; vesti la ragazza con il suo abito nuziale e poi l’accompagno sino alla tomba di famiglia presso il cimitero presente alla destra del Duomo.
Ginevra non era affatto morta, un caso di morte apparente, ed infatti nella notte si svegliò e il terrore fu la sola emozione che ebbe prima del desiderio di vita. I suoi tentativi di uscire dal freddo marmo furono coronati da successo, probabilmente per la calce ancora fresca, e sola nella notte si incammino verso casa degli Agolanti.
La Famiglia Agolanti si affacciò alla finestra quando senti i colpi di battocchio e vista la giovane in abito bianco pensò che il fantasma della moglie del figlio fosse tornata dalla morte per punirli. Persa a male parole e scacciata Ginevra provò presso la casa del padre, ma anche loro, evidentemente percependo il senso di colpa, pensarono ad un fantasma e rifiutarono di aprire e accoglierla.
Smarrita Ginevra pensò di rivolgersi al suo vero amore e Antonio, nonostante la sorpresa la accolse in casa propria. In breve tempo il risorgere di Ginevra fece il giro di Firenze ed insieme a questa notizia anche il fatto che la giovane dama aveva trovato rifugio presso Antonio Rondinelli.
Francesco Agolanti capì che la giovane era ancora sua moglie ed invece che richiederla indietro come tale la umiliò chiedendo alla famiglia Rondinelli un risarcimento in denaro. Antonio fu risoluto nel negarlo tanto che Francesco denunciò la moglie fedifraga al Tribunale Ecclesiastico.
Il Vicario del Vescovo convocò le parti e ascoltato il racconto con uno scatto di genio sentenziò che la morte aveva di fatto interrotto il matrimonio e dato che Francesco l’aveva scacciata al suo ritorno a casa Ginevra poteva considerarsi nuovamente libera.
Ed ecco che la morte, una volta tanto, è riuscita a portare la felicità fra due giovani amanti, infatti Ginevra e Antonio si sposarono e vissero felici e contenti, insomma una fiaba a lieto fine nel centro di Firenze.