Torre di Mascherino
La torre di Mascherino vista dal viale dei Colli. Foto dell’autore

(Prima parte – leggi seconda parte)

E’ noto che il tratto delle antiche mura che è sopravvissuto alle demolizioni di Firenze capitale è quello di oltrarno che va dalla porta S. Pier Gattolini – attuale porta Romana – alla porta S. Miniato. O meglio, è quasi sopravvissuto: la parte compresa tra l’attuale ingresso di Boboli e la Madonna della Pace, infatti, fu comunque demolito “per comodo delle scuderie reali” che qui si realizzarono ai tempi di Firenze capitale, come ci riporta Guido Carocci nel suo libro “I contorni di Firenze – Illustrazione storico-artistica” (1874). Al suo posto, a separare appunto le Reali scuderie, oggi giardino pubblico, dal giardino di Boboli, troviamo una elegante ringhiera in ferro, con tanto di artistico cancello con monogramma di Vittorio Emanuele II (il cosiddetto “ingresso del Calastrini”), nonché nell’ultimo tratto gli edifici dell’ex canile reale. Dopodiché le mura, intatte seppur rimaneggiate, riprendono ad inerpicarsi ripidamente verso il forte di Belvedere.

Torre del Mascherino
La torre di Mascherino vista dai tetti del Bobolino. Foto dell’autore

In questo tratto si trova quella che è una delle torri più belle e meglio conservate di tutte le mura comunali: la cosiddetta “torre di Mascherino” o “del Mascherino” (non “della Mascherina” come da alcuni erroneamente scritto). E’ un alto ed imponente torrione in pietra forte impostato su un possente basamento a scarpa (“barbacane”), che rispetto a tutte le altre torri e porte ha una particolarità: è a sezione pentagonale, ovvero la parte rivolta verso l’esterno non è piana ma è composta da due facce che formano un lieve spigolo, non troppo evidente osservando da lontano.

Il curioso nome di questa torre è legato ad un personaggio poco noto della storia di Firenze: sappiamo infatti da vari testi e cronache che lì viveva, nel secolo XVIII, tale Valentino Meucci, nato a Montecastelli nel 1719 e detto appunto “Mascherino”, che si era ricavato nei pressi della torre un riparo di fortuna ed un piccolo orto. Vincenzo Follini ad esempio, nel suo “Firenze antica, e moderna illustrata” (1789) ci dice che la torre “è nota oggigiorno sotto il nome della Torre di Mascherino” per la rustica abitazione ivi d’un mendico solitario, che vive tuttora, così appellato”.

Più che di un semplice mendicante si trattava tuttavia di un vero e proprio eremita, come riporta Carlo Celso Calzolai nel suo volume “San Leonardo in Arcetri” (1975): “Lì, da quasi cinquantanni, in un antro viveva da eremita Valentino Meucci. Lo chiamavano « mascherino ». Nel XVIII secolo, aveva rimesso in luce la spiritualità e la vita eremitica dei penitenti medievali. Vestiva dimessamente, viveva di elemosine, facendo parte ai poveri di quello che accattava”. Quando il 1 febbraio 1795 Mascherino fu trovato morto nei pressi del suo “tugurio”, la sua solitaria fine dovette destare viva impressione, tanto che ne fu tratta un’incisione dal vero “in quell’atteggiamento in cui fu trovato morto[…] nel suo tugurio dalla Pace (riferito al vicino convento della Pace, n.d.r.) nelle mura esteriori della città di Firenze” e fu pubblicato un opuscolo di 8 pagine dal titolo “Breve compendio della vita di Valentino Meucci detto Mascherino”.

(Fine prima parte – leggi seconda parte)

Mascherino
“Ritratto di Valentino Meucci … in quell’atteggiamento in cui fu trovato morto…”
Frontespizio
Breve compendio della vita di Valentino Meucci
Ritratto di Mascherino
“Ritratto di Valentino Meucci detto volgarmente Mascherino”

 

Enrico Bartocci
Enrico Bartocci
L’eremita e la sua torre (prima parte)
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