i’ brindellone

All’inizio era il Fuoco Santo. Una distribuzione della fiamma nella notte del sabato Santo. Il Fuoco Santo era conservato dalla famiglia che lo aveva portato dalla Terra Santa, dal Santo Sepolcro, la famiglia Pazzi tramite Pazzino dei Pazzi nel 1096. La mattina del sabato le pietre venivano esposte presso la cappella della famiglia Pazzi e poi venivano usate per accendere il Fuoco Sacro mediante sfregamento. I Pazzi per primi ricevevano la Sacra Fiamma e poi la distribuivano ai fedeli in preghiera e processione; i fiorentini la portavano a casa dove accendevano i propri focolari e lumi.

Santa Maria Sopra Porta

Le pietre in seguito furono consegnate alla chiesa di Santa Maria sopra Porta, chiamata cosi perchè sorgeva presso la porta meridionale della cinta muraria carolingia, detta Por Santa Maria ed oggi chiesa sconsacrata. Le pietre furono poste in un tabernacolo di marmo ed estratte solo per accendere il Cero Pasquale portato in processione nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, il Sabato Santo. Questo avveniva mediante un carro di cui si occupava sempre la famiglia Pazzi. Il carro da cerimonia trasportava i carboni ardenti del fuoco sacro fino a piazza del Duomo, ma prima di giungere a destinazione passava per le vie di Firenze distribuendo la fiamma alle abitazioni del popolo. Il fuoco era alloggiato su un tripode e il carro ne veniva spesso danneggiato La famiglia pazzi doveva restaurarlo praticamente ogni anno. All’epoca il carro era semplice e spartano e i Pazzi decisero di farne costruire uno più resistente e di aspetto più solenne. Nacque quindi il “i Brindellone” . Il nuovo carro prese luce nel 1494 forse come rivincita dei Pazzi che tornarono in Firenze dopo la cacciata de’ Medici.

Una piccola digressione merita questo nome dato al carro pasquale. Brindellone a Firenze assume anche un altro significato, avete mai sentito dire “tu sei un bel brindellone”? Significa letteralmente una persona alta, instabile nel passo, malvestita. La genesi della parola, se spiegata, permette di capire perchè è usata sia per il carro pasquale che per identificare una persona alta e malvestita. Il tutto risale ad un’antica parata organizzata dalla zecca fiorentina. Il 24 giugno per la festa del patrono di Firenze, San Giovanni Battista, la zecca allestiva un carro di fieno che passava per le strade di Firenze e sul pagliericcio veniva posto un uomo vestito come San Giovanni con uno straccio di cammello strappato e logoro. Il carro che avanzava per le strade era lento e instabile e ondeggiava notevolmente a causa delle strade dissestate. Ecco, i fiorentini chiamavano questo carro brindellone e di conseguenza entrò in uso la stessa parola per le persone alte e malvestite che camminavano barcollando, proprio come un carro per le strade dissestate. Solo in seguito divenne uso chiamare ogni carro da parata con il nome brindellone per poi chiamare cosi l’unico carro che ancora sfila per le strade di Firenze, cioè il carro pasquale.

Non è dato sapere quando il tripode con i carboni ardenti fu sostituito dai fuochi artificiali, determinando l’uso della dicitura “scoppio del carro”, ma sappiamo però che fu sotto il pontificato di Leone X° (1513-1521) che venne in uso per la prima volta la “colombina” per innescare lo scoppio del carro. La colombina non è altro che una struttura di cartapesta raffigurante una colomba della pace con un ramo di ulivo in bocca dotata di due razzi che ne permettono la propulsione e il ritorno.

Ieri come oggi il carro la mattina di Pasqua, scortato da musici e sbandieratori del Corteo Storico si muove dal Piazzale del Prato trainato da una coppia di buoi bianchi infiorati accompagnati da un asinello ed arriva sino in piazza del Duomo. I brindellone viene posizionato fra il Battistero e la Cattedrale. I suoi 40 quintali si stagliano fra la folla, dall’alto dei suoi 11 metri osserva i fiorentini e gli presenta gli stendardi dei 4 quartieri storici, uno su ogni fiancata ed in sua presenza avviene il sorteggio per le partite del Calcio Storico.

Il carro è unito da un cavo d’acciaio che si protrae fin dentro la chiesa ad un’altezza di circa 7 metri e termina ad una colonna di legno posta per l’occasione al centro del coro. La miccia della colombina viene  accesa con il fuoco sacro e la portatrice di pace e buon augurio parte dell’altare maggiore e percorre in circa 10 secondi i 90 metri di acciaio prima lungo la navata centrale per poi uscire andando a colpire il carro. La colombina funge da percussore e incendia i fuochi d’artificio dando origine allo scoppio del carro, la colombina deve poi, con il secondo razzo, percorrere il cavo all’indietro sino a tornare al punto di origine. I circa 400 fuochi scoppiano per 10 minuti celebrando la ricorrenza.

Il coretto svolgimento della cerimonia è auspicio di buona fortuna, un tempo questa buona fortuna era rappresentata da un buon raccolto, oggi in termini generici si conserva la tradizione. Il tutto è ancora oggi avvalorato dal triste 1966, anno dell’ultima alluvione fiorentina ed anno in cui la colombina fece cilecca.

Lo spirito fiorentino burlesco non tradisce nemmeno in un giorno tanto sacro e seppur ormai caduta in disuso un tempo i discoli ragazzacci fiorentini approfittavano dell’attenzione rivolta allo scoppio del carro per combinarne qualcuna delle loro. Una delle burle più frequenti era quella della cucitura. In pratica venivano cuciti fra loro gli abiti di 6/7 astanti che a fine cerimonia muovendosi si accorgevano di essere diventati un unico corpo suscitando l’ilarità e il divertimento di chi gli era vicino.

Il carro viene poi riportato alla sua casa originaria dove riposerà per un anno intero presso il civico 48 di Porta al Prato.

Ed il Fuoco Sacro? Quelle potenti pietre nel 1785 trovarono la loro dimora definitiva presso la chiesa di Santi Apostoli dove ancora oggi sono attentamente conservate.

Jacopo Cioni
I’ brindellone.
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