Racconto sul primo Bomber della Fiorentina.

Il Marchese Luigi Ridolfi Vaj da Verrazzano fu il fondatore della squadra di calcio Fiorentina. Riuscì ad unire le due maggiori squadre calcistiche della città: La Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas e il Club Sportivo Firenze, con la malcelata speranza di vedere finalmente in serie A una squadra fiorentina.

Nei primi anni di vita la nuova società disputò le partite nello stadio di via Bellini. Fin che con la promozione in serie A, nell’anno 1931 inaugurò il nuovo stadio progettato nel 1929 costruito nel quartiere di Campo di Marte, nel terreno dove si tenevano le manovre militari e le esibizioni di volo dei primi aeroplani.

Dopo lo stadio il Marche Ridolfi, allestì una squadra per ben figurare nel massimo campionato. Ai già presenti giocatori, se ne aggiunsero altri, provenienti da squadre di serie A. Pertanto arrivarono: Gazzarri, Bigogno, Pitto, Prendato, ma mancava il “Cannoniere” la ciliegina sulla torta! Il giocatore che con le sue reti avrebbe condotto la Fiorentina alla salvezza e magari allo scudetto. A quei tempi andavano di moda i giocatori stranieri. I migliori erano quelli provenienti dalla famosa “Scuola Danubiana”, ma anche quelli che arrivavano dal sud America erano considerati campioni, inoltre erano figli di immigrati italiani, chiamati “oriundi” e con l’origine italiana della famiglia potevano giocare nella nostra nazionale.

Già molti oriundi facevano la fortuna delle nostre squadre: Libonatti, Stabile, Cesarini, Monti, Orsi, Sansone ecc. Così il Marchese Ridolfi inviò telegrammi in Brasile, Argentina, Uruguay, con la speranza di ingaggiare il desiderato campione. Finche un giorno arrivò la segnalazione. In Uruguay c’era un Campione del Mondo del 1930 già vincitore con la sua nazionale di due Olimpiadi. Il campione di Montevideo Pedro Petrone Schiavone figlio di immigrati della Lucania, venne ingaggiato e portato a Firenze.

Il nuovo centrattacco era un nome di spicco del calcio mondiale. I tifosi della Fiorentina cominciavano a sognare in grande. Con l’arrivo di Petrone dicevano; la Fiorentina avrebbe combattuto ad armi pari con le squadre più forti del campionato italiano. Cioè: La Juventus, l’Ambrosiana di Milano, il Milano, il Bologna, il Torino e la Roma.

Il suo arrivo al porto di Genova avvenne il 6 agosto 1931 in compagnia di altri sudamericani destinati ad altre squadre. I tifosi Viola andarono ad aspettare alla stazione di Santa Maria Novella il suo arrivo per acclamarlo e portarlo in trionfo. Purtroppo il campione era arrivato senza le sue personali scarpe da gioco e non poteva allenarsi. I giorni passavano l’allenatore e i tifosi erano disperati, senza le scarpe da gioco non poteva giocare, lasciandoli delusi. Andò in giro per la città per trovare quelle che facessero al caso, ma i giorni passavano e non le trovava. La Società intanto si attivava per fargli arrivare le scarpe da Montevideo. Fin che un giorno durante una visita a Bologna al connazionale Raffaele Sansone le trovò.

Trovate finalmente le scarpe da gioco per i suoi piedi, iniziò gli allenamenti, per poi esordire finalmente nel campionato italiano. I tifosi che andavano a vedere gli allenamenti della squadra, furono testimoni di un evento incredibile. Mentre i giocatori Viola si allenavano sul campo degli Assi Giglio Rosso, il bomber colpì con un forte calcio il pallone, che superata la rete di recinzione andò a fracassare una vetrata del bar della società! I tifosi si stropicciavano gli occhi, per essere sicuri di non sognare. Se il centrattacco in allenamento faceva queste cose, chissà quante reti avrebbe segnato agli avversari.

Il 13 settembre 1931 venne disputata una partita amichevole nel nuovo stadio intitolato a Giovanni Berta, contro la squadra austriaca Admira Wien, vinta dalla società fiorentina con una rete segnata dal suo centravanti uruguaiano. La prima rete nel campionato la segnò nella partita casalinga con la squadra del Brescia. Alla fine del torneo di calcio divenne capo cannoniere in coabitazione con il bolognese Angelo Schiavio, meritandosi l’appellativo di “Artillero”. Nel seguente campionato la Fiorentina vinse allo stadio Berta per la priva volta una partita contro la Juventus, con una rete di Petrone.

Mio suocero era un tifoso sfegatato della nostra squadra, tanto da seguirla in casa e in trasferta. Mi raccontò un episodio legato a quella partita. Il sabato prima della partita, le due squadre si incontrarono durante un allenamento allo stadio. Il portiere della Juventus il grande Combi, sfotté Petrone che per non spettinarsi i capelli impomatati con la brillantina (all’epoca tutti gli uomini se la spalmavano sul capo per essere alla moda), portava una retina e non colpiva mai il pallone di testa. Ad un certo punto il nostro centravanti si rivolse al suo avversario promettendoli che gli avrebbe segnato un goal di testa, e per avvallare la scommessa giocarono ciascuno mille lire.

Infatti la domenica durante l’incontro avvenne quello che Petrone aveva pronosticato. Su un lancio proveniente dalla linea laterale, saltò in alto colpì il pallone di testa, che si insaccò alle spalle del portiere Combi. Tutto il pubblico presente allo stadio si alzò in piedi per applaudire il campione. Il Marchese Ridolfi lo ricompensò per il suo gesto, regalandogli una automobile marca “Balilla”. I suoi goal bellissimi e potenti erano diventati leggenda, grazie anche ad un cronista del giornale la “Nazione”, che scriveva; Quando Petrone segnava un goal nella rete avversaria, i cipressi di Fiesole si inchinavano per rendergli omaggio;.

Sembrava andasse tutto bene nel campionato 1931/32, con soddisfazione della società e dei tifosi che si coccolavano il loro cannoniere. La Fiorentina alla fine si classificò al quarto posto con il corredo della vincita della classifica cannonieri da parte del suo bomber. Era il massimo per la giovane squadra, ma l’imponderabile era in agguato. Successe nel campionato successivo un fatto che avrebbe messo fine alla carriera italiana del campione. Durante un allenamento, l’allenatore austriaco della Fiorentina Felsner, chiese al giocatore di spostarsi all’ala per sfruttare meglio la sua velocità. Era capace di di correre i 100 metri in 11 secondi. Un missile!

Ma l’uruguaiano si ribellò e alla partita successiva, risultò il peggiore in campo. Ci fu una furibonda lite con l’allenatore, il quale poi raccontò al marchese Ridolfi del rifiuto del giocatore. Il presidente appoggiò l’allenatore, multò e mise fuori squadra il ribelle fino a data da destinarsi. Petrone non prese bene questa decisione, un giorno partì da Firenze, per andare a Bologna a visitare il connazionale Occhiuzzi, invece andò a Genova e tornò in Uruguay. La società non fece nulla per perdonare il suo giocatore, che tornato in patria venne ingaggiato Dal Nacional di Montevideo.

Due anni dopo Petrone all’improvviso lasciò di soppiatto la squadra sud americana, si imbarcò per tornare in Italia dopo due anni di assenza. Il Nacional gli fece sequestrare i beni posseduti a Montevideo per rifarsi del danno subito con l’interruzione del contratto. Rientrò a Firenze cercando di farsi ingaggiare dalla Fiorentina, ma il Ridolfi, memore del fattaccio accaduto due anni prima non lo ascoltò, così Petrone ritornò in Uruguay per sempre, e dove morì nel 1964 a 59 anni. Rimpianto dai tifosi del Nacional e della Fiorentina. Tornato in patria non rinnegò gli anni passati in viola, divenne proprietario di una scuderia di cavalli alla quale diede il nome di Fiorentina.

Alberto Chiarugi
Pedro Petrone Schiavone “L’artillero”
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