La crociata per liberare la terra Santa dagli arabi venne bandita durante il concilio di Clermont nel 1095 da Papa Urbano II. Questo perchè ascoltando le notizie dei mercanti che narravano le violenze a cui venivano sottoposti i pellegrini che si recavano a pregare al Santo Sepolcro e su sollecitazione dell’Imperatore di Bisanzio Alessio Comneno, decise di inviare una spedizione militare, chiamata in seguito, crociata. Pertanto nell’omelia sollecitò i principi europei ad andare in Palestina a combattere gli infedeli insieme ai Bizantini. Anche un frate tale Pietro l’eremita, si mise in cammino per tutti i regni ad infiammare e convincere con le sue parole, re, principi e soldati a partire per liberare la terra Santa dagli infedeli al grido di Deo vulte, Dio lo vuole.

Gli eserciti con i loro comandanti si mossero da ogni parte dell’Europa per riconquistare i luoghi sacri caduti in mano agli arabi nel periodo 632/661, massima espansione della loro conquista. Sulla spalla destra del mantello bianco avevano cucita una croce rossa per questo furono chiamati crociati.

Anche da Firenze, rispondendo all’appello del Papa, partirono molti cavalieri agli ordini di Pazzino de’Pazzi capostipite dell’omonima famiglia. Dopo essersi radunati presso la chiesa di San Donato in Polverosa si misero in viaggio per raggiungere l’esercito ed andare in Terra Santa.

La riconquista dei luoghi Santi si rivelò molto ardua e dall’arrivo dei crociati nell’anno 1096 e dalla presa della città di Nicea nel 1097, passarono due anni. Fin quando, nel luglio dell’anno 1098, cinsero d’assedio Gerusalemme e la conquistarono. I fiorentini agli ordini di Pazzino, erano sotto il comando di Goffredo di Buglione. La leggenda narra che il cavaliere fiorentino, fu il primo a salire sulle mura della città, piantando il vessillo bianco con la croce rossa. Il Buglione per ricompensarlo per la prodezza gli regalò due schegge di pietra del Santo Sepolcro.

Quando rientrò in Firenze nell’anno 1101, venne accolto trionfalmente. Le pietre furono conservate nel suo palazzo, poi trasferite nella chiesa di Santa Maria Sopra a Porta, dove ogni anno il giorno di Pasqua, dal loro sfregamento, usciva una scintilla per accendere un braciere dal quale i cittadini accendevano una facella come simbolo di purificazione e la portavano nella loro abitazione. La Signoria dette loro il permesso sostenendo le relative spese per l’allestimento di un carro trionfale detto del “fuoco” per portare in ogni casa la fiamma benedetta.

Questa tradizione andò avanti nel tempo, fino alla congiura ordita dalla famiglia Pazzi per abbattere i Medici, quando fu eliminata insieme al loro ricordo. La Signoria decise di sospendere la distribuzione del fuoco, ma di continuare ad accendere un braciere fra il Battistero e il Duomo. Il Popolo iniziò a protestare, chiedendo di ripristinare l’antica tradizione, fin quando venne ordinato ai Consoli dell’Arte di Calimala di restituire la cerimonia e i festeggiamenti come avveniva prima della congiura.

In seguito con la sconsacrazione della chiesa di Santa Maria Sopra a Porta, le scaglie del Santo Sepolcro, vennero definitivamente trasferite nella chiesa di Santi Apostoli e li si trovano ancora oggi in una custodia appositamente fatta per la loro conservazione e dalla quale ogni anno, per il Sabato Santo, vengono tirate fuori e sfregate per fare uscire la scintilla che accende il Fuoco Sacro. Da qualche anno è stata ripresa la tradizione di accendere un braciere sulle scale del Duomo. La fiamma scaturita viene inserita in un apposito portafuoco e portata in corteo fino al sagrato del Duomo per rimanere acceso tutta la notte.

Lo spettacolo dello scoppio del Carro si svolge ormai da molto tempo nel giorno di Pasqua; il “Brindellone” come viene chiamato con affetto dai fiorentini, viene tratto fuori dal suo alloggiamento e trasportato in corteo per le strade di Firenze, scortato dal Corteo della Repubblica Fiorentina, dal Sindaco con il Gonfalone e dai rappresentanti della Curia, fino alla piazza del Duomo, fra la Cattedrale e il Battistero. Al canto del Gloria il Cardinale Arcivescovo accende la miccia che mette in moto la colomba destinata ad incendiare i fuochi pirotecnici fino a mettere in moto una ruota che con un ultimo scoppio mette in mostra le bandiere dell’Arte di Calimala e dell’Opera del Duomo. Prima dello spettacolo pirotecnico nella piazza avviene il sorteggio per le partite del torneo di giugno del Calcio Storico.

Una antica tradizione vuole che i contadini traggono auspici per il raccolto dal percorso fatto dalla candida colombina. Se il volatile compie tutto i percorso dall’altare al carro e viceversa, il raccolto dei campi andrà bene, se invece si fermerà nel tragitto di andata o ritorno, probabilmente accadrà qualcosa destinata a rovinare il raccolto o qualche disgrazia colpirà la città. Viene ricordato infatti la mancata accensione della colomba e la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e l’alluvione di Firenze dell’anno 1966.

Alberto Chiarugi

Il fuoco pasquale o scoppio del carro.
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2 pensieri su “Il fuoco pasquale o scoppio del carro.

  • 19 Aprile 2019 alle 10:15
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    Anni addietro lo “scoppio” avveniva nel giorno di sabato. Parlo di 40, forse 50 anni fa.
    In termini liturgici la cosa appariva un po’ strana: il Venerdì ed il Sabato Santo sono proprio i giorni dedicati al pensiero, al silenzio, al digiuno mentre lo scoppio è il massimo della festosità.
    Naturalmente la scelta delle ore 12 del Sabato era una scelta motivata: qualcuno sa o ricorda questa motivazione?

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