Rodolfo Siviero

Intervista impossibile a Rodolfo Siviero, figura molto discussa, ricordato per aver revuperato e riportato in Italia opere d’arte trafugate dai Nazisti, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Tempo fa ho deciso di andare a visitare  il museo dello 007 dell’arte Rodolfo Siviero. Nel Lungarno Serristori si trova un villino il cui proprietario collezionista e storico dell’arte ebreo Giorgio Castellano vi abitava insieme alla moglie Matilde Forti e il figlio Paolo. Questa abitazione venne acquistata dal Siviero dal figlio Paolo, dopo le leggi raziali emanate dal governo italiano. Ne fece la base di partenza per i suoi viaggi per il mondo  a recuperare le opere d’arte portate via o acquistate dai Nazisti per  le collezioni private di Hadolf Hitler e Herman Goering. Vi abitò fino alla morte facendone un museo lasciato per disposizione testamentaria alla Regione Toscana affinchè lo mantenesse e lo aprisse al pubblico per le visite.

Mentre giravo per le stanze del piccolo museo, mi sono imbattuto in un elegante signore di circa 72 anni seduto ad una scrivania, mentre guardava con una lente di ingrandimento un quadro disteso sul piano.  Mi sono fermato a guardare il suo lavoro. L’uomo sentendosi osservato , ha interrotto il suo lavoro e mi ha apostrofato: Desidera?

Sono rimasto impietrito e ho farfugliato: Bu buon giorno, sta restaurando quel quadro?
No sono il padrone di casa e di tutto quello che c’è dentro. Mi chiamo Rodolfo Siviero, e lei?
Piacere, mi chiamo Alberto Chiarugi, sono venuto vedere la sua collezione di quadri e statue e se lei  permette vorrei farle alcune domande sulla sua vita e l’attività di recupero. Una amichevole intervista da pubblicare sulla Rivista Fiorentina FlorenceCity.
Va bene acconsento, le racconterò la mia avventurosa vita.
Prego, inizi pure.

Mi chiamo Rodolfo Siviero, sono nato nel paese di Guardistallo nella Maremma pisana la viglilia del Natale del 1911, sono figlio di un sottufficiale dei Reali Carabinieri e della senese Caterina Bulgherini. Ho anche una sorella Imelde detta Rina più piccola. Giunsi con la mia famiglia a Firenze nel 1924, dove mio padre era stato trasferito. La mia carriera scolastica non era molto brillante, non ho mai preso un diploma. iniziai anni dopo a seguire corsi umanisti universitari. All’epoca mi consideravo un Don Giovanni, mi iscrissi come tanti italiani al Partito Fascista. Ero un grande idealista, amante dell’arte e poeta. Ho collaborato al giornale del Partito Fascista. Anni dopo sono entrato in contatto con gli intellettuali frequentanti il bar delle Giubbe Rosse, grazie a queste conoscenze iniziai a lavorare per alcune testate giornalistiche come critico artistico e letterario. Nel 1936 sono riuscito a pubblicare dall’editore Le Monnier  una raccolta di liriche da me scritte dal titolo “La Selva Oscura”.

Così lei aveva realizzato il sogno di diventare poeta. Continui, la sua vita incomincia ad interessarmi.

Conoscevo e parlavo correntemente diverse lingue straniere, riuscii ad entrare in contatto con alte cariche del Partito. Era mia intenzione di fare la carriera diplomatica o entrare a far parte di istituti di cultura italiani. Dopo un anno, il Servizio Investigativo Militare, mi fece avere una borsa di studio universitaria in storia dell’arte in Germania. In realtà si trattava di una copertura per un incarico di informatore. La missione si svolse nella città di Erfurt dalla fine del 1937 al 1938. L’incarico mi venne assegnato dal Generale Alberto Pariani, sottosegretario alla guerra, responsabile delle azioni segrete. Tutto per raccogliere informazioni sull’annessione dell’Austria al Terzo Reich. La missione in Germania ebbe fine nel dicembre del 1938, fui espulso come persona non gradita.

Credevo che il ritorno a Firenze mi avrebbe riservato una accoglienza migliore. Purtroppo veni messo sotto controllo . Il servizio segreto dei fascisti, avevano scoperto che, durante la permanenza in Germania mi ero avvicinato agli alleati e in Italia ai movimenti antifascisti.

Fine prima parte

Alberto Chiarugi
Intervista impossibile a Rodolfo Siviero: prima parte
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