A Firenze la cipolla è sempre stato un ortaggio molto apprezzato sia in termini di gusto e quindi nel suo uso culinario, sia in termini medicinali date le proprietà benefiche possedute. E’ indubbio che le cipolle siano ottime come diuretico, quindi disintossicanti e al pari dell’aglio anche disinfettanti, qualcuno sostiene che un decotto di cipolla è ottimo per la bronchite. Un uso quindi vario, ma quello più divertente è legato ad un aneddoto, una leggenda. Sembra che qual’ora una giovane fanciulla fiorentina avesse più pretendenti e fosse incerta nella scelta poteva chiedere aiuto alle cipolle. In pratica venivano prese tante cipolle quanti erano gli spasimanti e su ognuna di esse erano incise le iniziali del giovanotto. Le cipolle venivano poste su un’asse di legno. La prima cipolla che germogliava indicava il marito migliore per la fanciulla togliendole l’imbarazzo della scelta.
Andando oltre e tornando alla cucina oggi vi racconto la ricetta della carabaccia, cioè la zuppa di cipolle fiorentina ed evito di ammorbarvi con la solita storia di Caterina de’ Medici e i franzosi, anche se ne avrei una gran voglia. Potete leggere il mio pensiero in merito in tante altre ricette pubblicate, tipo Papero al Melarancio.
La carabaccia è un piatto antico che compare anche nel più antico ricettario conosciuto, quello di Cristoforo Messisbugo, il nome presente è carabazada, similare, quindi indicherebbe un’origine ferrarese anche se nella cucina rinascimentale fiorentina era un piatto usatissimo e apprezzatissimo. Addirittura si potrebbe ipotizzare un origine greca del nome, infatti la carabaccia deriva dalla parola greca karabos che indicava una barca a forma di guscio. La similitudine fra lo scafo a guscio e il contenitore concavo (la zuppiera) potrebbe aver dato il nome alla zuppa di cipolle.
Un grande estimatore di questa zuppa sembra fosse Leonardo da Vinci.
Da dire che la ricetta originale sarebbe oggi immangiabile in quanto estremamente dolce e speziata e la sua evoluzione l’ha addomesticata ai palati odierni. Perdonerete quindi se non indico la ricetta antica ma la moderna e qualche variante retrò ma anche moderna. Nella ricetta rinascimentale infatti si abbondava di zucchero di canna e cannella oltre che di agresto e mandorle.
Innanzi tutto è da stabilire quali sono le cipolle più adatte a realizzarla, la classica cipolla rossa toscana va benissimo, ma può essere usata anche la famosa rossa di Tropea che la rende meno aggressiva e più dolce. Se la leggenda è vera e la zuppa nasce a Certaldo allora dovrebbero essere le cipolle del luogo considerate sublimi.
Ingredienti per 4 persone:
3 cipolle rosse grosse o 4 medie
2 carote medie
2 gambi di sedano
olio d’oliva
1 spruzzata di vino bianco secco
2 foglie di basilico
1 litro di brodo bollente,
pecorino dolce grattugiato
fette di pane toscano raffermo da abbrustolire
sale e pepe
versione retro: 15 mandorle sgusciate e tritate grossolanamente, aceto di vino bianco e un cucchiaino di cannella.
versione moderna: 150 gr. di emmental ed esclusione del pecorino.
Preparazione:
Pulite e spellate le cipolle e le carote, lavate i gambi di segano e tagliate i tre ortaggi a fette medie, (attenzione c’è chi esclude carota e sedano e il risultato è ottimo comunque). Poneteli una pentola di coccio insieme ad olio sale e pepe e il basilico. Cominciate la cottura lenta, coperta e girando di sovente. Dopo mezz’ora aggiungete 1/2 bicchiere di vino bianco e fate sfumare bene. Aggiungete quindi il brodo progressivamente per regolarlo nella giusta quantità (secondo se la preferite più liquida o più soda) e fate cuocere per ancora mezz’ora. Fate abbrustolire le fette di pane toscano.
Se desiderate provare una versione retro nella seconda mezz’ora di cottura aggiungete le mandorle tagliate grossolanamente e marinate nell’aceto, quasi a fine cottura spolverate il cucchiaino di cannella.
A cottura ultimata ponete nel piatto la fetta di pane e sopra la zuppa poi cospargete con il pecorino grattugiato.
Se volete provare una versione moderna al posto del pecorino potete usare dell’emmental in queste tre possibili forme, tagliato a dadolini e mescolato alla zuppa, tagliato a fettine ed adagiato sulla zuppa, oppure sciolto sopra la fetta di pane abbrustolito che poi viene posizionata sotto la zuppa. In questo caso si esclude l’uso del pecorino a fronte dell’emmental, nei tre casi esposti sarà il calore della zuppa a renderlo morbido e filoso. Vi assicuro che l’emmental si sposa benissimo con la cipolla cotta.
Infine per i più coraggiosi si può unire antico e moderno, usare le mandorle e la cannella e poi l’emmental al posto del pecorino, ma qui siamo alla sperimentazione!
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