Per chi avesse perso la prima puntata.

Per chi avesse perso la seconda puntata.

Per chi avesse perso la terza puntata.

Per chi avesse perso la quarta puntata.

Per chi avesse perso la quinta puntata.

Per chi avesse perso la sesta puntata.

Per chi avesse perso la settima puntata.

Per chi avesse perso la ottava puntata.

Per chi avesse perso la nona puntata.

Per chi avesse perso la decima puntata.

Ho assistito spesso alle partite, in piazza della Signoria dalla Loggia dei Lanzi, per tanti anni. Talvolta quando i posti a sedere erano completi, mi sono seduto sugli scalini, oppure in piedi all’ingresso del campo. Una volta ero in piedi e parlavo con un mio compagno, sulla partita Bianchi/Azzurri, e facevamo degli apprezzamenti sui giocatori di parte Azzurra, che stavano subendo una solenne sconfitta. Presi dal cazzeggio, non ci eravamo accorti di avere vicino un calciante Azzurro, che essendo quel giorno infortunato non giocava. Alle nostre parole scherzose si era avvicinato e con il suo vocione ci apostrofò duramente; I cazzotti in testa fanno male! Rimanemmo in silenzio non avendo il coraggio di ribattere. Da quel giorno, non ho più scherzato sui calcianti di tutti i colori, anzi di qualcuno sono divenuto amico.

Tanti anni fa, credo di ricordare che fossero gli ultimi anni settanta, accadde un simpatico episodio. In quel tempo, facevamo il corteo di ritorno in Santa Maria Novella per riprendere gli abiti civili. Insieme agli altri rientravano anche i calcianti. Dopo molti anni, i calcianti Azzurri avevano vinto il Torneo di San Giovanni, al colmo della gioia cantavano a squarciagola. Arrivati nella piazza si gettarono nella vasca posta al centro del giardini, ridendo e scherzando come dei bambini, fra le risate del pubblico accorso per vedere il rientro del Corteo.

Tornando dalle partite i calcianti, arrivati in piazza Santa Maria Novella, si recavano all’ambulatorio della Fratetellanza Militare per farsi medicare le ferite che avevano subito e per fare l’eventuale denuncia infortunistica per il lavoro. Mentre aspettavano il loro turno, si sprecavano le battute sulla partita e per rimbrottare l’avversario per la contusione subita. Ma tutto finiva li, anzi dopo un pò si recavano ad un bar dall’altra parte della piazza, per bere una birra in amicizia.

Per qualche tempo, ci spogliavamo nel Cappellone degli Spagnoli, nella chiesa di Santa Maria Novella, le bellissime pareti affrescate ci facevano compagnia. Le guardavamo con rispetto senza avvicinarci ne toccarle. Poi venimmo spostati nei chiostrini fra le tombe dove si trovavano i tavoli con i nostri costumi. Lo spettacolo era spettrale, anche se di giorno era accettabile. Di notte quando tornavamo a riprendere i nostri abiti era inquietante. L’ambiente illuminato da flebili lampade e dai lumini delle tombe incuteva paura. Uno dei miei compagni aveva terrore per quel luogo, si cambiava alla svelta e se ne andava. Ad un buon tempone venne in mente di giocargli uno scherzo atroce. Al rientro da una notturna, si nascose sotto un tavolo dove erano appoggiati i nostri abiti, ed aspettò il ritorno del fifone. Eravamo rientrati tutti, quando ad un tratto si sentì un urlo disumano, il poveretto impegnato ad indossare i suoi vestiti, era stato afferrato per una gamba da quello sotto il tavolo. Una scena che ci colse di sorpresa. Quando poi l’autore dello scherzo usci di sotto al tavolo, vi fu una risata generale. Quello che non rise fu il capo gruppo, prese i due e gli fece una solenne lavata di capo, mentre noi ridevamo di gusto e facendo battute sulla vittima.

Per diversi anni dopo la fine del Torneo, il Comune offriva una cena conviviale a tutti figuranti e calcianti, in un ristorante di Firenze. La cena scorreva fra risa e battute, con qualche canto improvvisato da uno dei presenti che aveva alzato il gomito. Tutto per cementare l’amicizia fra di noi.

Per molto tempo il Comune, ai figuranti che raggiungevano le cinquanta adesioni alle partite del Torneo, regalava una medaglia d’argento a ricordo. Quando arrivai al fatidico traguardo, speravo ardentemente di ricevere questa attestazione, ma rimasi deluso. Il Comune aveva annullato il riconoscimento. Non vi dico la mia rabbia. Avevo il morale sotto i tacchi, ero stato sempre presente, e adesso che avevo raggiunto il fatidico numero ero rimasto a bocca asciutta. Il mio Capo Gruppo, vedendo la mia delusione, fece coniare a sue spese la medaglia commemorativa e me la consegnò.

Un triste ricordo mi torna alla mente. Il mio Capo Gruppo, aveva iniziato a farmi prendere l’abitudine a occupare il suo posto, per prepararmi la strada quando lui avrebbe lasciato per aver raggiunto il limite di partecipazione al Corteo. In un primo tempo, ero recalcitrante a fare questo percorso, le responsabilità erano tante. Preferivo fare il semplice figurante senza avere nessun obbligo. Seppe prendermi per il verso giusto e piano piano iniziai ad assecondarlo. Purtroppo un giorno, mentre andava a giro con il motorino, andò a sbattere violentemente contro un auto, morendo sul colpo. Questa notizia mi colse all’improvviso; adesso dovevo prenderne il posto fino alle votazioni per il nuovo Capo Gruppo. Venni chiamato dal Direttore del Corteo, che senza tanti giri di parole mi invitò ad indire le votazioni e a candidarmi. Non volevo farlo, ma i miei compagni e mio figlio, mi convinsero. C’era il pericolo che il Direttore sarebbe intervenuto per risolvere l’impasse con la nomina di un figurante esterno al gruppo. Così accettai e fui eletto con il massimo dei voti.

Foto di Andrea Pagliantini.

Nei miei anni come Capo Gruppo, ho cercato di essere un compagno per tutti i miei ragazzi. Forse sono stato un po ripetitivo nel rammentare a tutti di avere un comportamento consono al ruolo rappresentato. Ho combattuto con tutto me stesso per la conservazione del materiale. Per molti anni sono andato di persona nei magazzini dove sono conservati i costumi, per preparare insieme ai magazzinieri, tutto quello che sarebbe servito per la buona riuscita della manifestazione.

Mi sono speso per far capire hai nuovi arrivati e agli anziani del gruppo, di presentarsi sempre in orario alla vestizione insistendo molto, perché il figurante fosse vestito bene, con le scarpe pulite, le piume messe per bene sul cappello, le calze dritte e tirate in modo di non scendere durante la sfilata. Tutti hanno capito le mie istruzioni, anche se qualcuno diceva che ero un rompi, ma che volevo fare bella figura.

Le rare volte in cui sono stato assente, ho raccomandato ai miei vice di mantenere la disciplina, perché se fosse andata qualcosa storta, sarei stato richiamato dal Direttore. Purtroppo una volta le mie raccomandazioni sono cadute nel vuoto. Qualcuno approfittando della mia assenza, non ha ubbidito ai miei vice. Era la festa di Sant’Anna. Quella volta ero assente. Come le altre volte in cui ero mancato, avevo raccomandato a tutti i partecipanti di obbedire al mio sostituto, avvisandoli che al mio ritorno mi avrebbe aggiornato. Alla vestizione tutto andava per il meglio, l’organico era quasi completo, mancava solamente una persona in ritardo per motivi di lavoro. Arrivò poco prima della partenza del Corteo, si vestì in fretta e furia, e chiese al mio sostituto il permesso di andare ad un bar a mangiare qualcosa perché era digiuno. Gli fu negato il permesso di allontanarsi, il Corteo stava per muoversi. Arrivati in piazza della Signoria, il Corteo si schierò in attesa del Gonfalone e del rappresentante del Sindaco. L’attesa andava per le lunghe, il rappresentante del Sindaco era molto in ritardo. Ad un tratto quello arrivato in ritardo, chiese nuovamente il permesso di andare a prendere qualcosa da mangiare.

La risposta fu nuovamente negativa, non poteva in alcun modo abbandonare il suo posto e doveva aspettare come tutti gli altri. Dopo aver brontolato ad alta voce, se ne tornò alla sede. Quando finita la manifestazione il Corteo tornò a palazzo Canacci, lo trovò a sedere su di uno scalino intento a mangiarsi un panino. La sera stessa, il mio vice mi chiamò per raccontarmi quanto era accaduto, con la raccomandazione del Direttore di ascoltare tutte e due le fonti e di preparare un rapporto dettagliato. Tornato a Firenze, convocai i diretti interessati facendomi raccontare cosa era accaduto. Al colpevole feci una bella lavata di capo, preannunciando l’incontro con il Direttore, dopo di che preparai quanto richiesto. Dopo qualche giorno, venimmo convocati alla sede.

Il Direttore lesse il mio rapporto e sentì i due diretti interessati, poi mi chiese quale punizione avrei inflitto al figurante. Iniziai dicendo che aveva mancato alla parola data, ubbidire al mio vice in mia mancanza, e aveva tradito la mia fiducia. Non doveva abbandonare per nessun motivo il Corteo, tornare alla sede, mettersi seduto a mangiare un panino, con in dosso il costume e con al fianco un pugnale. Con il pericolo di essere aggredito e di farsi rubare la sua arma, e tentare furti. Per tutto questo, suggerivo di sospenderlo per sei mesi, con la promessa di mandarlo via alla prossima mancanza. Dopo questa sentenza, questa persona si scusò per quanto fatto, e mi promise di non commettere altre mancanze.

Alberto Chiarugi

Ricordi ed impressioni di un figurante del calcio storico, undicesima puntata

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