La stazione di Santa Maria Novella (indicata come Firenze SMN) è la stazione ferroviaria centrale di Firenze.

Firenze, già all’inaugurazione della stazione Leopolda del 1848, sentiva la necessità di una nuova stazione non limitata ad una sola direzionalità ferroviaria, ma che coprisse lo smaltimento su verghe a 360°. Consideriamo che oggi lo smaltimento passeggeri di Santa Maria Novella rappresenta, per quantità, la 4° stazione d’Italia e nonostante questo Firenze necessita di stazioni minori come Campo Marte o Rifredi, sottolinea come fosse un’opera di primaria importanza proprio per la longevità del progetto.

Nei primi anni trenta del secolo scorso fu indotto dal Comune di Firenze un grande concorso per la realizzazione di una stazione fiorentina ed il concorso fu vinto da un gruppo denominato “Gruppo Toscano”. Il gruppo toscano era costituito da Giovanni Michelucci, architetto e urbanista, considerato il padre putativo del progetto, da Pier Niccolò Berardi, Nello Baroni, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri e Leonardo Lusanna (l’unico non toscano, di origine siciliana). Le strutture tecniche dell’epoca furono invece progettate da Angiolo Mazzoni. In origine era stato proprio di Angiolo Mazzoni, incaricato da Costanzo Ciano, il primo progetto per la stazione centrale, ma non aveva soddisfatto la comunità e il Comune e per questa ragione fu indotto il concorso.

Potete solo immaginare le discussioni interminabili nei caffè fiorentini dell’epoca dove giovani e non più tanto giovani intellettuali si dimenavano in idee e negazioni.

Furono presentati 100 progetti al concorso e molti di questi erano estremamente validi. L’entusiasmo del Duce verso il progetto del Gruppo Toscano non derivò dal progetto di per se stesso ma da una combinazione che gli stessi progettisti negarono mai voluta, in pratica osservando la stazione fiorentina dall’alto si mimava un fascio littorio. Questo fece spostare l’asse verso il progetto del Gruppo Toscano rispetto ai 100 progetti presentati.

Il progetto che ne nacque non era certo in linea con lo stampo imperialista del Fascismo, si collocava più in rispetto un inno alla logica della funzionalità, nonostante questo lo stesso Mussolini ne fu entusiasta.

L’intero progetto di Michelucci si identificava con il “razionalismo italiano” cioè quella corrente architettonica che si stava affermando negli anni venti e trenta che seguendo i principi del funzionalismo si è poi protratto sino agli anni settanta. L’ultima corrente artitettonica italiana. Il vero genio di Michelucci fu però sviluppare un progetto si funzionale e che non richiamasse le forme slanciate della cattedrale medioevale prospiciente ma attuando comunque un richiamo attraverso i materiali del rivestimento, la pietra forte.

I lavori ebbero inizio…

… e poi terminarono con una inaugurazione sfarzosa.

Sarebbe interessante descrivere a questo punto la struttura interna per evidenziarne la funzionalità architettonica unita al fascino del luogo e questo potrebbe essere un articolo futuro, oggi mi fermo qua e non senza un riflessione. Questa è un’opera del Fascismo, di un periodo storico buio per l’Italia e per il mondo tutto, ma talune affermazioni recenti devono far riflettere. Quando si inneggia alla distruzione di un monumento o di un’opera perchè ricorda un periodo brutto si commette un peccato di arroganza prima verso la storia stessa che non va cancellata, ma ricordata, poi verso il genere umano abbassando il livello culturale di tutti. Se oggi o domani si scoprisse “biglinamente” che la Chiesa basa i suoi fondamenti su una bugia si dovrebbe distruggere tutte le opere d’arte che da essa derivano? Chiese e dipinti? Sculture e affreschi? Coloro che abbattano ciò che contrasta con le proprie idee sono in realtà dei nazisti cerebrali che bruciano i libri che non si adattano al loro pensiero.

Jacopo Cioni
Santa Maria Novella, una stazione immortale.

2 pensieri su “Santa Maria Novella, una stazione immortale.

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  • 7 Agosto 2017 alle 23:40
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    Sono perfettamente d’accordo con l’autore. La Stazione di S. M. Novella non si tocca, nel senso di buttarla giù, sarebbe un’ inciviltà imperdonabile e tutti i fiorentini si scaglierebbero contro a chi facesse cotanto oltraggio a Firenze. Sono anche convinta che la Boldrini non si riferisse affatto alla stazione di Firenze o a qualsiasi altro monumento di pubblica utilità, ma piuttosto a monumenti e fregi tipici del periodo fascista.
    A Firenze non mi pare che ne esistano, ma in altre città d’Italia si, anche se sul momento non ricordo dove, ma ho visto, ne sono certa, fasci littori, aquile e altre segni di quel periodo in altre località. Queste a mio avviso, prese singolarmente, si potrebbero anche distruggere anche se, come dice l’autore, sarebbe come cancellare una parte importante di storia che l’Italia ha vissuto. Quindi no, per ricordo, solo per ricordo teniamole a futura memoria di un periodo che non deve ritornare più.

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