Gli armorari chiamati anche armieri e corazzai, erano fabbricanti di armature e di tutte le armi bianche per difesa passiva (scudi ed elmi), mentre l’armaiolo produceva armi da offesa.

L’armaiolo è da sempre il fabbricante e il riparatore di tutti i tipi di armi. A questa Corporazione erano iscritti tutti i fabbricanti di oggetti per uso militare: elmi, visiere, corazze, e guanti in ferro, bacinetti, cosciali, gamberoli, testiere, candelabri e lanterne per usi militari, fiaschette in ferro e ottone per contenere la polvere da sparo, spade, spuntoni, coltelli da guerra, e tutte le armi da guerra e da parata. Benché l’Arte avesse pochi iscritti aveva una grande importanza.

Anticamente, i Corazzai avevano una loro Arte, come gli Spadai. Negli anni seguenti si unirono in una unica Arte, con un solo Statuto redatto nel 1410, sancendo di fatto la nascita della nuova Corporazione. In qualità di sottoposti, furono accettati i forgiatori, e i brunitori. Questi vennero immatricolati in un libro a parte, per affiliarsi pagavano una tassa d’iscrizione. Era a loro severamente vietato eseguire i lavori riservati esclusivamente ai Corazzai e Spadai. Inoltre vi erano associati i carbonai, fornitori di tutti i lavoranti del ferro, compreso i fabbri e chiavaioli, e i pittori per decorare le armature.

Nei tempi antichi, gli spadai (fabbricanti di spade e coltelli) avevano le loro botteghe nel quartiere di San Lorenzo in via Nuova degli Spadai o via” Larga dove si forgiano le spade”. Oggi la strada si chiama via Martelli, a ricordo di quella famiglia diventata celebre per l’accuratezza nel forgiare quelle armi. E per le case e le officine possedute nel popolo di San Lorenzo. I Martelli da sempre uniti indissolubilmente ai Medici. Con Ugolino furono gli unici ad aiutare Cosimo il Vecchio, quando venne esiliato, divenendo conservatore dei beni della famiglia Medici. Roberto Martelli gli fornì i fondi per trasferire il Concilio Ecumenico del 1439 da Ferrara a Firenze. Durante il Granducato di Cosimo I°, Camilla Martelli lo sposò quando divenne vedovo, sanando una situazione che andava avanti da molto tempo (Cosimo e Camilla erano da tempo amanti). Inoltre era giunta agli orecchi del Papa, il quale spingeva il Medici a sanare con un matrimonio il loro amore e per tacitare le chiacchiere del popolo.

Per i fabbricanti di corazze e delle spade, e per tutti gli iscritti, era fatto l’obbligo di marcare i loro manufatti con simboli di riconoscimento, per distinguerli fra loro. Ciascuno di questi marchi era registrato in un apposito libro. Le loro botteghe erano situate in “via dei Corazzai Vecchi” oggi si chiama via dei Pucci. Altre si trovavano in via verso il Duomo, in via degli Armaioli (dalla Croce al Trebbio a via dei Banchi). Fra i corazzai si trovavano coloro che producevano corazze rigide all’antica, quelli che le costruivano a lamine o a piastre. Artigiani specializzati in elmi, bracciali, schinieri ginocchiere. Questi lavoravano solamente parti delle armature, ma tutti insieme costituivano l’Arte dei Corazzai e Spadai.

Questi artigiani erano talmente bravi che i loro prodotti erano conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, di questo ne andavano fieri! Tutto contribuiva ad aumentare il prestigio della Corporazione. Mercanti della città di Assisi giunsero a Firenze nel 1294 per acquistare spade e un grande numero di “cervelliere” (cuffie di maglia di ferro da portare sotto l’elmo).

Un cliente degli artigiani fiorentini fu il re di Sicilia Carlo I° d’Angiò, che acquistò 10000 elmi di ferro, 4000 corazze a piastre con gorgiere; al re Giacomo d’Aragona vennero vendute 1050 corazze, guanti in ferro, gorgiere, e 4000 elmi in ferro. All’Imperatore Federico II conoscendo la fama di questi valenti artigiani, vennero fornite un cospicuo numero di ginocchiere. Al Papa Bonifacio VIII armi e corazze pagate con 3000 once d’oro. A Lodovico conte e duca di Carinzia e Tirolo, guanti di ferro e gorgiere. I pagamenti di questi acquisti avvenivano attraverso le compagnie bancarie dei; Peruzzi, Bardi, Frescobaldi, e Acciaioli, e per tramite dei mercanti presenti nei principali porti e città europee.

Il Comune di Firenze era un cliente privilegiato, nell’acquisto delle armi per il proprio esercito, stabilendo per legge la qualità, lo spessore dell’acciaio, il cuoio di vitellino e bufalino per meglio proteggere chi indossava l’armatura. Nel tredicesimo secolo ebbero grande successo le armature a maglia, formata da una maglia tutta di acciaio con lunghe calze a maglia per la protezione delle gambe. In seguito vennero sostituite da quelle a piastre d’acciaio per resistere meglio ai colpi, di colore bianco naturale o brunite con incisioni e dorate. Gli elmi destinati alla protezione della testa erano di svariati tipi; dal Bacinetto fiorentino, alla Celata alla Borgognona, al Morione e altri.

La Corporazione produceva armi bianche: gli spadoni a due mani con lame a due fili o con lama a forma di fiamma, spade, pugnali, mazze ferrate, coltelli da guerra, armi in asta: lo spuntone, la lancia o picca, l’alabarda, il falcione, la partigiana o la partigianona, e la corsesca (arma usata dai sodati còrsi). Le botteghe di questi artigiani si trovavano in via delle Lance. I balestrieri produttori di balestre, avevano le loro botteghe in via dei balestrieri (oggi via del Proconsolo).

Con l’avvento delle armi da fuoco, le artiglierie soppiantarono le armi bianche. I cannoni furono battezzati con nomi di animali: serpenti; il Basilisco, il Dragone, la Colubrina, l’Aspide. Quelli di calibro inferiore ebbero il nome di uccelli rapaci: Sagri, Falconi, Falconetti, Girifalchi, e le Poiane. Gli armaioli costruttori di queste nuove armi passarono alla storia per la loro bravura e abilità: Michelangelo Viviani, Bernardino d’Antonio, i fratelli Adriano e Aluigi Lani (ageminatori; lavoratori d’intarsio per spade), Michele Lorenzoni, Gian Parigino, e Raffaello Verdiani archibugieri (fabbricanti di archibugi, con botteghe vicino al fiume Arno, Lungarno Archibugieri), e infine Cosimo Cenni fonditore.

Lo Statuto dell’Arte illustrava le norme a cui dovevano sottostare i nuovi artigiani inesperti. Essi dovevano sottoporsi obbligatoriamente un esame, davanti a quattro maestri esperti. Era severamente vietato ai maestri di togliere un allievo ad un altro, prima che questi avesse finito il periodo di tirocinio, proponendogli miglioramenti salariali. In quello del 1321 erano elencati i giorni festivi nei quali non dovevano lavorare.

Durante le guerre, il Comune autorizzava gli armaioli a lavorare nei giorni festivi. Potevano effettuare riparazioni urgenti sia di sabato che di domenica. Era concessa la chiusura anticipata delle botteghe per le festività solenni. Lo Statuto del 1410, obbligava a sospendere il lavoro alla vigilia di San Giorgio Patrono dell’Arte.

Per Santo Patrono l’Arte scelse San Giorgio martire cristiano, morto sotto l’Imperatore Diocleziano. Fu decapitato quando non volle fare sacrifici alla Dea Roma. La sua statua da apporre sulla facciata della chiesa di Orsanmichele, venne commissionata a Donatello. Oggi l’originale della statua è conservata al Museo Nazionale del Bargello, al suo posto si trova una bellissima copia. Ogni anno il 23 aprile la Corporazione festeggiava il Santo con solennità. La sua edicola e la statua venivano imbandierate con l’insegna degli armaioli: Corazza e spada al naturale in campo bianco; la spada ha intorno una cinghia rossa. Venivano inoltre offerti 27 torchietti di cera, corrispondenti a 54 libbre. La prima residenza dell’Arte era situata davanti alla chiesa di San Pier Celoro in piazza del Capitolo. Nel 1429 i Consoli acquistarono due casette situate davanti al campanile di Giotto, come residenza definitiva. Vi rimasero fino al 1554, quando venne ceduta agli Ufficiali dei Pupilli e passata in seguito alla Arciconfraternita della Misericordia.

Nel Corteo della Repubblica Fiorentina L’Arte dei Corazzai e Spadai, sfila con le Arti Minori. Il Bandieraio indossa un giubbone di panno rosso con bordature bianche, maniche rosse trinciate, su cotone bianco. Dal gomito al polso ci sono due maniche di maglia di ferro. Sulla sinistra del giubbone c’è un ovale che rappresenta l’insegna dell’Arte; Spada al naturale con legata intorno una cinghia rossa, e una corazza al naturare in campo bianco. Porta una berretta di panno rosso piumata. Al fianco ha una spada a striscia con elsa a “Esse”, sulla destra una bolgetta con lo stemma dell’Arte. Porta l’insegna dell’Arte: Corazza e spada al naturale in campo bianco. Indossa una calzamaglia di cotone rossa e bianca, scarpe di pelle marroni occhiellate a “piè d’orso”.

Alberto Chiarugi
Arte dei Corazai e spadai

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