Prima parte

Seconda parte

Terza parte

Quarta parte

Quinta parte

Sesta parte

E’ il giorno della partenza per Poggio a Caiano, è stato preparato quello che Francesco ha richiesto, la carrozza con due morelli al tiro, il carro trainato da due buoi con i bauli e le provviste. Giungono nel cortile di Palazzo Pitti i Granduchi. Si sistemano nella carrozza, io e gli altri siamo sul carro. Ci incamminiamo verso Poggio a Caiano, con una scorta di lanceri a cavallo. Strada facendo ci fermiamo per mangiare in un osteria. Si chiama al “Cinghiale”. I Granduchi si sistemano ad un tavolo per mangiare, mentre noi famigli e servi mangiamo accanto ai legni.
Nel pomeriggio siamo pronti per continuare il viaggio. La strada da percorre non è molta, al tramonto arriviamo a destinazione. Florinda scende dal carro e apre il portone della villa, e entra in tutte le stanze per arieggiarle e preparare i letti. Io accendo tutti i camini delle stanze, nel salone da pranzo accendo tutte le candele. Il cocchiere e i due servi, portano la carrozza nella stalla, staccano i cavalli e li governano. Anche il carro viene liberato dal suo carico. I due buoi vengono portati nella stalla distanti dai cavalli. Checco, Faina, Neri e Ciantella portano i viveri alla cucina. Anna la cuoca deve preparare la cena. Poi portano i bauli dei vestiti nella stanza dei padroni.
La cena scorre velocemente. Francesco e Bianca sono stanchi, dopo cena vanno a dormire, domani mattina andranno a caccia. Stamani i due giovani si sono alzati presto, dopo una veloce colazione, mi hanno ordinato di sellare i cavalli, vogliono partire presto. Devo andare dai contadini a prendere i cani, e un carro per gli animali uccisi, e ordinare a due di loro di accompagnarci nei boschi li intorno.
Partiamo per la caccia. I cani fanno bene il loro lavoro, a mezzo giorno sono stati uccisi diversi Fagiani, un Daino e tre Lepri. Ci fermiamo per mangiare. Il Granduca è soddisfatto di quanto ucciso. Ordina ai contadini di preparare il desinare. Viene stesa sul prato una tovaglia. Tirano fuori i piatti, il mangiare, e il vino. Dopo mangiato: Bianca dice a Francesco di essere molto stanca e di voler tornare alla Villa. Francesco chiama Checco e Faina, li ordina di accompagnarla, devono dire a Florinda di prepararle il letto per riposarsi. Lui vuole continuare a cacciare fino al tramonto, poi farà ritorno a Poggio a Caiano.
Come stabilito al tramonto Francesco, cessa di cacciare. Chiama i due contadini, ordina di mettere la selvaggina sul carro, per ritornare alla Villa. Sulla strada del ritorno, Francesco mi chiama vicino a se. Mi dice di essere molto stanco e di voler andare a letto senza cenare. La notte scorre tranquilla. Al mattino sento bussare alla porta della stanza, dove ho dormito con Florinda. Mi alzo e vado ad aprire. Maria la guardarobiera mi dice di andare a Firenze a chiamare i dottori Marius e Gaetano. Uno di loro abita in via dei Pittori, l’altro in via dei Balestrieri. I Granduchi hanno ambedue febbre molto alta.
Giungo in città. Rintraccio le abitazioni dei dottori e dico loro di seguirmi a Poggio a Caiano. Francesco e Bianca, dopo aver cacciato tutto il giorno hanno febbre alta. Per dovere passo da Palazzo Pitti, per avvisare il Cardinale Ferdinando che i Granduchi sono a letto ammalati. Mi ha ordinato di portare a Poggio a Caiano i dottori. Siamo arrivati alla Villa insieme al Cardinale. I dottori hanno visitato Francesco e Bianca, la diagnosi è “Febbre Terzana” per ambedue. Dopo un consulto decidono di attendere qualche giorno prima di intervenire. Ferdinando acconsente, e decide di rientrare a Firenze, per curare gli interessi dello Stato, raccomandando a me e ai due medici di tenerlo informato sul decorso della malattia.

Ferdinando de’Medici

Ferdinando prima di andarsene, va a trovare Bianca, per informarla che prende il posto di Francesco, e in caso di morte del fratello diverrà lui Granduca dopo aver smesso i panni di Cardinale.
Ferd: Bianca, da oggi in poi prendo il posto di mio fratello nella amministrazione dello Stato. In caso di morte di Francesco, rinuncerò ad essere Cardinale per divenire Granduca. Da quel momento vi ordinerò di lasciare Palazzo Pitti, di tornare a Venezia, altrimenti vi metterò in convento fino alla fine dei vostri giorni.
La salute due ammalati peggiora ogni giorno di più. Il 18 ottobre 1587 muore Francesco, e il giorno dopo Bianca lo segue nella tomba. I due medici accorsi al capezzale per certificarne la morte, ordinano che i due congiunti siano sepolti nella chiesa di Santa Maria a Bonistallo.
Parto per Firenze per portare la ferale notizia a Ferdinando. Il Cardinale è nel salone da pranzo seduto accanto al camino. Appena mi vede capisce che il suo fratello e la cognata sono morti. Si ritira nella sua camera da letto per togliersi gli abiti talari, e indossarne altri. Partiamo al galoppo per arrivare alla villa il prima possibile. La mattina dopo, andiamo alla chiesa di Santa Maria a Bonistallo, con due contadini. Vuole portare a Firenze la salma del fratello per dargli degna sepoltura nella chiesa di San Lorenzo. La salma di Bianca viene ignorata e lasciata dove si trova.
A Firenze Ferdinando scrive al Pontefice Pio IV per informarlo della sua rinuncia al titolo di Cardinale, per assumere quello di Granduca di Toscana, in quanto il fratello morto non ha lasciato figli maschi. Il Pontefice lo prega di mantenere la Porpora Cardinalizia, fin quando non troverà una moglie. Ferdinando mi manda a chiamare. Ordina di preparare il cataletto per l’esposizione della salma, nella camera da letto di Francesco.
Il giorno appresso i maggiorenti della città e il popolo arrivano a Palazzo Pitti per rendere omaggio alla salma di Francesco. Il popolo parla della morte del Granduca, qualcuno si spinge a dire che lui e Bianca siano morti avvelenati. Avviso Ferdinando di quanto ho ascoltato. Prende carta e penna e scrive una lettera da leggere dopo il funerale, dove dice che il defunto fratello è morto per complicazioni dovute dalla “febbre Terza”, e se si parla di sospetto avvelenamento, questo è dovuto all’aver mangiato dei funghi non commestibili.
L’indomani la salma viene deposta un un carro funebre, trainato da due cavalli con gualdrappe e pennacchi neri. Il corteo funebre si muove da Pitti fra due ali di folla, per arrivare alla chiesa di San Lorenzo per la cerimonia funebre e l’inumazione nella Cappella dei Principi, accanto alla tomba della prima moglie. A Bianca non viene fatta alcuna cerimonia funebre. Nessuno si fa vivo dalla Serenissima, per informarsi della salute, e della malattia che l’ha portata alla morte.
Ferdinando ora è il Signore di Firenze, ha lottato tanto per arrivarci, ed ora ha preso il posto del defunto fratello, e non c’è più l’odiata veneziana a fargli ombra. Ha cancellato ogni segno della consorte Granduchessa, durante la sua permanenza a palazzo Pitti. E si è ingegnato a fare sparire la sua salma, forse in una fossa comune non nelle tombe medicee.
Per dimostrare la differenza nell’amministrare lo Stato, e mostrare la sua magnanimità verso Camilla Martelli, la non amata consorte di suo padre Cosimo, la fa uscire dal convento delle Murate dove vi era rinchiusa da Francesco alla morte del padre. Per il matrimonio della  figlia Virginia, avuta da Cosimo con Cesare d’Este. Ottiene da Ferdinando di non ritornare in convento, e di abitare nella villa di Lappeggi fino alla morte.
Stamani mattina, mi sono alzato presto. Con Florinda debbo andare ad acquistare i cibi per la festa della salita al trono di Ferdinando. Mozzetta il cocchiere ha preparato il carro per le vettovaglie, vi ha attaccato due candidi buoi. Dopo la messa siamo pronti a partire. Con noi ci sono i due servi Checco e Faina. Io provvedo agli acquisti, Florinda andrà alle dimore degli invitati alla festa, i due servi faranno il carico del carro.
Siamo arrivati in Mercato, inizio il giro delle botteghe per acquistare quello ordinato da Ferdinando. Florinda se ne andata a consegnare li inviti. Tornerà all’ora di pranzo. Poi tutti insieme andremo a Pitti.
Stò contrattando con un beccaio, l’acquisto di anitre, lepri, cacciagione, un cinghiale, e della carne bovina. Ad un tratto si avvicina una donna. Mi dice: Giovane fatevi leggere la mano per conoscere l’avvenire.
Bast: Veramente non credo agli indovini.
Poi guardo meglio la donna. E’ Drusilla! Capisco che mi deve dire qualcosa di importante.
Bas: Legga pure e mi dica ciò che mi aspetta. Se sarò contento le darò una monetina, altrimenti le farò dare una frustata dal cocchiere.
Dru: Voi avete una vita lunga e avventurosa. Fra tre giorni partirete per un lungo viaggio che vi porterà lontano. Questo viaggio vi porterà tanta fortuna.
Bas: Si credo ha quello che avete detto leggendo la mia mano, vi do una moneta. Andatevene, stanno arrivando i Birri.
A mezzo giorno ho comprato quello che mi e stato richiesto, Florinda ha consegnato gli inviti, siamo pronti per tornare a Pitti. Durante il ritorno penso a quello che mi ha detto Drusilla. Fra tre giorni debbo tornare a Rovezzano nel mezzo del campo, per tornare nel mio tempo. Troverò una scusa per allontanarmi. Debbo lasciare Florinda. Si è innamorata, si comporta come se fossimo marito e moglie.
E’ il giorno della mia partenza. Ho messo nella sacca i miei vestiti e i fogli riempiti con tutto quello che è successo durante la permanenza in questa epoca. Florinda è da Ferdinando per aiutarlo a vestirsi. Approfitto della sua assenza, e mi incammino verso la bottega del mio gancio. Sono arrivato alla spezieria. Drusilla mi dice di aver ricevuto il segnale per il mio ritorno nel passato.
Dru: Bastiano devi partire subito per Rovezzano, devi arrivarci per mezzogiorno. Ho sellato il cavallo, va non perdere tempo.
Ba: Ti ringrazio per quello che hai fatto per me. Non scorderò mai questa avventura.
Parto al galoppo, la strada è lunga non devo perdere tempo. Sono arrivato a Rovezzano. Ho rivenduto il cavallo al maniscalco, e adesso sono nel mezzo del podere, lo stesso di quando sono arrivato. Le campane della chiesa di Rovezzano, suonano per annunciare mezzogiorno. Si è alzata una leggera nebbia, mi avvolge e sento una cantilena lontana lontana. Ecco ora si fa più forte, sono quelle strane parole udite quando Nostradamus, mi ha mandato nel futuro. Mi si chiudono gli occhi, la testa mi gira. Cerco di non cadere, quando riesco ad aprirli mi trovo dentro la stella nel retro bottega della spezieria di Messer Lorenzo. Guardo in giro riconosco il mago francese e Messer Filippo.
Fil: Bentornato Bastiano, hai fatto un buon lavoro? Nostradamus ha fatto la magia giusta per farti tornare da noi.
Bas: Messere. Ho vissuto nel futuro presso i Medici, diverranno i Signori di Firenze.
Lor: Nostradamus è pronto a trasferirsi nel futuro deve tornare in Francia. La moglie del re francese, una fiorentina, deve ricorrere alle sue magie per dare un erede maschio per quel trono.
Nostr: Oui je tornare presto presto.
Dopo queste parole, ha preso il suo antico “tomo”, getta intorno a se una strana polvere d’oro dicendo parole arcane e misteriose. La polvere scende lentamente nascondendolo ai nostri occhi, e quando si dirada, non c’è più!
Salutiamo Messer Lorenzo e torniamo alla bottega di Messer Filippo.
Fil: Bastiano consegnami i fogli riempiti. Stasera li leggerò! Vai a casa a riposarti, domani mattina parleremo del tuo viaggio.
Sono tornato alla mia abitazione, i miei genitori sono contenti di rivedermi, chiedono da dove vengo. Gli dico di essere stato in viaggio in una lontana città per Messer Filippo. Ho dormito tutta la notte, all’Ave Maria mi sono alzato, lavato, e vestito e sono andato da Messer Filippo.
Appena mi vede fa cenno di andare al suo banco. Deve parlarmi.
Fil: Ho letto i tuoi appunti, debbo dirti che hai fatto un buon lavoro. E’ stato un viaggio fruttuoso. Ho contattato un mio cliente, si è detto interessato. Verrà in bottega per leggere quello che hai scritto. Se lo trova interessante, ne acquisterà una copia.
Bas: Grazie Messer Filippo, è stata una avventura incredibile. Quando vorrete sono pronto a partire ancora.
Fil: Ho incaricato il mio contabile di pagarti 50 fiorini d’oro. Prenditi dei giorni di vacanza, e torna qui quando vuoi.
Girello per la città, passo per il Mercato Vecchio, non è tanto differente da quello del futuro. Rammento l’incontro con Florinda, ad un banco di “treccone” e del mio tentativo di acchiappare il ladro della sua scarsella. Chissà quanto piangerà non vedendomi più. Spero che sia fortunata in amore e trovi un giovane che le faccia dimenticare il mio incontro.
Ho trovato la friggitoria dove nel futuro ho acquistato un cartoccio di polenta. Decido di comprarne per fare colazione mentre continuo a girovagare. Sono davanti al palazzo Medici. Nella loggia Cosimo de Medici e suo fratello Lorenzo, svolgono il loro mestiere di mercanti e banchieri, non sapranno mai che da loro discenderà un uomo che diventerà Granduca di Firenze e Toscana.

Alberto Chiarugi
Interviste impossibili: Cosimo, Francesco e Ferdinando De’ Medici, 7° parte
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