1 parte: prologo
2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: L’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
13 parte: Istituzioni e finanze
14 parte: La giustizia
15 parte: Esercito e polizia
16 parte: Aumento della popolazione

La giustizia

Il sistema giudiziario fiorentino è equiparabile a quello delle altre repubbliche medievali italiane con alcune eccezioni:

  • La dualità dei poteri che permette (almeno in teoria) una giustizia più equilibrata: il podestà e il capitano del popolo hanno infatti spesso stessi poteri e competenze in maniera che possano equilibrarsi o addirittura neutralizzarsi.
  • La giustizia è applicata in maniera differente, ovvero sia ha una giustizia di classe, quindi per uno stesso crimine la pena varia. Se a commettere un reato è una persona di ceto sociale alto la pena sarà molto più severa e pesante rispetto a quella applicata ad un appartenente ad un ceto basso.

Le confessioni vengono spesso estorte con la tortura, le pene corporali sono severe e portano spesso anche ad amputazioni.

Il giudice non è scelto tra i fiorentini ma viene dall’esterno, rimane in carica per un periodo breve cosi da garantirne l’imparzialità nel giudizio.

Anche gli avvocati e i difensori sono giudici e notai forestieri sempre in carica per un periodo limitato.

Vige poi il principio della “responsabilita collettiva”, ovvero per un atto illegale compiuto da un membro di una famiglia, la pena ricade su tutta la casata anche con la confisca collettiva dei beni.

Altra particolarità: le chiese sono al di fuori della giurisdizione della legge, il rifugiato ha diritto d’asilo che viene sempre rispettato come la casa, infatti l’arresto può avvenire solo fuori di essa.

Per ciò che concerne gli affari commerciali esiste il tribunale della Mercanzia istituito nel 1308 per cause esclusivamente legate ai commerci.

Esiste anche un foro ecclesiastico che si occupa ovviamente quasi esclusivamente degli uomini di chiesa.

Nel 1339 su una popolazione di 100.000 abitanti 600 sono notai e 80 sono giudici.

Nonostante la giustizia sia ben organizzata in realtà risulta assai parziale e ciò si evidenzia durante le lotte tra Ghibellini e Guelfi, quando le condanne a morte e le confische vanno oltre la gravità delle pene commesse.

Tra le torture più praticate erano piuttosto dolorose: la colla o la girella, il torturato veniva appeso e ai piedi e alle mani venivano appesi dei sacchi pieni di pietre, poi il condannato tirato su con delle corde veniva bruscamente lasciato cadere con il rischio che gli arti si potessero staccare.

Bastava un semplice sospetto, le voci del popolo o una denuncia anonima per finire sotto tortura, molto dubbie erano quindi le confessioni.

Spesso la pena successiva alla confessione era sproporzionata, per esempio l’omosessuale attivo era punito con l’evirazione, mentre lo scassinatore era impiccato o decapitato, al ladro era amputato l’orecchio e in caso di recidiva impiccato come un assassino.

Quando nell’inferno Dante parla del supplizio con cui vengono condannati i papi simoniaci, si riferisce ad una condanna a morte in cui il colpevole veniva “piantato”  nel vero senso della parola come una pianta. Messo con la testa dentro una buca, con una pala veniva riempita piano piano con della terra fino alla morte del disgraziato per soffocamento.

Nel 1303 tra agosto e settembre risultano effettuate a Firenze sei impiccagioni, tre arsi vivi e una decapitazione, tutte praticate fuori il centro della città, in Piazza Beccaria. Il popolo seguiva la processione di questi poveri disgraziati diretti a luogo di tortura o di morte.

Ancora oggi si usa dire: “essere messi alla berlina” o “alla gogna”,  una condanna molto diffusa nel medioevo, una punizione che a Firenze veniva eseguita presso il ponte di Santa Trinità, dove c’era sempre pronta una gogna. Il condannato era spesso frustato pubblicamente e il suo ritratto veniva affisso sul palazzo del podestà o su quello dei priori, un vero e proprio gesto infamante.

Abbiamo già parlato del carcere fiorentino su questa pagina, (vedere articolo sul carcere delle Stinche) in cui i piu’ “fortunati” scontavano la loro pena.

Alcuni genitori arrivavano a far rinchiudere per qualche tempo i propri figli dentro questa prigione tra ladri e prostitute come lezione di vita.

Liberamente tratto da “A Firenze ai tempi di Dante di A. Antonetti”

Riccardo Massaro
Viaggio indietro nel tempo nella Firenze di Dante, 14 parte
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