1 parte: prologo
2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: L’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
13 parte: Istituzioni e finanze
14 parte: La giustizia
15 parte: Esercito e polizia
16 parte: Aumento della popolazione
17 parte: Borghesia, popolo, poveri, mendicanti, ladri e viziosi
18 parte: Le feste e i giochi d’azzardo
19 parte: La giornata lavorativa
20 parte: Le arti
21 parte: Commercio, industrie e banche
22 parte: I salari

Le feste e i giochi d’azzardo

L’uomo del medioevo si abbandonava facilmente alle feste, forse anche a causa della breve durata della sua vita. Ogni occasione era valida per festeggiare, la fine di una guerra, la fine di una gara, di una carestia o una ricorrenza come la vittoria di una battaglia, ma soprattutto erano tante e assai seguite le feste religiose e quelle di quartiere.

Lo stesso Dante che vuole apparire burbero a assai critico, non era da meno e partecipava volentieri a queste feste. La festa più sentita a Firenze era quella di Santa Reparata (8 ottobre) e quella di San Barnaba (11 giugno). Molte erano le feste di quartiere legate ai santi delle chiese parrocchiali (circa un centinaio), ma anche quelle dei santi protettori appartenenti ai vari ordini religiosi della città.

Nessuna di queste feste era equiparata però alla festa di San Giovanni, che in realtà era il proseguimento di un’antica festa pagana legata al solstizio d’estate. Una grande processione partiva dal Duomo e attraversava tutta la città riunendo tutte le autorità cittadine e le varie Arti insieme alle autorità religiose.

Strumenti a fiato accompagnavano la marcia in cui presenziavano anche dei buffoni vestiti a festa. I gonfaloni delle Arti e delle confraternite dei sestieri erano portati in processione, mentre tutte le campane della città suonavano. C’era anche chi seguiva il corteo con carrozze e con cavalli, ma anche chi rimaneva a casa e si gustava la processione dalle finestre appendendo arazzi tra i più preziosi alle proprie finestre. Gli artigiani partecipavano, ma rimanendo davanti ai propri negozi. Si arrivava quindi alla piazza principale fra Santa Reparata e il Battistero (Santa Maria del Fiore all’epoca di Dante ancora non c’era). Dopo aver festeggiato si entrava nel Battistero di San Giovanni e finita per così dire la parte religiosa della festa, ci si dava ai festeggiamenti più legati alla laicità.

Tra questi festeggiamenti si correva una famosa corsa di cavalli, al vincitore veniva dato un palio di broccato rosso scuro con sopra raffigurati un giglio d’argento e dorato e una croce rossa in campo bianco. Il vincitore veniva posto su un carro tirato da due cavalli insieme a due trombettieri. Le dame più belle della città consegnavano il premio al vincitore. Talmente sentita questa gara, che Dante ne parla nel suo Paradiso. La corsa si svolgeva in aperta campagna, o sotto le mura di una città assediata, così come avvenne a Campaldino nel 1289 durante la campagna notare, quando lo stesso Dante era presente e ne è testimone.

Altra festa importante è la Calendimaggio (1 maggio), una festa pagana di origine nordica che serviva a festeggiare l’arrivo del caldo. In questa occasione veniva piantato un albero inghirlandato. A Firenze si costruivano in due piazze pubbliche delle baracche denominate ‘corti’ e decorate con dei drappi in seta e broccato. Giovani e giovanetti festeggiavano, ovviamente maschi e femmine erano separati tra loro. Terminato il banchetto questi ragazzi si disperdevano per le strade continuando a ballare e a cantare accompagnati da musici e da buffoni, mentre dalle finestre venivano salutati da chi era affacciato a godersi i festeggiamenti. Si tratta di una festa della gioventù e dell’amore profano, festa che continuava privatamente nelle case dei ricchi. Con il pretesto di questa festa, uomini e donne di questo ceto si incontravano e si potevano così conoscere.

Fu proprio in una di queste occasioni che nel 1274 Dante Alighieri all’età di 9 anni conobbe a casa di Folco Portinari una bambina di 8 anni, la famosa Beatrice.

Altre feste venivano organizzate per l’investitura di magistrati o di vescovi, o per il ritorno vittorioso dei soldati. Ciò non toglie che una festa potesse essere organizzata anche da privati, semplicemente per intrattenersi con amici e parenti senza necessariamente attendere necessariamente una ricorrenza. In queste occasioni si formavano quelle che erano consideriate le ‘liete brigate’. Si tratta di feste a cui partecipavano fino a 1.000 persone. Una festa avutasi nel 1283 e organizzata dalla famiglia Rossi è rimasta famosa per la sua durata, i festeggiamenti si protrassero per ben 2 mesi! Le fonti riportano di una festa in cui tutti erano vestiti di bianco, comandati da un signore dell’amore mentre giovani di entrambi i sessi usavano giocare tra loro innocentemente.

In un’altra occasione risalente al 1304, gli organizzatori ebbero la sciocca idea di organizzare una festa su un ponte, il quale cedette per il sovraccarico e così 2.000 persone tra affogate e schiacciate perdettero la vita.

Nel 1294 viene ricordata un altra festa organizzata per l’arrivo di Carlo Martello d’Angiò, figlio del re di Napoli Carlo II. In questa occasione Dante si legò con una forte amicizia al principe.

I fiorentini però erano contrari alle folli spese per organizzare le feste e nel 1325 si pensò di punire con delle ammende chi contravveniva ai limiti imposti e le brigate furono ridotte a non più di 12 membri. Generalmente queste brigate erano formate da uomini, che spesso provenivano da ogni parte d’Italia.

I giullari e i buffoni che vi partecipavano a dispetto di ciò che si crede e si vede sui film, non erano degli sciocchi ma uomini dotati di grande cultura ed educazione. Insomma erano in grado di stare a corte, tanto da diventare grandi amici di grandi personalità dell’epoca. Erano figure sempre presenti nelle migliori corti e le stesse corti erano fiere di annoverare tra di loro queste presenze. Altri buffoni, giullari, prestigiatori e cantori invece si divertivano ad esagerare, spesso con scherzi assai pesanti, tanto che i fiorentini li tenevano a distanza dalle loro feste. Questi artisti grazie alle loro doti e capacità riuscivano ad arrivare a mettere in crisi anche l’ordine pubblico, quando con i loro discorsi intrisi di provocazione e satira si scagliavano  contro questo o quel personaggio politico.

I giochi d’azzardo:

Erano talmente diffusi che neanche le pene più severe riuscivano ad estirparli. Ne erano coinvolti anche gli uomini di chiesa e Dante non può esimersi di parlarne descrivendo uno dei giochi più popolari: la zara. Si tratta di un gioco di origine araba lo ‘zahr,’ che significa ‘dado’, da cui deriva appunto la parola ‘azzardo’. Si tiravano due o tre dati annunciando prima che si fermassero la cifra che sarebbe uscita. Il perdente era costretto a pagare la cifra che usciva sommando il valore dei dadi. Un gioco che portò alla rovina molte persone, lo stesso Dante lo cita nel Purgatorio soffermandosi sulle difficoltà del giocatore perdente di smettere di giocare che dilapidava così ogni suo avere.

C’era poi il gioco della ‘mosca’, ogni giocatore metteva davanti a sé una moneta fino a quando una mosca non si posava su una di esse designandone così il vincitore. Ovviamente i più furbi mettevano qualche leccornia per attirare le mosche.

Erano conosciuti anche gli scacchi, di solito un gioco fatto in pubblico. Dante racconta un aneddoto legato a questo gioco, l’inventore presentò al re di Persia questo svago che ne rimase talmente colpito da promettere una ricompensa all’inventore. L’inventore chiese come ricompensa una quantità di chicchi di grano che avrebbe seguito una progressione geometrica. Ogni chicco andava raddoppiato man mano che si passava sulla casella successiva. Il poco prudente re accettò. Ebbene la somma che si raggiungeva racconta Dante, era pari a numerosi raccolti stagionali e raggiungeva l’esorbitante ammontare di 20 quintilioni di chicchi!

Riccardo Massaro
Viaggio indietro nel tempo nella Firenze di Dante, parte 18
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Un pensiero su “Viaggio indietro nel tempo nella Firenze di Dante, parte 18

  • 14 Novembre 2020 alle 0:29
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    Quando riporta la data del 1304, quando tante persone morirono per il crollo del ponte, ci fu un solo organizzatore, certo Buffalmacco, pittore anche di un certo pregio che viveva a Firenze. Costui viveva esclusivamente per fare scherzi alla gente. Morì poverissimo perchè aveva dilapidato tutti i suoi averi negli scherzi. Adesso non ricordo bene il movente, ricordo invece che doveva passare qualcosa su una barca in Arno. La cosa fu sbandierata ai quattro venti, per cui i cittadini quel giorno e a quell’ora, era di notte, si riversò sui lungarni. Da lì, per vedere meglio, si spostarono sul ponte. Era tanta la gente accalcata l’uno sull’altro per vedere che il ponte crollò uccidendo sia chi vi era sopra, sia quelli che erano nel barcone.
    Invece per quanto riguarda il gioco premiato che lei racconta da ultimo le confesso che l’ho letto da bambina su Topolino. Si trattava di riso e non di grano e del gioco della dama e non degli scacchi, ma il risultato non cambia. Ovviamente c’era di mezzo lo Zio paperone e i nipotini, ma rimasi talmente stupita dalla cifra dei chicchi di riso che si raggiungeva che volli provare con una scacchiera e dopo poco rimasi di sasso. Veniva fuori una cifra enorme. Mi colpì tanto questa ricompensa che me la ricordo ancora oggi. E’ proprio sicuro che sia stato Dante ad aver portato alla nostra conoscenza questa incredibile storia? (Ovviamente con c’entra niente Topolino)

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